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Voto: 7.5/10 Titolo originale: Labyrinth , uscita: 27-06-1986. Budget: $25,000,000. Regista: Jim Henson.

Dossier | Labyrinth – Dove tutto è possibile di Jim Henson: nei bizzarri dedali della nostalgia

20/05/2020 recensione film di William Maga

Nel 1986, David Bowie e Jennifer Connelly erano i protagonisti di un coming-of-age ispirato da alcune delle più note favole della storia, cui veniva aggiunto un elemento weird fantastica insolito

labyrinth film 1986

“Se diciamo Labyrinth, che cosa vi viene in mente?”. Il comico britannico Robin Ince una volta ha detto che è impossibile per le persone sotto i 40 anni provare nostalgia. Il significato profondo di tale sentimento implicava, secondo lui, una fitta allo stomaco, un pugno nello sterno, il desiderio disperato di tornare alla casa in cui si è cresciuti, della giovinezza e a una vita che non esiste più. Tale nostalgia è ciò che si prova quando ci si affaccia all’inevitabile processo di invecchiamento e si inizia a prendere coscienza della mortalità. In quell’esatto momento, ci si rende conto di ciò che si aveva e si è perso per sempre e lo si rivuole indietro, disperatamente.

Coloro che ancora non hanno compiuto quarant’anni, non esperiscono quindi ancora quel distacco netto dalla loro giovinezza che costituisce la vera origine della nostalgia, almeno a quanto Ince sostiene. Quando la provano, o pensano di farlo, secondo il comico, in realtà si limitano a tornare indietro con la memoria e ricordano ciò che hanno amato.

Qualcuno certo potrebbe dissentire, ma si tratta di una prospettiva interessante. Indubbiamente, potrebbe costituire il punto di partenza di una lunga chiacchierata davanti a una birra con gli amici, anche se la chiusura del Burghy in San Babila a Milano non genera certo nella gran parte dei lettori particolare scoramento. Né ricordiamo con particolarmente affetto i tempi in cui si portavano il bomber o il chiodo, oppure le feste di compleanno con i compagni di scuola a base di grassi idrogenati. Sono solo bei ricordi.

Eppure c’è un film che, a distanza di oltre 30 anni dall’uscita nei cinema, tutti quelli che sono stati bambini negli ’80 ricordano sicuramente con grandissimo affetto: Labyrinth – Dove tutto è possibile. Potremmo definire quello diretto da Jim Henson nel 1986 come la madeleine proustiana capace di proiettare indietro alla propria infanzia felice un’intera generazione in cerca di nostalgia.

Ti ho portato un regalo

Labyrinth non sarebbe stato lo stesso senza il suo memorabile villain, che da solo è rimasto impresso in maniera indelebile nella memoria di tanti. Stiamo parlando ovviamente dell’affascinante, diafano e a tratti inquietante Jareth, il re di Goblin, incarnato dal cantante David Bowie. Ad essere onesti, potrebbero esser stati i leggings che indossava a lasciare il segno più profondo negli spettatori, ma ci soffermeremo su tale curioso dettaglio più avanti.

labyrinth dove tutto è possibile filmIntanto, ci preme sottolineare che David Bowie non sia stato sin da principio il primo nome in lizza per il ruolo. Come per tutti i casting ben riusciti, però, ora è impossibile immaginare il film senza di lui. Tra le varie alternative, vennero presi in considerazione anche Sting e – fatto ancor più interessante – Michael Jackson. Tuttavia, se la scelta fosse ricaduta su quest’ultimo, e la controversa star avesse incarnato un cattivo che rapisce una ragazzina con intenti non proprio cristallini e il fratellino minore per rinchiuderlo nel suo castello, probabilmente avremmo guardato a Labyrinth con occhi ben diversi ora e il risultato finale sarebbe stato ben più controverso.

Ad ogni modo, tutto bene ciò che finisce bene e la parte finì al ‘dica bianco.’ Fatto curioso, David Robert Jones rivelò anni ciò che aveva giocato un ruolo determinante nella scelta di firmare il contratto, ovvero il suo smodato amore per Dark Crystal (la nostra recensione), lungometraggio fantasy firmato sempre da Jim Henson con Frank Oz. Tuttavia, preferiamo immaginare che, ancora relativamente fresco dagli eccessi degli anni Settanta, il suo manager lo abbia semplicemente condotto il primo giorno sul set vestito di quell’eccentrica tenuta e che lui non si sia nemmeno accorto delle differenze con uno dei suoi soliti videoclip o party per cui era divenuto celebre. “Un castello, un mucchio di gnomi, il rapimento di un ragazzino? Mmm, dev’essere martedì …”.

A questo punto è il caso di tornare su un elemento fondamentale di Labyrinth, il costume che caratterizza Jareth. Il re di Goblin, nella sua prima apparizione nella camera di Sarah (Jennifer Connelly) sfoggia infatti un’eccentrica mise composta da un mantello nero con ampio collo con tanto di guanti di pelle dello stesso colore e una tuta a pezzo unico piuttosto aderente. A ciò si aggiunge il tocco finale, una capigliatura glam rock e ciglia estremamente appuntite. Nel corso del film, poi, il ‘livello’ rimane all’altezza: vediamo infatti David Bowie girare con camicie dalle voluminose balze, pantaloni estremamente attillati che poco lasciano all’immaginazione delle spettatrici e perfino una giacca purpurea dal taglio Regency per l’elegante ballo in maschera.

Labyrinth - Dove tutto è possibile - David Bowie - Jennifer ConnellyMa, proprio come i curiosi pantaloni dell’uomo, a nessuno è probabilmente sfuggita la natura problematica della relazione di Jareth con la ben più giovane Sarah. Dal momento che non abbiamo familiarità con gli usi e costumi vigenti nella città di Goblin, forse per loro tutto ciò era ‘normale’. Eppure, non possiamo non rimanere quantomeno perplessi dal fatto che il villain, vicino ai 40 anni cerchi di irretire una 14enne, alla quale fa indubbiamente la corte. Ingenuità (?) di un’altra era cinematografica, in cui la malizia non era ancora di moda.

Mi ricordi il bambino

Quando Sarah incontra Jareth per la prima volta, lo stregone esegue qualche trucco di magia poco ispirato e giocherella con una sfera di cristallo. In molti potrebbero giudicarlo un modo senz’altro peculiare per iniziare a corteggiare una ragazza. Poco dopo, il re dei Goblin rivela all’eroina dove si trova il fratellino e le dà tredici ore per arrivare nel cuore del suo labirinto, quindi trascorre il resto del tempo a sabotare i di lei progressi o a distrarla dalla missione. Così, quando il cattivo non sta spiando Sarah con le sembianze di una civetta ‘pervertita’, non le sta offrendo pesche drogate (qualcuno ha detto Rohypnol?) o rapendo un suo consanguineo, canta vivaci canzoni pop autobiografiche in stile Glee, soltanto per un pubblico di pupazzi. Bizzarrie della favole dark.

Se una parte razionale del cervello ci sussurra che le canzoni di Labyrinth non sono particolarmente belle, il nostro lato infantile e nostalgico urla a gran voce: “Capolavoro!”. Sfidiamo chiunque abbia una qualche connessione emotiva con questo film a non sorridere involontariamente quando sento l’alternarsi di allegri suoni sintentici che scampanellano, tamburi, contrabbasso e la voce canticchiante di David Bowie, che danno il la a una delle tante melodie presenti. Se, però, decidiamo di soffermarci sui testi, si presenta qualche problema in più. La storica Magic Dance, per esempio, offre alcuni consigli genitoriali alquanto discutibili, come il ricorrere a scappellotti per rendere ‘liberi’ i propri pargoli. Inside You, d’altra parte, sembra un inno a una relazione sadomaso, mentre  l’allegra Underground ha più di un passaggio ambiguo, su tutti quello che fa riferimento alla “love injection”.

Labyrinth - Dove tutto è possibile - pupazziPenso di esser diventata più intelligente

Canzoni a parte, torniamo sul personaggio di Sarah. Come molti giovani protagonisti dei film fantasy anni ’80, anche lei è fondamentalmente un’inguaribile romantica, che preferisce libri, le storie di fantasia e viaggiare con la propria immaginazione invece che affrontare il mondo reale. Infatti, la filmografia fantastica destinata ai più piccoli in quella fase mirava stimolare la creatività degli spettatori in età scolare, mostrando loro coetanei che si scontravano con gli adulti per difendere appunto il diritto di usare liberamente la loro immaginazione.

In ciò, Sarah è molto simile al Bastian di La storia infinita di Wolfgang Petersen (il nostro dossier) o alla Dorothy di Nel fantastico mondo di Oz di Walter Murch (la nostra recensione). Tutti e tre i protagonisti sono infatti orfani di madre (Dorothy ha perso ambedue i genitori ed è affidata agli zii), fanno fatica a socializzare con i loro coetanei e sfuggono alla realtà viaggiando con la mente in universi inventati. Sono insomma dei ragazzi un po’ problematici. Sarà colpa dei genitori (di norma i padri) poco comprensivi e attenti, o forse dell’allora presidente USA Ronald Regan, chissà …

Per ciò che concerne nello specifico Sarah, all’inizio di Labyrinth la vediamo pronunciare solennemente formule magiche in un campo, quando si ricorda di dover tornare a casa. Sulla soglia l’accoglie la ‘matrigna’, che le urla dietro arrabbiata perché deve occuparsi del fratellino, cosicché lei e il padre della ragazza possano uscire (come tutti i sabati sera). Il film si apre quindi come un racconto di formazione in cui una eroina in età adolescenziale si sente sola, abbandonata e senza una figura genitoriale che la sostenga.

E la sua avventura nel labirinto non è diversa. Si trova a fronteggiare scelte d’ogni tipo di continuo, andare a sinistra o destra, su o giù e così via, ma non le viene fornita alcuna informazione che l’assista nel percorso. Scopre quindi un’amara verità; giustizia e sincerità raramente hanno la meglio; anzi, non si può sempre fare affidamento quasi mai su ciò che si ha davanti agli occhi.

Labyrinth - Dove tutto è possibile - Jennifer Connelly 2Il cammino di Sarah verso l’età adulta è accidentato e passa attraverso un mondo stregato, in cui non si applica la logica e nulla è come sembra. Il labirinto, d’altronde, si rivela un luogo incredibilmente burocratizzato, una sorta di videogioco del tipo ‘avventura testuale’ in live-action in cui, per poter ottenere informazioni utili, è necessario prima porre esattamente le domande giuste.

Durante la sua permanenza all’interno, Sarah viene drogata e riesce a superare non una, ma ben due allucinazioni indotte da sostanze sintetiche (le sopra citate pesche …). Riesce a estorcere i fondamenti della ‘logica’ del luogo da un manipolo di giullari vestiti in modo ovviamente bizzarro e scopre che è assai più probabile che tali potenziali aiutanti inizino a discutere con i loro cappelli piuttosto che fornirle indicazioni utili.

Ho sovvertito l’ordine del tempo, ho messo sottosopra il mondo intero e tutto questo l’ho fatto per te.. non ti sembra abbastanza generoso?

Non tergiversiamo, nulla della trama di Labyrinth è particolarmente originale, né ha alcuna pretesa di esserlo. Il film di Jim Henson non cerca affatto di celare le proprie fonti d’ispirazione. Al contrario, in un’inquadratura errante all’inizio ci vengono mostrati apertamente quelli che sono i suoi modelli, tutti messi in bella mostra sotto forma dei rispettivi libri nella cameretta di Sarah. La protagonista è allora Alice nel paese delle meraviglie, è Biancaneve, è Max di Nel paese dei mostri selvaggi, ma – soprattutto – è la Dorothy di Il mago di Oz.

All’opposto, come Labyrinth mette in mostra le proprie radici creative con stile, è difficile fare una lista completa di tutto ciò che ha influenzato a sua volta negli anni seguenti all’uscita nei cinema. Tra i molti, citiamo che verso la fine della prima stagione nei panni del Dottore di Matt Smith nella popolare Doctor Who, vediamo un mondo creato da oggetti trovati nella camera da letto di una ragazza. Un’idea che potrebbe tranquillamente esser stata ispirata proprio dall’incipit del classico di Jim Henson. Inoltre, Duncan Jones (il figlio di David Bowie) ha ammesso di essere stato sul set di Labyrinth da bambino e che quell’esperienza ha scatenato in lui la passione per il cinema. Di conseguenza, senza il film del 1986, probabilmente non avrebbe mai girato Moon (il nostro approfondimento sul film del 2009).

Labyrinth - Dove tutto è possibile - pupazzi 2Se i dettagli da coming-of-age fanta-horror non è del tutto inedita, ciò che è certamente sia originali che profondamente meravigliosi sono il concept design di Brian Froud, la sceneggiatura di Terry Jones e la magia fatta di pupazzi e marionette orchestrata da Jim Henson e dal suo team. Uno dossier intero non sarebbe sufficiente a esplorare in maniera esaustiva i mille aspetti meravigliosi celati in Labyrinth.

Costato circa 25 milioni di dollari (ne incassò appena 12,5 negli Stati Uniti …) è un’opera dalla qualità artistica innegabile, che ci proietta in un universo labirintico, escheriano (l’artista è apertamente citato nelle scenografie che riprendono le sue architetture ‘impossibili’), popolato di creature magiche e singolari (su tutte, memorabili sono Gogol e il peloso Bubo), i cui movimenti buffi e bizzarri ci riportano subito allo stile degli adorabili Muppets. Allo stesso tempo, lo script resta intrigante, con un tocco di malizia a insaporire il tutto.

Inoltre, sebbene alcuni potrebbero essere portati a deridere la civetta ‘guardona’ in CGI che vediamo sui titoli di testa, dobbiamo ricordarci che eravamo nel 1986, ai primordi della computer grafica, quando la pionieristica Jim Henson Company e la Lucasfilm cercavano di farsi strada sperimentando di continuo nuove soluzioni

Non so perché ma di tanto in tanto nella mia vita, per nessuna ragione apparente, io sento il bisogno di tutti voi

Alla luce di quanto scritto, risulta difficile crescere che chi è nato negli anni ’90 – o, peggio, i 2000 – potrà mai provare per i titoli della sua infanzia quello che i quarantenni provano per Labyrinth. Forse è arroganza, ma c’è davvero qualcuno che può paragonarlo come impatto a Mamma, ho perso l’aereo, il primo Jumanji o Pretty Princess?

Di seguito la scena in cui Sarah incontra Jareth di Labyrinth – Dove tutto è possibile:

Fonte: DofG