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Titolo originale: ブリーチ , uscita: 20-07-2018. Regista: Shinsuke Sato.

Recensione | Bleach di Shinsuke Sato

15/09/2018 recensione film di William Maga

Pur compresso in alcuni passaggi, l'adattamento live action distribuito da Netflix rende sostanzialmente giustizia al popolare manga di Tite Kubo

Nel corso dell’ultimo anno sono arrivati su Netflix moltissimi live action che hanno cercato di adattare, con alterne fortune, alcuni manga di grande successo, da L’ImmortaleJoJo’s Bizarre Adventure: Diamond Is Unbreakable Chapter I di Takashi Miike a Death Note di Adam Wingard e Fullmetal Alchemist di Fumihiko Sori (poi ci sarebbero anche Tokyo Ghoul e Ghost in the Shell, arrivati per altre vie). Normale quindi che ci fosse una certa attesa intorno a Bleach, pellicola giapponese diretta da Shinsuke Sato (I Am a Hero), prodotta dalla Warner Bros. e distribuita in esclusiva dal colosso dello streaming basata sull’omonima serie creata da Tite Kubo. Piuttosto fedele al materiale di partenza, elemento che dovrebbe accontentare i fan, con i suoi 110′ scarsi di durata si innesta alla fine tra le trasposizioni più piacevoli realizzate fino ad oggi, pur con tutti i limiti di un budget di soli 4 milioni di dollari.

La storia ruota attorno a Ichigo Kurosaki (Sôta Fukushi), uno studente dai capelli rossi affascinante e benvoluto che frequenta le scuole superiori, che vive con il suo bizzarro padre, Isshin (Yôsuke Eguchi), e le sorelline Karin e Yuzo. Tutti sembrano ben consapevoli della peculiare capacità di Ichigo di vedere gli spiriti, il che è probabilmente il motivo per cui Isshin usa su di lui mosse di arti marziali e gli dà uno ceffone di tanto in tanto; è stufo che Ichigo arrivi tardi per cena perché è stato in giro ad aiutare i bambini morti ad andare nell’Aldilà, il che è comprensibile. Inoltre, ha allevato i tre figli da solo, visto che la madre di Ichigo viene tolta subito dai giochi, come vediamo nel corso del prologo in flashback parziale che verrà ampliato più avanti per capire meglio la portata e la fonte delle abilità del protagonista. Queste ultime le vengono comunque spiegate bene da Rukia Kuchiki (Hana Sugisaki), un’austera spadaccina che finisce per ritrovarsi nella camera da letto di Ichigo attirata dal suo traboccare di energia spirituale. Per chi non lo vedesse, è in realtà solo un fantastico modo per riconfezionare il vecchio cliché del “prescelto”, ma Bleach ha almeno la decenza di legarlo a una mitologia notevolmente sotto-spiegata. Come ci viene enunciato attraverso una serie di disegni animati, esistono infatti due tipi di spiriti nel mondo raccontato: i Plus, che devono essere aiutati a entrare in un aldilà celeste conosciuto come Soul Society attraverso un rituale; e gli Hollow, scaturiti da chi è morto con rancore e ha bisogno di essere affettato per bene prima che faccia danni. E chi meglio per compiere entrambi i compiti di un’enigmatica setta conosciuta come Shinigami, di cui Rukia è una delle rappresentanti?

Come avrete intuito, si tratta di un mondo piuttosto articolato e – almeno all’inizio – Bleach soffoca sotto il peso di queste massicce e necessarie (per chi è digiuno dell’opera di Tite Kubo) spiegazioni, ricorrendo addirittura al diagramma disegnato di cui sopra per semplificare le cose. Non sono certo concetti difficili da cogliere sia chiaro – semmai, senza il beneficio di un minutaggio maggiore o del formato a episodi, sono fin troppo semplificati – ma sono così tanto parte integrante del finale (un multi-combattimento forse eccessivamente lungo) che non c’è altra scelta che caricare tutti i dettagli nei primi due atti del film. Rukia possiede una sorta di GPS spirituale portatile viola che replica il movimento degli Hollow e in breve è sulle tracce di uno spirito malvagio particolarmente affamato che ha rapito da casa la piccola Yuzo. Il termine ‘affamato’ è riferito al fatto che gli Hollow sono ghiotti delle anime di chi possiede un sensibile potere spirituale, caratteristica che viene spiegata ad alta voce e poi confermata dalla stessa creatura, che si rivolge a Ichigo – accorso in soccorso – e gli intima: “Voglio la tua anima!”. Abbastanza esplicito vero? La successiva sequenza d’azione – siamo ancora all’inizio – è sorprendentemente ben orchestrata ed efficace, e, se Bleach deve fare di necessità virtù ricorrendo a un montaggio rapido che non consente di soffermarsi troppo sulla qualità dei modesti effetti visivi impiegati, riesce lo stesso a mantenere un buon senso delle proporzioni (gli Hollow sono giganteschi). Questo primo duello non finisce però particolarmente bene per Rukia, che rimane gravemente ferita ed è costretta a trasferire i suoi poteri di Shinigami a Ichigo, che si ‘sdoppia’, indossando un abbigliamento più consono da guerriero samurai e ritrovandosi tra le mani la comicamente gigantesca zanpakutō, una katana mieti-anime con la quale si esercita da subito in pose da eroe, mentre musica rock stilosa e un po’ invadente riecheggia tutt’intorno.

In senso narrativo, sarebbe probabilmente stato meglio vedere questa fondamentale transizione dopo aver conosciuto Ichigo un po’ meglio, specie perchè, dopo aver abbattuto senza grandi sforzi il primo Hollow, ritorna praticamente subito ad essere uno studente senza grandi abilità o preparazione. Questa tendenza a oscillare avanti e indietro con le caratterizzazioni è probabilmente un’altra conseguenza dei tempi cinematografici e del desiderio di mostrare sul grande schermo alcuni momenti iconici il prima possibile. In ogni caso, Rukia è costretta a rimanere sulla Terra, impossibilitata a tornare alla Soul Society dopo aver ceduto i suoi poteri. Si trasferisce quindi nella casa di Ichigo e comincia a dormire nel suo armadio, indossando il pigiama della sua sorellina e frequentando la sua scuola dentro a un “finto corpo” (apparentemente, gli Shinigami non sono umani e non hanno corpi propri …), una new entry che innervosisce sia Orihime (Erina Mano), che ha una cotta per Ichigo, che il misantropo Uryu (Ryô Yoshizawa), che si scopre essere l’unico membro superstite di una tribù chiamata Quincy, arcieri espertissimi e nemici giurati degli Shinigami per qualche ragione. “Gli Shinigami hanno ucciso la mia tribù” è l’unica spiegazione fornita in Bleach, il che non fa un grande servizio alle sicuramente più dolorose motivazioni di Uryu. Un’altra vittima della sceneggiatura compressa è Chad, che se in una delle prime scene sembra uno dei migliori amici di Ichigo, finisce invece per riapparire velocemente solo quando i due condividono un momento di solidarietà fraterna verso la fine. Il film tratta alla stessa stregua anche importanti concetti che sarebbero utili al fine di raccapezzarsi un po’ meglio in questo universo, rifiutandosi ad esempio di rivelare qualcosa di più sugli Shinigami o sul loro rigido codice in stile Jedi, che vieta tra le altre cose l’attaccamento personale ad altri soggetti e, apparentemente, il regalare il proprio potere a un umano. Come conseguenza di quest’ultimo gesto, il torvo fratello di Rukia, Byakuya (Miyavi), si presenta quindi nel quartiere assieme al fidato scagnozzo tatuato e dai capelli rossi Renji (Taichi Saotome), con l’intenzione di scatenare un qualche tipo di faida, mentre contemporaneamente, un leggendario e potentissimo Hollow conosciuto come Grand Fisher è sulle tracce di Ichigo, stuzzicato dalla sua saporita energia spirituale.

In definitiva, nonostante sia notevolmente ostacolato dal formato e dalla necessaria ‘compressione’ che questa scelta comporta, Bleach possiede diverse frecce al suo arco, da una relazione centrale ben definita e bilanciata (i possibili siparietti comici sono tenuti a bada) tra Ichigo e Rukia (completata da un montaggio obbligatorio in stile Rocky quando i due si allenano spartanamente), scene d’azione ben organizzate e una riproposizione dal vivo fedele dei disegni di Tite Kubo. Potrebbe risultare leggermente più difficile da gustare per quelli che non hanno grande familiarità con il materiale di partenza (che saranno comunque una piccola percentuale del totale probabilmente), e alcuni degli aggiustamenti operati da Shinsuke Sato e dallo sceneggiatore Daisuke Habara allo stesso modo potrebbero scontentare alcuni dei fan più accaniti, ma inevitabilmente ci sarà un gruppo di spettatori nel mezzo che troveranno piacevole la visione. Ah, c’è poi un finale è più o meno aperto che lascia spazio a un sequel …

Di seguito trovate il full trailer originale di Bleach, nel catalogo Netflix dal 14 settembre: