Home » Cinema » Sci-Fi & Fantasy » Recensione libro + Intervista | Dune – Tra le sabbie del mito di Filippo Rossi

Recensione libro + Intervista | Dune – Tra le sabbie del mito di Filippo Rossi

05/05/2021 news di Alessandro Gamma

Il corposo saggio di oltre 600 pagine edito da Edizione NPE racconta in modo analitico l'universo cui lo scrittore Frank Herbert ha dato vita nel lontano 1965, capace ancora oggi di affascinare e turbare i lettori, spingendoli a porsi domande sul presente e su loro stessi

dune - tra le sabbie del mito NPE

Come gli appassionati di fantascienza letteraria sapranno bene, Dune venne pubblicato dall’allora 45enne Frank Herbert nel 1965, raccogliendo velocemente un grande consenso di critica (premi Nebula e Hugo) e di pubblico, un best-seller assoluto della narrativa sci-fi, portatore di un messaggio e di tematiche inquietanti, spesso ineffabili, e di quasi profetica attualità. Da lì è stato un susseguirsi di ‘sequel’ cartacei e di ‘figliocci’ adottivi in altri media (dai fumetti ai giochi di ruolo, e più avanti ai videogiochi), un successo planetario che non si è fermato nemmeno dopo la prematura scomparsa dell’autore nel 1986 e che ha ulteriormente consolidato la grandiosità e importanza della sua opera.

Va ricordato, naturalmente, che dopo la ‘falsa partenza’ dell’adattamento poi cancellato pensato da Alejandro Jodorowsky, il ciclo di Dune è stato prima trasposto sul grande schermo ‘alla maniera hollywoodiana’ dal regista David Lynch nel 1984 con risultati intriganti ma discutibili, poi nei primi anni 2000 si è tentato di (ri)portarlo in auge – questa volta in televisione – attraverso le miniserie Dune – Il destino dell’universo e I figli di Dune, due lodevoli nei tentativi ma comunque non pienamente soddisfacenti e ‘centrati’, mentre è ormai imminente, dopo il rinvio a causa del COVID, l’uscita di un nuovo film diretto dal canadese Denis Villeneuve, in cui molti hanno riversato le proprie aspettative.

Proprio in contemporanea (ma uscito a questo punto molto ‘in anticipo’) avrebbe così dovuto arrivare nelle librerie per Edizioni NPE il volume Dune – Tra le sabbie del mito (15.1 x 3.7 x 21.5 cm, copertina flessibile, pagg. 624, 25 euro), consistente saggio impreziosito da numerose fotografie redatto nel corso di anni di lunga preparazione da Filippo Rossi, che segue le messianiche tracce tra le sabbie del tempo e dello spazio dei protagonisti Paul “Muad’Dib” Atreides e dei suoi figli, affrontando per la prima volta in modo analitico e preciso i molti ambienti e i personaggi dei romanzi, le loro storie, avventure e complesse dinamiche, per provare a raccontare compiutamente un fenomeno che ormai ha trasceso i semplici confini della pagina di un libro.

Dune – Tra le sabbie del mito 2021 NPE (2)Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Filippo Rossi per parlare della genesi di Dune – Tra le sabbie del mito e della sua passione per il materiale scritto da Frank Herbert e la sua eredità:

A chi è rivolto il volume?

In realtà mi sono concentrato moltissimo sul rendere il libro adatto alla lettura di qualsiasi tipo di lettore, dal curioso neofita al ferratissimo esperto. Non è detto che ci sia riuscito, certo, ma almeno ci ho provato. Naturalmente la materia duniana è ostica di per sé, e la mia pazza trattazione non lo è da meno visto che ho cercato di scriverne tutto il possibile … Da questo punto di vista è stata quindi un’impresa folle: purtroppo, semplificare troppo qualcosa di molto complesso e molto significativo rischia di buttare tutto sul banale, sul già detto, sull’inutilità. O queste cose le fai al massimo o è meglio lasciar perdere.

Un’idea per aiutare il lettore è stata accompagnare l’analisi critica di ciascuna opera della saga multimediale con un riassunto dettagliato ma agevole sia delle vicende narrate a livello letterario, sia delle modifiche successivamente apportate negli adattamenti filmici o televisivi. In tal modo, procedendo in ordine cronologico, ho potuto operare una sorta di “segnalazione spoiler”: ognuno può evitare di leggere certi capitoli su aspetti o sviluppi non ancora fatti propri, per non rovinarsi la sorpresa. Così facendo però non si limita la comprensione della trattazione complessiva, o di certi altri aspetti più conosciuti. Insomma, anche il saggio, come Dune stesso, va conosciuto un po’ alla volta, partendo dal particolare per risalire e giungere all’universale!

Un’altra idea è stata rivestire il testo saggistico con una specie di racconto in prima persona di un anziano Fremen, più colloquiale e meno tecnicistico, che presenta il suo amato e odiato pianeta Dune a un giovane allievo, pronto ad ascoltarne l’evoluzione. Quindi, il saggio dal mio punto di vista è rivolto a tutti gli appassionati del Fantastico che vogliano leggere, rileggere e approfondire l’intero ciclo di Dune. Questo volume è una delle possibili guide in questa esplorazione, la prima assoluta concepita in Italia, con pochi eguali nel mondo per vastità – posso affermarlo avendole lette tutte e avendo cercato disperatamente di non copiarle.

Il lettore ideale? Forse è un tipo particolare di neofita che, a prescindere dall’età, tiene accanto a sé il romanzo capolavoro di Frank Herbert, rapito dai suoi primi affascinanti capitoli; ma è anche l’adolescente ormai maturo che rimase traumatizzato dal mirabile fallimento che fu la pellicola girata dal maestro David Lynch; ma è anche il cultore estasiato dal ciclo degli Atreides che continua a interrogarsi al cospetto dell’oracolo di Tacoma, in fervente attesa del nuovo film di Denis Villeneuve; ma è anche il lettore curioso, che potrà trovare in questo saggio l’occasione per iniziare la strada per Dune, quasi fosse una corposa introduzione all’universo multi-planetario che ruota, incessante e senza fine, attorno ad Arrakis.

C’è una scoperta che hai fatto o qualcosa che ti ha sorpreso mentre mettevi insieme il materiale per questo saggio?

È impossibile sintetizzare tutte le scoperte fatte nei due anni di stesura materiale del saggio, che condensano trentacinque anni di riflessioni e ricerche. È arduo anche solo cercare di far capire questa lunga esperienza molto personale, anche molto drammatica. Forse la scoperta più importante è la passione di chi ha supportato la creazione della mia opera, stimolando l’approfondimento su ogni singolo dettaglio del ciclo, partendo da William Shakespeare fino a Carl Gustav Jung, passando per i Pink Floyd e le musiche o i giochi ispirati alle opere di Frank Herbert.

Posso dire che ho scoperto grandi amicizie, che mi hanno dato una mano fondamentale – cito Massimo Moro, coltissimo appassionato non solo duniano di Treviso; Irene Candelieri, psicologa e filosofa di Trieste; Silvio Sosio e Alessandro Longoni, esperti milanesi di media e fantascienza; Salvatore Salis, astrofisico per hobby e geniaccio per diletto dalla terra di Sardegna.

Un’altra scoperta, meno importante certo dell’amicizia, è stata intellettuale. Il rintracciare ogni ispirazione duniana nella grande fantascienza (non solo letteraria) dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, e oltre. È stato un viaggio pazzesco, anzi allucinante, nelle menti di maestri eccelsi del pensiero umano. Il capitolo che lo narra è stato forse il più impegnativo ma anche quello del quale vado più fiero.

Dune – Tra le sabbie del mito 2021 NPE (3)Hai rivisto le tue opinioni su qualcosa mentre ripensavi a tutto questo materiale?

Sicuramente è cresciuta la considerazione per tutti i romanzi duniani partoriti da Frank Herbert, non solo per il primo del 1965. Vedete, ho letto i sei romanzi classici a metà anni Ottanta, nei miei quindici/diciassette anni. Mentre il primo libro, “Dune”, l’ho poi riletto regolarmente ogni anno, in maniera quasi fanatica nell’apprezzarne la qualità e nell’esplorarne i misteri (e comunque ho poi letto altri scritti di Herbert, curioso dell’autore), i cinque seguiti duniani li avevo lasciati generalmente da parte, perché meno avventurosi e più cerebrali: mi avevano lasciato ricordi meno belli.

Questo saggio è stata l’occasione per riprenderli in mano da adulto, con serietà e attenzione. Ne sono restato folgorato. Tutti i pregiudizi vecchi di decenni, legati a un’altra età della mia esistenza, sono stati spazzati via. È stato un momento incredibile, una vera e propria rivelazione. Io sono cresciuto con “Dune” ma oggi, da Messia del 1969 alla Rifondazione del 1985, ho capito la vita. Pur non potendo raggiungere le vette di perfezione adamantina espresse dal capostipite, si tratta di uno dei cicli più stimolanti pubblicati nel secolo scorso che, letto in maturità e nella sua interezza, ha pochi eguali nella storia della letteratura fantastica. Forse nessuno?

