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Titolo originale: Jurassic World: Fallen Kingdom , uscita: 06-06-2018. Budget: $170,000,000. Regista: J. A. Bayona.

Riflessione | Jurassic World – Il Regno Distrutto, ovvero quando lo script è un mix disincantato di omaggi, riciclaggi e buchi

10/06/2018 news di Martina Morini

Cerchiamo di capire perchè il film con Chris Pratt e Bryce Dallas Howard diretto da J. A. Bayona è soltanto un coacervo di cose già viste e di momenti WTF

Jurassic World – Il Regno Distrutto bryce dallas howard

Avete presente quella sensazione di déjà-vu che si prova ormai troppo spesso quando si va al cinema a vedere un film, specie se è l’ennesimo capitolo di una qualche fortunata saga? La sottile linea di confine tra citazione e scopiazzatura bella e buona è molto labile a volte … Soffermandoci nello specifico su Jurassic World – Il Regno Distrutto (la nostra recensione) dello spagnolo Juan Antonio Bayona (The ImpossibleThe Orphanage), il produttore e sceneggiatore Colin Trevorrow, all’uscita del primo filmato promozionale alcuni mesi fa, aveva messo subito le mani avanti dichiarando: “Sembra simile a Il Mondo Perduto, perché anche qui si torna su un’isola con la nebbia e spaventosa dove ci sono i dinosauri sopravvissuti, ma in realtà prende un’altra direzione che nessuno si aspetta, il vero cuore del film è un altro e di certo non quello che si vede nei trailer“. Forse noi abbiamo visto un altro film, oppure pensava che nessuno si ricordasse dei primi due Jurassic Park

Sarebbe cosa buona e giusta fare chiarezza sul perché invece, a guardarlo bene, tutto questo cambio di rotta non c’è affatto, ma piuttosto siamo di fronte al riciclaggio stanco di idee travestite da ‘omaggi’ che celano malamente solo pigrizia e totale assenza di originalità. Ancora più sorprendente se si pensa che lo stesso Steven Spielberg ha avuto il final cut – quindi l’ultima parola – sul montaggio finale. La trama di Jurassic World – Il Regno Distrutto pesca infatti a piene mani in particolare dal secondo film della saga, diretto proprio da Spielberg nel 1997. Owen (Chris Pratt), così come pure il Dott.

Ian Malcolm (Jeff Goldblum) allora, è riluttante a tornare nel parco e lo fa solo per proteggere la fidanzata, qui Claire (Bryce Dallas Howard) là Sarah (Julianne Moore), che si fanno abbindolare da una presunta missione di salvataggio dei dinosauri, copertura per il reale contrabbando dei rettili ideato ora dal leccapiedi di Benjamin Lockwood (James Cromwell), tale Eli Mills (Rafe Spall), che è perfetto corrispettivo del Peter Ludlow (Arliss Howard) di 20 anni fa.

La scena del T-Rex a San Diego che spia il bambino dalla finestra è poi molto simile a quella del terribile Indoraptor che cerca di entrare nella cameretta della piccola Maisie Lockwood (Isabella Sermon). Per non parlare delle scene precedenti relative alla cattura dei dinosauri e del loro trasporto sulle navi cargo, dopo la sedazione di rito (per stavolta teniamo fuori dall’equazione King Kong).

E quanto è plausibile il trasporto di esseri mastodontici dal Costa Rica agli Stati Uniti senza dare per niente nell’occhio, come fossero messicani clandestini nascosti nei camion e soprattutto nel giro di una sola nottata? Non si spiega poi come il Tirannosauro, una volta mezzo sveglio, non riesca a distruggere la gabbia dentro cui è rinchiuso, peraltro senza ‘museruola’, solo per agevolare le simpatiche acrobazie tra le sue fauci del fortunato Owen, che ne esce naturalmente senza pantaloni bagnati.

Ok Ok, fa fatica a muoversi negli spazi stretti, va bene. Ma sono davvero tanti i momenti molto simili. E la colpa è sempre dell’avidità dell’uomo per l’incasso sulla pellaccia estinta dei dinosauri … No, non ci riferiamo ai produttori cinematografici che ormai pensano di attirare il grande pubblico semplicemente buttando sullo schermo gli esseri preistorici sperando basti a sviare l’attenzione del pubblico dalle incongruenze del film, ma alla compravendita degli animali da parte dei bracconieri e degli abbienti – e ovviamente loschissimi – compratori di un’asta, segretissima che manco i ritrovi dei Corleone con le altre famiglie mafiose.

Ci si sarebbe aspettati qualcosina di più originale dopo la già evidente carenza di idee del primo Jurassic World. Jurassic Park – che celebra i 25 anni – resta ancora oggi un capolavoro insuperato, capace di adattare al meglio l’idea dell’omonimo romanzo di Michael Crichton del 1977. Jurassic World dal canto suo sembrava proprio la sua ripetizione pedissequa, creata ad hoc per un pubblico di ragazzini che 20 anni fa non erano ancora nati e che non si sono preoccupati di vedere qualche classico nel frattempo.

Il quarto capitolo del 2015 per sequenze e trama è praticamente identico infatti a Jurassic Park, dall’entrata nel parco con l’iconico altissimo portone, al triceratopo malato che là diventava un brontosauro ferito, passando per il T-Rex che attaccava i bambini nella jeep prima e nella Girosfera poi, dal malfunzionamento nella chiusura delle recinzioni per finire con l’inseguimento tra T-Rex e un personaggio con una torcia in mano.

Un sacco di ‘omaggi’ vero? Jurassic Park III di Joe Johnston dal canto suo aveva gettato le basi già nel lontano 2001 per una focalizzazione sui Velociraptor, protagonisti non a caso di Jurassic World e aveva introdotto anche gli Pteranodonti, con le scene della voliera e le creature in volo riprese ossequiosamente nella pellicola del 2015.

Il meccanismo narrativo inoltre è reiterativo (ok, chiamiamolo ‘marchio di fabbrica della saga di Jurassic’): “Ti ricordi la prima volta che hai visto un dinosauro?“. Si inizia con i teneri erbivori, i brontosauri che pascolano felici, i triceratopi che giocano e tante altre specie che si rincorrono spensierate in grandi spazi verdi. Iniziano poi a vedersi alcuni carnivori, per poi degenerare verso la metà negli scontri diretti tra rettili mastodontici: Spinosauro contro T-Rex in JP3, T-Rex contro Indomitus in JW coadiuvato dai Velociraptor e T-Rex contro Indoraptor e Blue in JW2.

I Velociraptor, essendo i predatori perfetti per organizzazione venatoria, hanno sempre avuto il loro momento di gloria a parte: nel primo JP in cucina con i due ragazzini, in JW tra l’erba alta alleati con l’Indomitus e in Il Regno Distrutto con Blue che salva la situazione all’ultimo, da vera protagonista morale della vicenda.

Gli  omaggi genuini (o almeno ai limiti del consentito) ai primi tre film della saga che possono considerarsi tali sono pochi: citiamo la povera capretta in pasto al T-Rex in JW2 e la presenza di Jeff Goldblum, che giustamente fa la Cassandra della situazione dichiarandosi favorevole all’estinzione dei dinosauri. Si può cogliere un rimando anche tra l’involucro contenente gli embrioni trafugati dal pacioccoso Dannis Nedry (Wayne Knight), divorato poi dopo gli sputazzi dall’amichevole Dilophosaurus di quartiere nel 1993 e la capsula contenente il midollo dell’Indomitus che Eli Mills cerca di portare in salvo alla fine di JW2. Entrambe le situazioni finiscono con un’immersione nel fango. La scena dopo i titoli di coda di JW2, prima volta nella saga, lascia invece presagire la piega che prenderà il terzo episodio, che verrà diretto nuovamente da Colin Trevorrow.

Quello che è chiaro e sembra essere il leitmotiv della nuova trilogia è che la vita (dei rettiloni) trova sempre un modo per andare avanti. La vera evoluzione sarà la surreale convivenza tra esseri preistorici e l’uomo moderno … Dopotutto – a essere ottimisti – soltanto un centinaio di esemplari, peraltro quasi tutti di specie diversa (e quindi senza possibilità di procreare), tra cui la preistorica balenottera azzurra, il Mosasauro, sono sopravvissuti e sono ora liberi di integrarsi (?) nella nostra società. Ma molto dipenderà dalle ONG.

L’espediente trovato per la continuazione è l’apoteosi della carenza di sceneggiatura. Emblematica la scena finale di Jurassic World – Il Regno Distrutto, in cui Claire deve decidere se premere il fatidico bottone rosso e lasciare i rettiloni liberi (di sterminare la California …) o lasciarli al contrario morire insieme al franchising in un atto di eutanasia coerente per il bene comune.

Invece no, interviene la pseudo nipotina clone di Lockwood a prendersi la responsabilità di eseguire lo sconsiderato atto d’amore, perché anche lei frutto dell’ingegneria genetica e quindi per osmosi molto empatica con le creature. Invece di spaccarla di mazzate, i due protagonisti guardano verso l’orizzonte languidi, con il copione del prossimo capitolo in una mano e un bel mucchio di dollari nell’altra.

Si spera fino all’ultimo che la ragazzina abbia davvero qualche gene di dinosauro e che si trasformi in stile Velocipastor facendo una strage – che naturalmente sarebbe stata prontamente censurata dalla Universal nella versione per il cinema (rimandiamo al nostro approfondimento sulle scene tagliate di JW2) – prima di saltare in groppa al T-Rex come Udo Kier / Hitler in Iron Sky The Coming Race e andare a conquistare il mondo, salvo trovarsi presto a un bivio se iniziare la nuova saga de Il Pianeta dei Dinosauri o quella di Dino-Riders.

Non vi preoccupate, una volta liberati, non si estingueranno, perché qualcuno sarà sicuramente riuscito a trafugare campioni di DNA o magari risalterà fuori pure la vecchia storia dell’ermafroditismo degli esemplari … La formula vincente pare sia proprio questa per rincorrere il record di incassi di Avatar, ri-editare i filamenti di acido deossiribonucleico dei grandi classici ibridandoli con la più moderna CGI, creando però cloni senza un’anima.

Se si accantona la trama, perché siamo sempre noi i bacchettoni infondo, cosa potrebbe allora rendere interessante Jurassic World – Il Regno Distrutto? La sceneggiatura, forse. Si ritorna a Isla Nublar per obblighi di copione, sorvolando sulle leggi della fisica e atterrando rovinosamente su situazioni già viste, per poi precipitare in vuoti di copione che fanno rimpiangere perfino gli script oltre la sfera dell’incredibile firmati da David Benioff e B. D. Weiss dell’ultima stagione di Il Trono di Spade.

Il Costa Rica evidentemente si trova nel magico regno quantico di Ant-Man: per il brontosauro le dimensioni non contano, passa dai circa 22 metri allo stato brado alla comoda versione portatile che entra in una cella di circa 5×3 metri.

Stessa sorte tocca ai suoi cugini, che vengono allegramente tutti stipati nella cantina di villa Lockwood, che ricordiamo abita nella Downton Abby del nord California (ma con una sola serva, la povera Geraldine Chaplin …). E la coerenza viene incenerita in un attimo, come il povero brontosauro lasciato a sé stesso sul molo dell’isola che sta sprofondando negli abissi. Anche il nostro amato Raptor instructor Owen (si, abbiamo esaurito i facepalm nel primo episodio quando corre in moto circondato dagli amici Velociraptor …) riesce a spernacchiare tutti i pompeiani troppo lenti non venendo carbonizzato all’istante dalle polveri incandescenti che sappiamo sfiorano i 600° all’ombra, ma lui da bravo protagonista evita agilmente la colata lavica grazie a un provvidenziale e indistruttibile tronco d’albero.

Un pensiero agli sfortunati abitanti del Guatemala e delle Hawaii – zone prive di alberi a quanto pare – per il perfect timing dell’uscita del film e pure a Pierce Brosnan, che ha senz’altro alzato un sopracciglio non capendo a questo punto il flop del suo Dante’s Peak. Il nostro eroe ignifugo si fa però anche un bel bagno in apnea da far invidia a Enzo Maiorca per salvare la pseudo fidanzata e il ragazzetto fifone intrappolati nella Girosfera, evitando rocce, zampilli di lava e l’embolia polmonare del ritorno in superficie. Ma Chris Pratt con la maglietta bagnata è sempre bello da vedere (la Howard no invece, perché appena riemerge è già asciutta e con la messa in piega della frangetta rossa perfetta).

Ancora una volta è curiosa anche la velocità dei carnivori principali: epica la scena del primo Jurassic World dell’inseguimento tra il T-Rex e Claire. Si sa che il Tirannosauro viene inibito dalla vista dei tacchi e che per questo motivo, nonostante i suoi potenziali 27 km/h lanciato, non può proprio raggiungere una donna che corre agile come un tedoforo.

In JW2 abbiamo il terribile ibrido Indoraptor, una macchina perfetta progettata per uccidere a comando, con un olfatto che capta le prede a miglia di distanza, ma incapace di fiutare i protagonisti dentro il salone della casa/museo e capace di inciampare goffamente se deve inseguire una bambina, ma soprattutto quando, questa è ferma terrorizzata nel lettuccio lui si avvicina quatto quatto alla Freddy Krueger invece di avventarcisi sopra e squartarla.

Che la riconosca come sua ‘simile’ e quindi tentenni? Per non parlare dell’espressione da Baby Birba del suddetto prodigio della genetica quando finge di essere sedato per trucidare l’espertissimo cacciatore – accreditato come ‘il demente’ su IMDB – che entra nella sua gabbia con l’unico obiettivo di mandare avanti il film (e la sua morte con arto strappato manco la vediamo perchè censurata nella versione italiana). Meraviglioso anche il Pachycephalosaurus, imparentato con Zinedine Zidane per la precisione delle testate, che risponde al fischio come un pastore tedesco e riesce nell’impresa di sfondare le gabbie a differenza dei suoi simili ben più grossi, che tuttavia rimangono mansueti perchè in fondo le cantine polverose e umidicce gli piacciono.

“Ma dai, stai davvero cercando il pelo nell’uovo in un film fanta-preistorico???” Ok ok, allora perché Jurassic World – Il Regno Distrutto dovrebbe non farmi rimpiangere i soldi del biglietto? Ma per le imponenti scene d’azione, ovvio! Certo gli effetti speciali sono spettacolari, aiuta molto il budget di circa 170 milioni dollari e anche le scenografie e la fotografia sono eccezionali.

Ma allora rendile perlomeno credibili queste scene concitate compresse in quelle che dovrebbero essere circa 48 ore (già …)! Perché bisogna aspettare l’ultimo giorno disponibile in calendario – con tre anni di tempo a disposizione – e che la lava inghiotta completamente l’isola per portare via un tot di esemplari per specie in un’operazione lampo di cui sarebbe fiero il Russell Crowe di Noah?

Ormai i blockbuster hollywoodiani sono concepiti come i puzzle, adatti a un pubblico dai 3 ai 99 anni. Stando alle dichiarazioni del regista Juan Antonio Bayona, questo quinto capitolo sarebbe “più fiaba e meno racconto morale dei precedenti“, ma sempre a guardarlo bene gira ancora una volta sul solito pippotto etico dell’uomo che gioca sconsideratamente a fare Dio, con un pizzico di animalismo moderno tipico degli attivisti che liberano i 38.000 visoni di Eden Valley solo per condannarli a morire nella natura visto che hanno sempre vissuto in cattività e non hanno idea di come si stia fuori …

L’aspetto più irritante di questa disperata ricerca di originalità è l’empatia di Blue, il Velociraptor cresciuto da Owen. Si fa accarezzare come un bernese, soffocando i suoi istinti di predatore vecchi di milioni di anni perché ha avuto una specie di imprinting sul suo allevatore. Potremmo anche accettare tutto questo, almeno fino a che il Velociraptor non attacca a piangere, letteralmente, come Paolo Brosio a cui appare la Madonna di Medjugorje. Probabilmente aveva letto da poco la sceneggiatura. Il dinosauro empatico non si può proprio tollerare.

Tra l’altro, la cosa buffa è che, in pratica, Jurassic World – Il Regno Distrutto scaturisce dall’invio di Pratt e soci su Isola Nublar per recuperare Blue proprio per le sue caratteristiche uniche, fondamentali per rendere più mansueti i futuri ibridi a differenza del fallace prototipo di Indoraptor e quindi l’idea è di catturarla assolutamente viva. Peccato che una volta accerchiata le sparino con un proiettile vero con una freddezza disarmante e la lascino – controvoglia e solo dopo aver insistito! – alle cure di una veterinaria paleontologa che sembra uscita da una band J-Pop.

Quest’ultima improvvisa addirittura una necessaria trasfusione per Blue morente gravemente ferita – che va tamponata ma che sanguina quanto un ginocchio sbucciato – con criteri rigorosamente scientifici secondo la dottoressa kawai: “Trovate un altro dinosauro carnivoro con tre artigli, mi raccomando, solo tre!” Non fa una piega. Non bastasse la crocerossina tatuata, abbiamo pure il geek informatico afroamericano, che sale a bordo solo per fare da debole e ben poco convinta linea comica.

Cosa ci potremmo aspettare quindi per il terzo capitolo di questa nuova trilogia? Sicuramente tanti effetti speciali, tanta azione ambientata forse a Las Vegas e magari i dinosauri che giocano alle slot machine. Ridateci la sitcom I dinosauri di Brian Henson dei primi anni ’90 … Ci si augura piuttosto che non salti fuori un ‘sito C’ in cui  stavano continuando a creare dinosauri come con Isla Sorna, allungando ulteriormente un brodo primordiale che può a questo punto solo andare verso l’involuzione. In alternativa, lo script di Jurassic Park III offre ancora qualche spunto originale per Colin Trevorrow e amici. E’ un po’ che non vediamo il Dott. Grant (Sam Neill) in fondo!

Di seguito il trailer italiano di Jurassic World – Il Regno Distrutto, nei nostri cinema dal 7 giugno: