Home » Cinema » Horror & Thriller » Dead Night: la recensione del film horror di Brad Baruh

Voto: 6/10 Titolo originale: Dead Night , uscita: 27-07-2018. Regista: Brad Baruh.

Dead Night: la recensione del film horror di Brad Baruh

15/08/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

L'opera che vede protagonista la maligna Barbara Crampton può contare su una premessa intrigante e un'appagante dose di violenza e gore, risultando però alla fine troppo sibillino e poco coerente

Dead Night film brea grant 2018

Film estremamente singolare, Dead Night (inizialmente intitolato Applecart) dell’esordiente Brad Baruh contiene indubbiamente qualche buono spunto, sia in termini di idee che di girato, ma risulta oltremodo sibillino, finendo per mancare della minima coerenza necessaria per una visione pienamente appagante.

La vicenda, non priva di suggestione, è ambientata nel mezzo di remoti boschi montani, totalmente ricoperti di neve. L’ouverture, ermetica quanto il resto, è costituita da un fosco rituale: in un flashback ambientato negli anni ’60 una creatura deforme attacca una coppietta appartata in camporella in macchina e rapisce la ragazza che, dopo poco, dà alla luce a un neonato subito preso in custodia da un manipolo di individui incappucciati. Stacco.

Un’allegra combriccola composta da Casey (Brea Grant) e James (AJ Bowen) Pollack, dai figli adolescenti Jason (Joshua Hoffman) e Jessica (Sophie Dalah), infine dall’amica di quest’ultima Becky (Elise Luthman) si dirige in automobile verso uno chalet per trascorrere un weekend di vacanza. Invero a James è stato diagnosticato un cancro terminale e si reca con i suoi cari in quello sperduto luogo in quanto delle voci sostengono che abbia miracolose proprietà curative (strano a dirsi, i congiunti non sembrano mesti come ci si aspetterebbe).

Una volta arrivati, l’uomo decide di incamminarsi nella vegetazione per verificare le sue prodigiose proprietà, ma mentre si addentra nelle strade ricoperte di neve nottetempo si imbatte nel corpo di una misteriosa donna (Barbara Crampton) riversa al suolo, la soccorre prontamente e, una volta rianimata con l’aiuto della moglie, la conduce in casa in attesa che arrivi l’ambulanza. La sconosciuta, però, cela un terribile segreto e ha fosche mire per l’ignara famiglia, che si ritrova così coinvolta in una vera e propria carneficina.

Diversi, come detto, sono gli elementi che avrebbero potuto rendere Dead Night un horror più che discreto. Anzitutto c’è la premessa, malauguratamente fin troppo sconnessa, che rimanda a una sinistra setta la quale abita nei boschi e le cui pratiche paiono risiedere tra il soprannaturale e il luciferino.

Poi c’è il centro della narrazione; un’inquietante e indisponente Barbara Crampton (icona horror che non ha ancora perso il suo tocco), che riesce a costruire un buon senso di angoscia e di fastidio mentre rivela alle sprovvedute vittime la sua vera natura, prima lentamente con azioni e frasi sconcertanti, poi con un repentino e inaspettato cambiamento (non si può dire oltre per non rovinare la sorpresa).

Riuscito è anche il crescendo di violenza, con picchi che prevedono teste tagliate da asce di netto, accoltellamenti, zombificazioni e trasformazioni di fanciulle in mostri veri e propri dopo essersi strappate intere ciocche di capelli dalla cute e dopo che lo scalpo, ormai sanguinolento, si è aperto in due per fare emergere un esoscheletro nerastro e deforme. Gli effetti speciali, rigorosamente pratici, risultano più che discreti e professionali. Non solo, ottima è la scelta di mantenere nella penombra buona parte degli eventi, dell’azione e delle creature, i quali sono illuminati negli esterni da una sinistra luce azzurrastra, dei raggi lunari, che concorre insieme alla tormenta battente a conferire ulteriore atmosfera.

Insomma, suggestioni e sangue non mancano, le uccisioni ci sono, il gore arriva nei momenti necessari – pur senza eccessi – e soddisfacente è la performance del cast capeggiato dalla Crampton e da Brea Grant (già al lavoro sullo stesso set in Beyond the Gates nel 2016). Inoltre funzionano la fotografia e la location, la casa nei boschi, sebbene quest’ultima non brilli per originalità (si vedano tra gli altri La Casa, Cabin Fever, Quella casa nel bosco o Dead Snow, che con le specifiche declinazioni condividono il medesimo scenario).

La regia di Brad Baruh soffre in più frangenti di quel fastidioso tremolio proprio di un cinetico POV, ma la scelta formale è motivata dalle esigenze narrative, quindi sensata. Allora dove risiede il problema che inficia una totalità altrimenti apprezzabile? Ciò che davvero rovina l’insieme è il modo in cui lo sviluppo stesso di Dead Night è costruito. La sottotrama sovrannaturale è buttata lì a spizzichi, un po’ in apertura, un po’ nel mezzo, un po’ sul finale, mai approfondita abbastanza da darle il giusto peso, o una degna definizione.

Si tratta perlopiù di funeste apparizioni, streghe, raccapriccianti entità, piccoli cuori palpitanti, terribili metamorfosi e vaticini possibili grazie a vecchi televisori a tubo catodico allacciati a un’arcana concrezione rocciosa. Il tutto è foscamente conturbante, non c’è che dire, ma anche incredibilmente caotico e senza un ordine alcuno di fondo. Ad acuire poi la nebulosità dell’horror è l’alternanza di eventi principali a segmenti di un programma televisivo intitolato “Inside Crime” e a promo elettorali. S’intuisce il disegno d’insieme, eppure una volta arrivati al finale impossibile è non domandarsi numerosi: “Ma perché?!”.

In conclusione, vero è che un po’ di oscurità nella trama e nelle singole parti di un film sia sempre fruttuosa per mantenere la tensione costante nel pubblico, e insindacabile è che rivelare troppo sia controproducente, ma eccedendo all’opposto si rischia di lasciare chi guarda basito e frastornato. Pochi dettagli e un filo di linearità in più nella sceneggiatura scritta da Irving Walker (la storia originale è stata ideata da lui e da Brad Baruh) e Dead Night sarebbe stato assai più fruibile.

Di seguito trovate il trailer: