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Voto: 8/10 Titolo originale: The Deer Hunter , uscita: 08-12-1978. Budget: $15,000,000. Regista: Michael Cimino.

Riflessione | Il Cacciatore di Michael Cimino: un colpo alla tempia dell’innocenza americana

17/01/2021 recensione film di Marco Tedesco

Nel 1978, Robert De Niro e Christopher Walken erano i protagonisti di un film scioccante, capace di scatenare accesi dibattiti politici in merito alla spinosa questione Vietnam

il cacciatore film robert de niro 1978

L’ennesimo passaggio televisivo di Il Cacciatore (The Deer Hunter) offre ancora oggi – a oltre 40 anni di distanza – più di un motivo di riflessione, soprattutto ripensando alla reazioni delle sinistre che all’epoca dell’uscita del film (1978 / 1979) si spaccarono in due attorno al giudizio da dare sul controverso lavoro del regista Michael Cimino.

Chi aveva ragione? Non è semplice rispondere, anche perché la polemica fu al tempo così violenta e accorata che finì per travolgere il film stesso, del quale si parlò, appunto, per lo più in termini politici. Tutto cominciò al Festival di Berlino, quando le delegazioni di cinque paesi socialisti abbandonarono la manifestazione in segno di protesta. Già in America, comunque, numerosi giornalisti o ex corrispondenti di guerra (come Peter Arnett, inviato a Saigon della AP) avevano sollevato pesanti dubbi sulla chiave realistico-metaforica usata da Michael Cimino per affrontare la tragedia del Vietnam. In Italia, le organizzazioni giovanili di sinistra fecero in alcune città sit-in e volantinaggi fuori dei cinema, proprio come era successo dieci anni prima con il famigerato Berretti verdi di John Wayne.

Ilcacciatore.jpgAggeo Savioli de L’Unità scrisse che si aggirava sugli schermi il “fantasma di un’America orgogliosa e paga di se stessa, incapace di un briciolo di autocritica” e aggiunse che “ciò che impressiona di più de Il Cacciatore non è tanto la spudorata mistificazione degli eventi, quanto il pesante velo steso sul dramma vissuto all’interno degli Stati Uniti”; Callisto Cosulich di Paese Sera parlò addirittura di “rigurgito del film di propaganda, sia pure edulcorato da qualche generica dichiarazione pacifista”, mentre Tullio Kezich del Corriere, più diplomaticamente, scrisse che arrivava “per dividere, non per mettere d’accordo la gente”.

Qualcuno poi ricorderà forse la querelle sulla famosa scena della roulette russa (la trovata narrativa probabilmente più ‘forte’ di Il Cacciatore), praticata sulla pelle dei marines da assatanati vietcong che maneggiavano bigliettoni sotto il benevolo sguardo di un ritratto di Ho Chi Minh? Insomma, c’erano nel film deformazioni e forzature ‘hollywoodiane’.

Anzi, Michael Cimino, nell’abbagliante incubo centrale ambientato nel Vietnam, descriveva i fatti in un modo decisamente reazionario, e non tanto perché le crudeltà rivelate a carico dei ‘musi gialli’ non fossero verosimili, quanto perché, nel dar conto solo di quelle, il giovane regista compiva evidentemente egualmente una scelta politica forte.

Eppure, ricordato tutto ciò, resta ugualmente la sensazione di non aver afferrato appieno le intenzioni del film e la ‘cultura’ che vi sta(va) dietro. Confessò in proposito Michael Cimino stesso in un’intervista:

Hanno sbagliato ancora una volta i critici, Il Cacciatore mostra che la guerra deforma tutto, non solo i corpi. È una macchina grottesca. E l’uomo, alla fine, si rifiuta di sparare. Vince la bellezza del cervo, vince anche un silenzio di cose che non si possono più dire.

Ed effettivamente, osservata da quest’angolazione, la tragica avventura dei tre operai americani di origine russa si carica di altri significati, che vanno oltre la ‘sporca guerra’ nel Vietnam.

Prendete, ad esempio, la mitologia, tipicamente americana, del ‘one shot’; all’inizio del film Michael “Mike” Vronsky (Robert De Niro), quando va in montagna con gli amici (Christopher Walken, John Cazale, John Savage, Chuck Aspegren) a caccia di cervi, sembra un cowboy della vecchia frontiera. Uccide, è vero, osservando però le regole di rispetto per l’avversario, di economia e di realtà. In Vietnam, invece, userà il lanciafiamme per sterminare il nemico, una tecnica mostruosa, impensabile per lui fino a qualche mese prima. Qualcosa di terribile gli è scattata dentro.

il cacciatore film walken 1978Lo sappiamo, un film — soprattutto se così scioccante — va visto sempre nel suo insieme, per il ‘messaggio’ che suggerisce globalmente; ma forse, tacciandolo solo come la rivalsa dell’America conservatrice e perbenista sull’America dei campus universitari e delle proteste di fronte alta Casa Bianca, si rinunciò a cogliere l’autentica novità de Il Cacciatore.

Che potrebbe essere questa: è vero, Michael Cimino, esibendo una buona dose di furbizia ed evitando le implicazioni filosofiche alla Apocalypse Now, concede molto, anzi troppo, all’America “dei nostri figli che hanno tanto sofferto laggiù nel Vietnam”, ma contemporaneamente costringe il pubblico (anche quello di destra) a digerire il vecchio glorioso duello western rovesciato di segno e di senso.

Insomma, forse è proprio vero quello che scrisse all’epoca Beniamino Placido:

Quando i due amici americani si confrontano a Saigon nell’ultima roulette russa, le pistole non sono puntate contro l’avversario, ma ciascuna contro la testa di chi spara. Il che vuol dire: sparare — ai cervi, agli uomini, alle facce rosse o a quelle gialle — è sempre sparare a se stessi.

Di seguito trovate la durissima scena della roulette russa di Il Cacciatore: