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Voto: 5.5/10 Titolo originale: Hold the Dark , uscita: 22-09-2018. Regista: Jeremy Saulnier.

Recensione | Hold the Dark di Jeremy Saulnier

28/09/2018 recensione film di William Maga

Il regista adatta per Netflix il romanzo thriller di William Giraldi, gettando Jeffrey Wright e Alexander Skarsgård in un incubo ghiacciato tanto formalmente impeccabile quanto narrativamente imperscrutabile

Il titolo del nuovo film di Jeremy Saulnier, basato sul celebre romanzo omonimo di William Giraldi, suona come un inside joke: se c’è una cosa che il 42enne filmmaker americano ha dimostrato proprio di non sapere fare, è lesinare sull’oscurità. Con Hold the Dark, Saulnier sembra infatti determinato a superare l’opprimente disperazione che pervadeva ampiamente sia Blue Ruin che Green Room, riuscendo abilmente a creare un incubo di inspiegabile violenza ambientato nella brutale natura selvaggia dell’Alaska immersa quasi interamente nella notte perenne. C’è tuttavia una sottile linea che attraversa Hold the Dark e separa l’inesplicabile dall’affascinante incoerenza.

Per circa 30 minuti, prima che il film collassi in un caos di ultraviolenza quasi allegorica, Jeremy Saulnier riesce a rapire totalmente l’attenzione dello spettatore. È un prodigioso orchestratore di stati d’animo, e le vedute desolate e oscure di Hold the Dark, popolate da esseri umani miserabili e da splendidi lupi bianchi, sono ossessionanti. È anche un piacere vedere Jeffrey Wright, normalmente relegato da Hollywood a mero caratterista (Westworld, Casino Royale), promosso al centro della scena.

Nei panni di Russell Core, naturalista e cacciatore di lupi, l’attore emana un’aura predominante di virilità sensibile, col regista che saggiamente si sofferma spesso sul suo viso straziato. Core è una sorta di Capitano Achab più ecologista: un cacciatore che rispetta la sua preda e uccide solo quando è fondamentale per la sua stessa sopravvivenza. C’è un grande momento all’inizio del film quando l’uomo affronta un lupo, che potrebbe aver assalito e divorato tre dei bambini della cittadina dove è appena stato convocato, ma non riesce a sparare. Nessuna sorpresa.

L’animale è maestoso, il riflesso di un dio incarnato. La madre di uno dei bambini scomparsi, Medora Slone (Riley Keough), ha chiesto a Core di raggiungerla, per chiedergli proprio di rintracciare e abbattere la bestia che ha preso suo figlio. E’ comunque chiaro fin dall’inizio, che della Medora non ci si può troppo fidare, visto che parla in modo criptico e si presenta nuda davanti a Core indossando solo una misteriosa maschera da lupo in legno. Inizialmente siamo portati a credere che Hold the Dark si dipanerà come un tradizionale racconto survivalista, con Core che prima o poi incrocerà la sua strada con quella dei lupi nei boschi innevati, invece il primo atto si conclude con una svolta che porta il film verso nuovi territori sconvolgenti e sconcertanti.

Durante i primi momenti della narrazione, ci sono indizi che Jeremy Saulnier stia tentanto di perseguire un gioco tematico ambizioso. Il marito di Medora, Vernon (Alexander Skarsgård), si dice combatta nella guerra in Medio Oriente, che è quasi sempre segno nelle pellicole contemporanee di una imminente metafora. Il regista lascia infatti l’Alaska per mostrarci Vernon nel deserto, mentre senza troppe cerimonie falcia a distanza alcuni presunti ribelli / terroristi. Il senso della scena è evidente: si tratta di un uomo indurito dalla guerra, proprio come i superstiziosi abitanti della cittadina dell’Alaska sono temprati dal quell’ambiente austero e sperduto. Questi paralleli convergono quando Vernon torna a casa e inizia un’impensabile carneficina, ed è proprio a questo punto che Hold the Dark si frantuma irrimediabilmente in pezzi. In senso narrativo, i lupi del film sono un depistaggio, un simbolo della propensione del genere umano alla barbarie.

Medora ha compiuto un gesto le cui ragioni Jeremy Saulnier non si prende mai la briga di chiarire, così come non è interessato a spiegare perché Vernon, dopo aver scoperto la verità, decida di fare quello che fa. Il regista vede indubbiamente la carneficina come un’illustrazione della follia di un’America in guerra perpetua, col personaggio di Vernon che finisce per diventare una strana fusione tra Michael Myers e John Rambo, con questa vaga allusione politica destinata a prendere il posto delle sue motivazioni. Jeremy Saulnier è certo un mago della violenza, mettendo in scena sequenze che sono ugualmente tattili e sconvolgenti, in particolare una sparatoria tra la polizia e un amico / complice di Vernon, Cheeon (Julian Black Antelope), che richiama visivamente l’uccisione che Vernon aveva commesso mentre era in servizio in Medio Oriente. Ma i frammenti di brutalità e i dialoghi nichilisti non bastano da soli. Non fornendo agli spettatori alcun indizio sui desideri di Medora e Vernon, il film diventa così un catalogo di eventi che stanno semplicemente accadendo.

L’eccessiva seriosità di Hold the Dark diventa pertanto una maschera per quella che è essenzialmente una storia di genere con omicidi e caos – pensate ad esempio al recente I Segreti di Wind River (la nostra recensione) con una più contorta atmosfera da film horror. Come nei suoi altri lavori, Jeremy Saulnier è molto determinato a che il pubblico colga bene la sua abilità artistica, tanto è eccessivamente enfatico nella forma quanto è narrativamente imperscrutabile. Un momento o un dettaglio più leggeri, casuali o spontanei sono impensabile in un film di Jeremy Saulnier, sebbene Blue Ruin e Green Room avessero un senso di propulsione narrativa. Coi suoi oltre 120′ di durata, Hold the Dark è in definitiva una lugubre alternanza di sussurri inquietanti e di lancinante gore, che passa rapidamente dall’essere irresistibile a interminabile ad aggressivo.

E qualcuno potrebbe arrivare a sospettare che il regista potrebbe considerare questa osservazione come un complimento. In ogni caso, abbiamo provato a ‘spiegare’ i passaggi più oscuri dell’opera punto per punto.

Di seguito il full trailer italiano di Hold the Dark, nel catalogo Netflix dal 28 settembre: