Voto: 6.5/10 Titolo originale: Boss Level , uscita: 19-02-2021. Budget: $45,000,000. Regista: Joe Carnahan.
Quello che non ti uccide: la recensione del film fanta-action di Joe Carnahan
20/07/2021 recensione film Boss Level - Quello che non ti uccide di Francesco Chello
Frank Grillo è l’azzeccato protagonista di un prodotto divertente dall’impostazione videoludica a base di loop temporali, ritmo e violenza. E con Mel Gibson nei panni del villain.
Il protagonista è al centro di un loop temporale. Il protagonista è al centro di un loop temp … Il protagonista è al centro di un loop … Insomma, il ‘giorno della marmotta’. Se la marmotta avesse avuto un passato nella Delta Force. Questa, in estremissima sintesi, la trama di Boss Level, l’ultima fatica di Joe Carnahan, dal 19 luglio su Amazon Prime Video.
Un film che ha vissuto un tribolato percorso produttivo e distributivo e, stavolta, non imputabile al Covid-19, o almeno non interamente. Scritto nel 2010 da Chris ed Eddie Borey, viene annunciato nel 2012 dallo stesso Carnahan (che mette mano allo script) col titolo Continue, avrebbe dovuto trattarsi di una produzione targata 20th Century Fox che a maggio dello stesso anno dà il via libera salvo poi annullare tutto a settembre.
Si passa direttamente al 2017, esce di scena la Fox e subentrano vari studios più piccoli che mettono a disposizione un budget da 45 milioni di dollari; riprese completate tra marzo e maggio 2018, la Entertainment Studios Motion Pictures si aggiudica i diritti di distribuzione negli Stati Uniti e fissa la release per agosto 2019, poi saltata e spostata a data da destinarsi.
Arriviamo al 2020, a febbraio il portale Collider organizza una proiezione gratuita presso l’ArcLight di Hollywood a cui segue una sessione Q&A con Joe Carnahan e il protagonista Frank Grillo, a giugno la Entertainment Studios abbandona il film, che ‘non soddisfa le loro aspettative’, mentre i diritti per il territorio statunitense vengono rilevati dalla piattaforma streaming Hulu per quasi 12 milioni di dollari, la quale fa partire la distribuzione in patria dal 5 marzo 2021.
Le peripezie non finiscono qui, perché intanto la Blumhouse, ingaggiata dai produttori per effettuare un nuovo montaggio del film, decide di fare causa agli stessi per presunte inadempienze, l’accordo prevedeva il 5% della commissione pagata da Hulu, anch’essa citata in giudizio dallo studio di Jason Blum per aver continuato lo streaming nonostante gli avvisi di cessazione ricevuti.
Nel frattempo, i circuiti distributivi si attivano anche all’estero, Eagle Pictures si aggiudica la distribuzione italiana di Boss Level pensando ad un’uscita nelle sale a luglio 2020, poi cancellata per la pandemia con conseguente dirottamento streaming su Amazon Prime Video. Piattaforma su cui, per fortuna, lo trovate col titolo originale.
Già, perché sembrava (in realtà temo possa ancora essere così) che in Italia il film dovesse uscire come Quello che non ti uccide. Una versione nostrana che sostanzialmente c’entra zero con quella originale e che francamente mi fa un po’ schifo per cui, se per voi va bene, continuerei a parlarne come di Boss Level. Che è un titolo estremamente evocativo, di un film che decide di palesare la sua natura prima ancora di iniziare. Quella di una struttura da videogame, il protagonista vive un loop mortale come se fosse un player che tenta ripetutamente di superare i vari livelli, che ad ogni game over riparte da capo e fa tesoro della lezione precedente cercando opzioni alternative e soluzioni per avanzare nel quadro ed accedere allo step successivo.
Col piccolo particolare che, nella fattispecie, il game over è una morte (spesso dolorosa) ad opera di uno dei tanti (e singolari) sicari sguinzagliati per ucciderlo. Ostacoli e difficoltà sono molteplici e si intensificano con l’andare avanti del livello e in più, strada facendo, vanno raccolti dettagli ed informazioni necessari a fare meglio nel tentativo successivo. Fino ad arrivare al boss finale, appunto.
Un’impostazione più concettuale che visiva, nonostante a certificare il tutto ci pensino grafiche pixellate e citazioni videoludiche – ad esempio, il protagonista e suo figlio passano del tempo giocando ad alcuni celebri videogames del passato, Street Fighter in primis. Più centrata di quanto non facesse, ad esempio, un Hardcore! (la recensione) che con quello che doveva essere il suo punto di forza (il POV in soggettiva) vanificava tutta una serie di trovate notevoli (azione, stunt e quant’altro) che avrebbero meritato di essere valorizzate anziché vanificate da un POV castigante, che stancava presto, disturbando e confondendo la visione.
Boss Level parte in quarta, non c’è costruzione di una vicenda che quando ci viene presentata è già nel vivo – il protagonista sta iniziando il suo 139° tentativo, quanto più una decostruzione per capire cosa stia succedendo e perché. E’ proprio Roy Pulver (il personaggio di Frank Grillo) in persona a raccontarcelo, in un voice over che ci accompagnerà per tutta la durata.
In pratica, spettatore e personaggio sono accomunati dal fatto di non conoscere le ragioni di quello che sta succedendo e di doverlo scoprire insieme. Piede sull’acceleratore, una serie di situazioni una dietro l’altra che fondamentalmente servono a mostrare una parte di quello che sarà il copioso repertorio d’azione, vero fulcro del film.
Il ritmo di Boss Level è spedito, tra sparatorie e inseguimenti, colluttazioni e acrobazie, con una sana predisposizione per gente che muore male. Certo, nei momenti topici manca quel pathos derivato dal senso di pericolo che per forza di cose non può esserci (considerando che il protagonista può riprovarci praticamente all’infinito), allo stesso tempo la ripetizione del fallimento ad ogni conquista di un nuovo dettaglio alimenta quel senso di frustrazione capace di stimolare la curiosità dello spettatore. Il tono è leggero, talvolta sopra le righe, se il film ha un merito è quello di non prendersi eccessivamente sul serio senza però mai cadere nel caricaturale.
Specialmente nella prima metà, l’atteggiamento è questo, la consapevolezza di basare la propria storia su un presupposto surreale, un meccanismo narrativo derivativo ma pur sempre sui generis. Una storia che però, nella sua fase centrale sa offrire quel minimo di intrigo capace di stuzzicare l’attenzione del fruitore che magari ha la curiosità di andare oltre il loop di violenza e morte. Parliamo di un filo di trama, anche abbastanza semplice, ma che proprio per la sua semplicità si dimostra coerente con un prodotto che non si mostra mai pretenzioso e in cui il focus principale resta l’intrattenimento.
Il presupposto fantascientifico nei 94 minuti di Boss Level è evidentemente scritto alla buona, non a caso si evita volutamente di approfondirlo. Con una spruzzata emotiva di una faccenda che diventa personale e, per questo, riesce ad infilarci un messaggio. L’importanza della famiglia ed il tempo da dedicarle, l’istinto paterno, i rimpianti, le seconde occasioni, la necessità di recuperare i rapporti, di riconoscere i propri errori, di ristabilire le proprie priorità. Una serie di argomenti atti ad assemblare una morale di fondo che, nel mezzo di tanta azione, sembra essere un punto d’incontro con quel Ricomincio da Capo (inevitabile punto di riferimento per idea ed espediente narrativo) ancor più di quanto non fosse l’evidente parallelo dovuto al loop temporale.
Frank Grillo ‘is the man’. Assolutamente tagliato per ruoli d’azione di questo tipo, dimostra nuovamente di poter reggere un film da protagonista. Grillo è uno che lavora da una vita, sempre affidabile, eppure dopo anni di gavetta da gregario, è solamente da qualche anno che ha conquistato quel tipo di status che gli permette di ottenere la meritata centralità del ruolo. Per dire, divagando, io lo avrei visto bene anche nei panni del mio amato Punisher, ma tra Crossbones e Jon Benthal alla Marvel hanno dimostrato di pensarla diversamente.
La voglia di recuperare il terreno perduto probabilmente lo porta ad accettare anche qualche progetto così così (chi ha detto Cosmic Sin?), ma è un sacrificio accettabile per un attore che per rimettersi in pari meriterebbe di fare tipo un film al mese. Frank Grillo si presenta in forma strepitosa, fisico tiratissimo, dimostra almeno dieci anni di meno dei 55 che ha in realtà, conferma di essere uno a cui piace sporcarsi le mani buttandosi nel vivo dell’azione, sia nei corpo a corpo che con un’arma tra le mani. Cosa che fa praticamente per tutto Boss Level.
Ha la faccia giusta per fare il tipo tosto e cazzuto, guascone e apparentemente strafottente, ma con la malinconia negli occhi di chi cerca di nascondere un malessere legato agli affetti ed alla famiglia. E’ evidentemente motivato, compare anche come producer, dedica il film alla memoria di sua madre scomparsa nel 2019, infila suo figlio Rio nel ruolo del figlio del suo personaggio per un rapporto che assume la connotazione realistica di un trasporto a quel punto sincero. Torna a lavorare con Joe Carnahan dai tempi di The Grey del 2011 – in cui il lead role era di quel Liam Neeson destinatario di un inside joke con Roy che dice al figlio che Neeson è un finto tipo tosto, mentre lui tosto lo è per davvero – con all’orizzonte una nuova (la terza) collaborazione tra i due, visto che a settembre esce Copshop, nel cast anche Gerald Butler: insomma, hanno già la mia attenzione.
Un altro dei miei motivi di interesse per Boss Level era Mel Gibson, che con Frank Grillo aveva lavorato in Fuori Controllo nel 2010 e che qui si concede una partecipazione nel ruolo del villain. Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vederlo coinvolto in qualche sequenza d’azione, d’altronde avendo da poco fatto l’ennesimo rewatch di Arma Letale ero in fotta gibsoniana; motivo per cui, sono rimasto un po’ deluso dal mancato showdown, quanto meno di un faccia a faccia che abbia i crismi per essere definito tale – tre cazzotti di numero non possono bastare.
Ciò non toglie che Mel Gibson confermi di avere, anche in poche scene, quella capacità di bucare lo schermo, basterebbe il momento in cui racconta la sua storia di guerra per rendersi conto di come riesca a mangiarsi la scena allo stesso modo del pitone col cinghiale nel suo racconto. Naomi Watts ha l’esperienza necessaria per dare un minimo di personalità a un personaggio apparentemente marginale. Simpatica comparsata per Michelle Yeoh, affascinante maestro di spada.
La regia di Joe Carnahan (che si ritaglia un cameo nel ristorante) è funzionale alle intenzioni di un film che vive d’azione e ritmo frenetico. Più di una sequenza di Boss Level si fa notare per approccio adrenalinico, senso del ritmo e ricerca dell’eccesso. Il numero dei morti è per forza di cose generoso, così come l’utilizzo di pallottole e della violenza. Convince meno qualche particolare in CGI (come i dettagli delle ferite delle armi da taglio) che qualche volta sgama la finzione.
Boss Level, in definitiva, è un prodotto divertente, piuttosto scorrevole, piacevolmente violento, fracassone ma con una sua logica, coerente nel suo marcato senso d’intrattenimento, in più di un’occasione ho riso per la trovata e/o la battuta di turno. Il purista dell’action potrebbe storcere il naso, ma credo sia anche una questione di approccio. Io stesso posso prediligere un’impostazione diversa per il cinema d’azione, ma mi sono goduto questa variazione sul tema che si fa apprezzare per onestà di intenti ed un taglio sopra le righe che riesce a non rendersi mai fastidioso.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Boss Level, nel catalogo di Amazon Prime Video dal 19 luglio:
© Riproduzione riservata