Recensione libro + intervista | Storia degli effetti speciali di Giovanni Toro
22/02/2019 news di Alessandro Gamma
Da Georges Méliès fino alla Industrial Light & Magic, passando per la stop-motion di Ray Harryhausen, un volume che ripercorre oltre 100 anni di trucchi e 'magie' cinematografiche, raccontando l'evoluzione di un settore che continua ad affascinare e stupire
Fin dagli albori, gli effetti speciali hanno innegabilmente contribuito a rendere il cinema ‘magico’, spesso in senso letterale, dando la possibilità ai filmmaker di simulare situazioni e avvenimenti altrimenti impossibili da rappresentare sul grande schermo, vuoi perché troppo costosi, oppure pericolosi o semplicemente contrari alle leggi della natura, quando non addirittura completamente inesistenti e frutto della più fervida immaginazione.
Per provare a mettere un po’ d’ordine all’interno di quel grande e variopinto calderone dentro cui ricade ogni tipo di effetto (meccanico, ottico, visivo, digitale, prostetico o dal vivo) è arrivato da poco nelle librerie il volume Storia degli effetti speciali, dai fratelli Lumière ad Avatar, scritto da Giovanni Toro (Nicola Pesce Editore, 12 euro). Attraverso 190 pagine e quattro densi capitoli, l’autore cerca di raccontare, in maniera semplice e fruibile da tutti (ci sono anche disegni e fotografie esplicative), cosa siano gli effetti speciali e quale sia la loro funzione specifica all’interno di un film. Termini come dissolvenza, travelling matte, matte painting e front projection, apparentemente ostici per i ‘non addetti ai lavori’, vengono spiegati e resi ‘innocui’, aiutando a comprenderne la portata storica e l’effettiva utilità.
Partendo dalla ‘mera’ percezione umana e dagli scherzi che possono giocare gli occhi e il cervello nel riconoscere – o no riconoscere – figure ed elementi nascosti (addirittura confondere e fuorviare …), si passa a ripercorrere praticamente anno per anno – e film per film – l’evoluzione delle tecniche impiegate, dai trucchi artigianali del pioniere Georges Méliès fino alla Industrial Light & Magic di George Lucas e la Weta Digital di Peter Jackson, passando per la stop-motion di Ray Harryhausen, fino ad arrivare addirittura a un’infarinatura di semiotica. Non mancano ovviamente i riferimenti al cinema d’animazione e alla sua evoluzione, dall’interazione tra personaggi disegnati e attori in carne e ossa della Disney, alle mirabilie tecniche di Pixar e Dreamworks.
Abbiamo avuto il piacere di parlare di Storia degli effetti speciali direttamente con l’autore, Giovanni Toro, approfondendo i motivi che lo hanno portato a pubblicare questo volume.
Da dove nasce la ‘necessità’ di scrivere Storia degli effetti speciali?
Sono cresciuto con un certo tipo di film che dell’effetto speciale ne hanno fatto un vero e proprio cavallo di battaglia! Film come Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, Il gatto venuto dallo spazio, Lo squalo, Star Wars, Superman (te li sto citando in ordine di visione, lo ricordo ancora!) – e poi i vari Ritorno al Futuro, Giochi Stellari, Navigator e così via – non sarebbero riusciti a colpire la mia fantasia se non avessero mostrato sul grande schermo determinate “cose”. Come fai a raccontare Superman se non riesci a far volare il personaggio? Senza parlare poi degli UFO di Incontri ravvicinati del terzo tipo … Avevo 8 anni e l’immaginazione fervida di ogni bambino di quell’età è predisposta a certi stimoli visivi. Forse io lo ero anche di più di qualche altro ed è tutto partito sostanzialmente da lì perché ho iniziato a cercare film di un certo tipo e ti giuro che non c’era pellicola che mi sfuggisse! Grazie alla complicità di mio padre, proiezionista per diletto in un piccolo cinema della Sicilia, ho probabilmente visto i film più immaginifici della fine degli anni 70. Poi per tutti gli anni ’80 ho continuato a vederli e mi sono così costruito un immaginario fatto di alieni, mostri, viaggi nel tempo e chi più ne ha più ne metta!
Chi avevi in mente come potenziale lettore di Storia degli effetti speciali?
Il volume si rivolge ad un pubblico generico per via dell’approccio, almeno per quanto riguarda la prima e la seconda parte del libro. Dubito però che un appassionato di culinaria o di sport possa comprare il libro di questo tipo se non vede film tutte le volte che può. Probabilmente ammicco anche ai cultori dei film di genere anche se, e voglio evidenziarlo, l’effetto speciale è parecchio democratico da questo punto di vista, nel senso che non vive solo all’interno della pellicola di fantascienza/horror/fantasy ma anche in altri genere di film quando, ad esempio, si rende necessario l’aggiunta di una montagna o l’eliminazione di un cartello stradale per le esigenze narrative. Visto poi che il libro ha un sentire diverso che scorre attraverso le sue pagine, può di certo avvicinare il semplice appassionato che vuole soddisfare certe curiosità fino a incontrare le esigenze degli entusiasti più “estremisti” con una parte in cui si analizzano e si presentano delle teorie sulla magia degli effetti speciali.
Sulla copertina di Storia degli effetti speciali ci si ferma ad Avatar, anche se all’interno si citano anche film successivi (Gravity di Alfonso Cuarón ad esempio); come mai ti sei ‘fermato’ al film del 2009? Non c’è il rischio che chi veda il volume pensi che sia ‘vecchio’?
Con l’editore abbiamo deciso di indicare in copertina la pellicola di Avatar perché in quanto a tecnologie James Cameron ha rivoluzionato proprio con Avatar il processo di lavorazione degli effetti speciali riuscendo ad avere sul set, e in tempo reale (con i dovuti limiti naturalmente), una visione già approssimata degli effetti che avrebbero poi popolato il film. Inquadrando infatti l’attore o l’orizzonte scenografico poteva farsi già un’idea di cosa avrebbero visto gli spettatori, coordinando al meglio inquadrature, flussi di lavoro e quindi l’andamento generale del film. Tra l’altro James Cameron nei prossimi anni dovrebbe ritornare in sala con una serie di film dedicati ad Avatar (sembrerebbe fino al 2025) che dovrebbero garantire al libro un appeal sempre attuale. Comunque, dietro al titolo di un libro ci sono sempre molte ragioni, una tra queste è certamente la strategia commerciale.
Come mai hai scelto proprio la frase “… Lo squalo non si può ammaestrare quindi …” estrapolata dalla prefazione per la quarta di copertina di Storia degli effetti speciali?
La potenza espressiva e l’importanza dell’effetto speciale risiede a mio avviso proprio in quelle poche parole. Se ci si rende conto per un attimo che per girare un film epocale come Lo squalo (non dimentichiamoci che da questa pellicola è nato il Blockbuster) era necessario avere un animale “gestibile” quando per sua natura questi non lo era per niente (stiamo parlando di uno squalo bianco, uno tra i predatori più temibili dell’universo acquatico), si comprende molto bene che l’alternativa all’effetto era quella di non girare il film. Almeno non per come noi lo conosciamo oggi. L’effetto ha fatto quello che allora (e credo anche oggi) non si poteva fare: ammaestrare uno squalo.
Quali sono i 3 film più importanti per te a livello di effetti speciali nella storia del cinema e quali i 3 che magari, pur non essendo ‘memorabili’, hanno un posto speciale nei tuoi ricordi?
I film sono dei prodotti di gusto. Spesso non ci si ritrova d’accordo con alcune pellicole perché per alcuni sono dei capolavori assoluti, per altri delle occasioni sprecate o peggio. Anche questa è magia. Per etichetta (e per la storia) mi sento di affermare che i film più importanti dal punto di vista degli effetti speciali sono al momento “2001: Odissea nello spazio”, “Star Wars” e “Avatar”. Il primo per aver trasformato con i suoi effetti il modo di fare cinema di fantascienza, il secondo per tutte le innovazioni che ha introdotto, l’ultimo per le tecnologie di ripresa utilizzate. Ma non rappresentano i film del mio cuore. Ne ho tantissimi e probabilmente il migliore devono ancora girarlo ma se ne devo necessariamente indicare 3 direi sicuramente “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, “E.T. l’extraterrestre” e “Navigator”. Il primo lo vidi da piccolo mentre mio padre era nella saletta a proiettarlo e ne fui totalmente travolto; il secondo lo guardai nel cinema di un’altra città e fu la prima volta con mio padre accanto, seduto vicino a me come un semplice spettatore; “Navigator” me lo gustai invece nell’altro cinema della mia città. Mio padre non faceva più il proiezionista e io ero grande abbastanza per potermi muovere da solo e coltivare i miei interessi.
Di seguito il trailer internazionale di Lo Squalo:
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