Voto: 6.5/10 Titolo originale: Spider , uscita: 06-11-2002. Regista: David Cronenberg.
Recensione story | Spider di David Cronenberg
28/09/2020 recensione film Spider di Antonio Salfa
Nel 2002 il regista canadese tornava sulle scene inscenando la sconcertante tessitura della mente umana, che talvolta si trasforma in una trappola da cui non è possibile divincolarsi
Nel lontano 1991, lo scrittore Patrick McGrath (Follia, Racconti di follia, Il morbo di Haggard) dava alle stampe la sua seconda opera, Spider, un romanzo psicologico che indagava nella mente di una persona affetta da disturbi mentali. Undici anni dopo, il regista di culto David Cronenberg, reduce da Existenz, decide di portare adattare per il grande schermo l’opera, imbevendola della sua tipica cifra stilistica.
Presentato in anteprima il 21 maggio 2002 al Festival di Cannes, Spider porta lo spettatore all’interno della mente di Dennis Cleg, interpretato da un camaleontico Ralph Fiennes, un soggetto paranoide, clinicamente schizofrenico. Il film affronta il tema tortuoso del rapporto tra madre e figlio, passando per una analisi del ruolo della sessualità all’interno della sfera materna.
Tutto Spider si struttura attraverso dei flashback che caratterizzano interamente la visione; scopriamo da subito che Cleg viene trasferito da un manicomio a un centro di riabilitazione, in cui potrà vivere, uscire e – forse – ricrearsi una vita al di fuori delle pareti cliniche. Ciò che vediamo è esattamente quello che accade nella mente di “Spider”, così chiamato affettuosamente dalla madre, i lampi sulla sua infanzia danno modo di capire lo stretto rapporto tra lui e la donna, che sarà la causa, o forse solo uno, degli elementi scatenanti della sua malattia.
La vita di Cleg bambino sarà sconvolta dalla visione, più o meno completa, di un rapporto sessuale consumato tra sua madre e suo padre (Gabriel Byrne). In Spider, come in altre sue pellicole (Crash, Cosmopolis), David Cronenberg gioca a mettere in scena dei personaggi freddi, asettici nella loro esistenza, che fanno intravedere la loro indifferenza per i soggetti che stanno loro vicini; non fa eccezione il padre di Cleg che, perso tra alcolici e severa educazione, lascia il figlio sguarnito di una vera educazione empatica. Una figura idealizzata dal piccolo “Spider” (Bradley Hall), un padre che si trasforma in un avido procacciatore di prostitute, finendo per tradire l’amata madre con una prostituta, Yvonne, interpretata magistralmente da Miranda Richardson, che mostra affetto e terrorizza allo stesso tempo, con impressionante duttilità.
La tela che il protagonista tesse intorno alla sua mente è quindi la stessa in cui attira lo spettatore, una tela fatta di accumuli, di ricordi distorti e inaffidabili, quelli che Cleg annota nel suo taccuino, attraverso una scrittura informe e disordinata, una scelta assoluta fedele alla realtà per rappresentare il dramma della schizofrenia (pensate alle numerose foto della poetessa Alda Merini, in cui i muri di casa sono adornati da numeri e scritte indecifrabili, segno evidente della sua malattia).
Il tema dell’accumulo negli individui affetti da disturbi schizofrenici paranoidi è stato trattato magistralmente anche in altri film quali The Aviator di Martin Scorsese, nella meravigliosa scena in cui decine di bottiglie di urina del protagonista (Leonardo Di Caprio) vengono mostrate l’una di fianco all’altra, oppure in A beautiful mind di Ron Howard, quando viene per la prima volta rivelata la malattia del protagonista, attraverso le accumulo di fogli di giornale sulle pareti del suo appartamento.
La sconvolgente ricezione sensibile, da parte di Cleg, dell’atto sessuale di suo padre e sua madre, scuote le sue fondamenta sino a farlo cadere in una paranoia che si trasforma in violenza, in allucinazioni e in una colpevolizzazione del ruolo paterno. Un complesso di Edipo in cui non si accetta una madre sessualizzata, una madre che non è interamente (corpo e anima) dedicata a lui. Ancora una volta, David Cronenberg si concede al tema di una sessualità decadente e depravata, come in Crash (il nostro approfondimento), analizzandola però attraverso una poetica psicologica, mostrando l’affetto sincero di un figlio verso la madre e l’odio verso la stessa, un sentimento quest’ultimo che nasce dal sentirsi traditi, che farà si che la donna si ‘scinda’ nella figura di una lurida prostituta omicida.
La mente di uno schizofrenico è come un vetro rotto, in cui i pezzi non potranno mai ricombaciare del tutto, in cui i ricordi restano sconnessi e ‘crepati’ dall’avanzare della malattia, e proprio a tal proposito significativa è la scena in cui Cleg, ancora in manicomio, ruba un coccio, dopo che un altro sfortunato paziente tenta di uccidersi con lo stesso oggetto affilato, ma invece di mettere fine alla sua vita decide di restituirlo al direttore, un gesto che gli vale la ‘promozione’ nella clinica di reinserimento.
Il momento in cui la cinepresa si sofferma su questa grande superficie di vetro crepata – come una ragnatela – in cui manca unicamente il pezzo rubato dal protagonista è riflesso allora della mente turbata di Cleg stesso, una persona affannata, un bambino mai cresciuto che prova a raccapezzarsi con un piccolo taccuino, dentro una piccola clinica di riabilitazione in cui il rimorso per il passato non potrà che divorarlo sino all’ultima scena.
Una menzione d’onore va sicuramente a Ralph Fiennes, che dimostra anche con Spider di essere uno dei pochi attori in grado di interpretare adeguatamente personaggi ossessionati (lo aveva già fatto in Red Dragon e Schinder’s List) e di portare questa condizione sul grande schermo mescolandone l’orrore con la capacità di suscitare la pietà dello spettatore nei suoi confronti..
Con Spider, David Cronenberg sprofonda il suo pubblico nel tunnel della paranoia, dell’erotismo incestuoso ma soffocato, facendo intravedere, in ultima analisi, il pericolo del guardarsi allo specchio ed accorgersi che è irrimediabilmente frantumato.
Di seguito il trailer internazionale di Spider:
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