Cosa rende ancora così incredibilmente importanti e attuali gli scritti di Frank Herbert?

“Dune” con i suoi seguiti, non solo di Frank Herbert, è un corpus iniziatico. Rivela ulteriori significati a ogni nuova lettura, con il procedere della nostra vita e con il susseguirsi frenetico di questa era umana. Ci aiuta ad andare oltre i soliti parametri di riferimento, capendo altre realtà affiancate alla conosciuta.

Infrange tutto un modo di vedere le cose nella nostra società. Ci fa vedere la realtà, politica e sociologica, in maniere totalmente diverse. Dune può e deve preconizzare la nostra fine come esseri umani, se si insiste ad accettare l’egemonia di algoritmi che razziano le nostre preferenze, riducendoci a bestie da macello immagazzinate negli archivi degli uffici marketing. Oggi Denis Villeneuve ha l’occasione irripetibile di seguire l’esempio di Frank Herbert e spingere forte sulla questione del Jihad Butleriano, il fulcro del libro. Si tratta del rifiuto della mente ricostruita in silicio, in favore dell’esaltazione delle capacità biologiche senza il supporto delle macchine. Oggi imperversa l’entusiasmo acritico per ogni passo scientifico verso l’Intelligenza Artificiale; Dune ferma tutto e impone una riflessione, puntando sulle droghe organiche e le cure biologiche per ampliare le potenzialità dell’Uomo.

L’opera herbertiana tratta mille altri temi necessari. I Fremen sono migranti che rivoluzionano un mondo “occidentale” imbalsamato. Lo spot ecologico si affianca al trionfo della protesta dell’adolescente attivista svedese Greta Thunberg. La critica al disprezzo ignorante che i privilegiati imperiali mostrano nei confronti della maggioranza disagiata ma consapevole avviene nel massimo storico delle disuguaglianze globali. La forza delle donne Bene Gesserit pare rispondere alla piaga dei femminicidi e alla lotta per le pari opportunità. Sono solo alcuni esempi…

La saga di Dune è costellata dalle metafore positive di dinamismo e da quelle negative di staticità. Paul Atreides, prevedendo nel breve periodo di causare oltre sessanta miliardi di vittime, vorrebbe evitare la grande migrazione violenta del Jihad di Muad’Dib, ma non può farlo. La direzione nella quale la tirannia del figlio Leto II, l’Imperatore-dio, si avvia segue il Sentiero Dorato. Lo spaventoso blocco rappresentato da tre millenni e mezzo di dittatura assoluta scatena un millennio e mezzo di Dispersione. L’urgenza d’espansione proietta l’umanità addirittura in altri universi. Lo scopo del Sentiero Dorato è infrangere il controllo ristagnante della prescienza, la malattia mortale che ci colpisce in quanto, da sempre e per sempre, spaventati da ciò che ci aspetta. La soluzione è un doppio simbolo dinamico: la tecnologia delle non-navi, mezzi di trasporto; l’azione di spargimento interstellare dei geni Atreides grazie ai discendenti di Siona, immuni alla previsione.

L’Uomo concepisce la Terra, e di conseguenza gli artisti umani raffigurano il cosmo siderale, come uno spazio geometrico chiuso, fondato sull’immobilità dei soggetti pensanti che si esprime nei confini degli Stati. Questa staticità va superata. Del resto ogni Stato moderno è incapace di affrontare politicamente l’ineluttabile dilemma dei flussi migratori, che sono l’aspetto più evidente della naturale fluidità dinamica della vita. Si deve smettere di addomesticare la realtà. L’esplorazione, quindi il movimento di persone e popoli, è l’unica chiave per aprire la razza umana a un futuro di prosperità. La realtà va lasciata libera e affrontata. Solo allora quel soggetto collettivo detto “umanità” può unire all’innato istinto romantico ed etico la dura pratica della sopravvivenza.

La macchina non va abbracciata nel ristagno della realtà virtuale. All’umano ci si deve avvicinare attivamente, al contrario della pericolosa tendenza attuale che cerca il riposo nell’intelligenza artificiale. Il corpo va difeso e sostenuto con la fatica, che è la vera chiave attiva dell’esistenza. I Fremen ce lo mostrano, con la loro poetica “vacanza” dei Venti Martellatori ai Palmeti del Sud, in viaggio devastante per lunghe settimane sulle groppe dei titanici e letali Vermi delle Sabbie, tra aspre folate di polvere e senza comode scorciatoie.

Dune – Tra le sabbie del mito 2021 NPEIn questo senso, Dune è il testo profetico dei secoli che viviamo, a cavallo tra secondo e terzo millennio, pronto a diventare il manuale di istruzioni per i millenni a venire. In Dune dominano le sterminate potenzialità fisiche e mentali dell’Uomo, come regnano i limiti umani nei confronti del destino. Facciamo attenzione agli eroi, vi prego: è una morale di grande valore, in tempi di preoccupazioni per il futuro e timore per chi dovrebbe aiutarci nel renderlo luminoso. Da giovani ci conquistano gli aspetti eroici dell’avventura duniana, perché vorremmo tutti essere Paul e Alia, Duncan e Sheeana. Da grandi iniziamo a comprendere la tragedia insita nelle trappole disperate, negli intrighi paranoici e nella morte straziante che circondano la Casa Atreides. Compatiamo Jessica e Chani, Leto II e Odrade soffrendo per loro, come soffriamo compatendo noi stessi.

Cosa ‘rimproveri’ maggiormente agli eredi di Frank Herbert?

Posso rimproverare soprattutto un’eccessiva attenzione alle figure chiave e amatissime del primo libro, da Paul Atreides al Duca Leto e Lady Jessica, quando in realtà i seguiti di Frank Herbert abbondano nei millenni fittizi di personaggi eccezionali e ancora “vergini”. Mi spiace anche una certa superficialità sui Fremen, che sono un’invenzione complessissima e quindi decisiva per la fortuna dell’opera. La lettura di questo Universo espanso dal figlio Brian Herbert con il professionista Kevin J. Anderson è certamente meno ardua. Alcune soluzioni possono risultare discutibili, o addirittura banali; alcune ripetizioni o semplificazioni sono indubbie; certe mancanze di originalità nell’intreccio o di stile nella scrittura sono evidenti. Ciò non toglie che – con un esame libero da pregiudizi o rabbia – si tratta di soggetti mai banali, presentati con sincero amore per la materia. Detto questo, ogni appassionato di Dune ha la propria idea di valore sui testi di Brian Herbert e Anderson, e sui gusti non discuto mai. Il saggio li tratta nel profondo, ma permette comunque anche a chi non vuole leggere questi romanzi di farsi un’idea precisa di cosa raccontano, del come e del perché.

Pensi che sia possibile una trasposizione soddisfacente al cinema o in TV dei libri di Dune (incrociando le dita con Denis Villeneuve)? In che modo?

Più rileggo i sei libri di Frank Herbert, ma anche i sequel/prequel/interquel di Brian Herbert e Kevin J. Anderson, soprattutto certi prequel ambientati in epoche antiche rispetto a “Dune” (le Leggende e le Grandi Scuole pre, durante e dopo il Jihad Butleriano), più ritengo che siano un ottimo materiale dal quale partire per “riscrivere” e creare un attualissimo ciclo multimediale, basato ovviamente sulla forza popolare e artistica del cinema. In grado di rivaleggiare con quello, ad esempio, di Star Wars – e, ci tengo a dirlo, in grado di distruggere a occhi chiusi quello così in voga del Marvel Cinematic Universe.

Certamente è possibile trasferire il tutto letterario in forma audiovisiva tra serie e motion picture, se come guida si seguirà il percorso tracciato dal figlio di Frank Herbert. Egli, vista la sua storia, è l’unico a poter legittimare e rafforzare la produzione con uno sguardo d’insieme. E, soprattutto, lo si potrà fare bene se alle redini c’è un uomo di cinema colto, capace e moderno, in grado di circondarsi del meglio creativo e che ama nel profondo, fin dalla giovinezza, il libro (e Denis Villeneuve lo è). Sarà una visione per forza di cose semplificata ma non semplicistica, adatta a un’epoca così frenetica nella fruizione dei contenuti multimediali ma affamata di visioni non banali, anzi rivelatorie, sul difficile e interconnesso mondo attorno a noi.

H.R. Giger in Jodorowsky's Dune (2013)Ritieni che il cast del film di David Lynch fosse adeguato?

Viste le carriere successive (e in certi casi precedenti) degli attori e delle attrici del cast, direi proprio di sì. Alcuni di loro sono più adatti alle pagine, altri meno, certamente tutti sono perfetti per la visione autonoma del regista. L’unico che non mi piace proprio è il dimenticabile Duncan Idaho di Richard Jordan, ma da tutte le loro facce si vede come Lynch abbia letto il romanzo e l’abbia legittimamente re-immaginato. Semmai è stato lo scontro tra l’arte ancora grezza ma già visionaria di un David Lynch alle prime armi e i rigidi, forse ignoranti diktat della produzione a generare questo fallimentare gioiello cult. Purtroppo non vedremo mai una versione del film completamente frutto delle decisioni di Lynch. Ciò non toglie che, nell’ambito della sua cinematografia, il film è la palestra (anche attoriale, basti vedere Kyle MacLachlan) nella quale si allenano e dalla quale si svilupperanno molti dei suoi capolavori assoluti. Di per sé “Dune” 1984 è già un capolavoro, nonostante sia un film sbagliato. E poi la musica è bellissima.

Sei anche un collezionista di tutto quello che concerne Dune, al di là dei libri?

No, sinceramente non mi piace il collezionismo. Mi piace circondarmi di cose belle, ma non specularci su o idolatrarle. Mi basta in effetti avere libri, fumetti e film di Dune, visto che questo Universo per me è più uno stato della mente… Farò una felice eccezione alla regola con le nuove action figure del film di Villeneuve – se le troverò.

Mi racconti il perché dei riferimenti ai segni zodiacali nel volume?

Come scrisse il sottovalutato anglista Nemi D’Agostino a proposito di Shakespeare, “il suo mondo è investito e permeato da forze misteriose … perché furono i Greci a inventare quei concetti la cui lunga durata arriva fino a noi, li si chiami oggi ideali, ideologie, Stato, influssi astrologici o complessi inconsci”. Anche a Herbert, così shakespeariano nell’ambiguità che infonde ai suoi personaggi, si potrebbe applicare la stessa analisi.

L’influsso dello Zodiaco è il macrocosmo che riflette il microcosmo delle potenti personalità che si muovono sulle sabbie tecnorganiche di Dune; in sintesi si tratta di una metafora del destino abbracciato drammaticamente dalla stirpe degli Atreides. Inoltre, trattando delle pazze visioni lisergiche e cinematiche anni Settanta di Alejandro Jodorowsky e degli insegnamenti psicanalitici e archetipici di Jung è inevitabile andare a parare nel magico mondo dei segni zodiacali. Lo si veda anche come omaggio ai due grandi pensatori.

denis villeneuve film dune setCome mai ti sei dilungato così tanto sui film precedenti di Denis Villeneuve?

Villeneuve è ormai decisivo per Dune. Perché? Non solo per la potenza produttiva e industriale del suo attuale progetto duniano, ma anche perché è un vero aficionado del tema. Anzi, tale ambiziosissima potenza nasce proprio dalla sua passione personale, più volte espressa e ammessa. È una vera e propria questione di sogni. In tutti i magnifici film del regista canadese si scorgono omaggi più o meno nascosti al ciclo sabbioso di Herbert ed epigoni. Il loro percorso cinematografico è lineare, e l’arrivo al traguardo duniano è solo ovvio.

Nulla di strano visto che il regista ha sempre citato “Dune” come uno dei suoi libri fondamentali dell’adolescenza, se non “il” libro. Conoscere questi suoi film, rivederli, apprezzarli con occhio diverso, magari blu di Spezia, ci conforta (soprattutto dopo il doloroso slittamento dell’uscita) nel prevedere che il film “Dune” sarà un vero omaggio, non pedante né finto, al libro da cui è ispirato. Poi, posso dire che Denis Villeneuve è, con altri due che non cito, il mio regista preferito: diffonderlo anche tra i Fremen e i Sardaukar italiani mi pare un obbligo.

Cos’è cambiato con lo slittamento del Dune di Denis Villeneuve per il tuo libro?

Rispetto a Dune – Tra le sabbie del mito, che già in partenza era una bomba termonucleare, ha permesso un ulteriore approfondimento rispetto a molti dei temi che fino a un anno fa erano semplicemente abbozzati. Ho così innescato un nucleo di Kryptonite nella bomba. In mezzo, l’esperienza di pseudo “reclusione” per il bene degli altri, di sacrifico socialmente benigno, causata da questa pandemia rivoluzionaria ci rende consapevoli di molti dei temi ecologici, politici, etici e geopolitici affrontati fin da metà Novecento da Frank Herbert. Con l’antropologia non si scherza mai.

Le ultime fasi della stesura del saggio riflettono un nuovo mondo, che speriamo di veder sorgere da questo terribile biennio. L’inizio dopo la catastrofe. Il film al cinema di Denis Villeneuve rappresenta simbolicamente – io spero! – la prossima e auspicata riapertura, non solo economica ma anche mentale. Questo saggio, accanto alle opere dell’amato regista del Québec, mi piace sia testimone del buio più pesto prima dell’alba.

Di seguito il trailer di Dune di David Lynch: