Voto: 5.5/10 Titolo originale: Eli , uscita: 18-10-2019. Regista: Ciarán Foy.
Eli (2019): la recensione del film horror di Ciarán Foy con Kelly Reilly (per Netflix)
19/10/2019 recensione film Eli di William Maga
Il regista di Sinister 2 si sposta sulla piattaforma di streaming, ma il risultato è un prodotto pieno di cliché e svogliato, salvato solo in parte da un finale inaspettato
Per preparare al meglio i suoi abbonati all’arrivo della notte di Halloween, nel corso delle ultime settimane Netflix ha messo a catalogo svariati film horror (inediti come Nell’erba alta, Wounds e Influenze Maligne o già noti The Witch e La Cura dal Benessere). Tra gli ultimi arrivati c’è ora Eli, al cui centro c’è un ragazzino (Eli appunto) che soffre di un terribile e rarissimo disturbo autoimmune che non gli consente di vivere al di fuori di zone perfettamente sterili, pena atroci sofferenze fisiche.
Quando sua madre (Kelly Reilly) e suo padre (Max Martini) però scoprono un luogo remoto dove Eli potrebbe essere finalmente curato a dovere, la famiglia si trasferisce subito lì e la dottoressa Isabella Horn (Lili Taylor) li rassicura sull’affidabilità di quell’ambiente latamente sinistro per il giovane. Tuttavia, Eli comincia presto a percepire delle presenze che cercano di comunicare – più o meno minacciosamente – con lui, sospettando che la struttura nasconda terribili segreti.
Diretto da Ciaràn Foy, le premesse di Eli, sono, come abbiamo imparato ormai da tempo ad aspettarci per ogni opera che finisce dritta sulla piattaforma streaming anziché nei cinema, ambigue. Considerato tuttavia che il piatto delle bilancia pende decisamente verso il basso in quanto a qualità media delle proposte, non si sbaglia ad iniziare la visione senza grandi aspettative.
In più, non va dimenticato che qui abbiamo un regista che dopo il buon Citadel (2012) ha realizzato il tremendo Sinister 2 (2015) e poi è finito in TV col modesto The Wilding (2016) prima di essere parcheggiato ai box per tre anni. Non dei grandi presupposti. Ma la possibilità di redenzione non si nega a nessuno, giusto?
Ebbene, il prologo, che di solito in un film dell’orrore dovrebbe fungere da eccitante momento in grado di settare il tono di quello che andremo poi a vedere, in Eli è solamente una sequenza onirica sciocca e sostanzialmente inutile, cui si aggiunge un atto di bullismo esagerato, completamente irrealistico, di cui è vittima il personaggio del titolo.
Questa dipendenza eccessiva dagli arciabusati cliché del genere non fa che aumentare man mano che il film procede: scialbi e prevedibilissimi jumpscare si verificano quando più te lo aspetti e, oltretutto, hanno il solo compito di risvegliare gli spettatori assopiti intanto che letteralmente nulla di interessante sta accadendo sia visivamente che nella storia. Anche la colonna sonora, che sembra essere stata interamente presa da un catalogo di musiche in stock, è assolutamente manipolativa in tal senso, suggerendo emozioni che altrimenti non proveremmo minimamente, poiché i protagonisti non possono veicolarle. L’ambientazione stessa (un ospedale misterioso / casa stregata) funge come la location più ovvia per questo tipo di film.
Talvolta, personaggi interessanti riescono ugualmente a salvare pellicole poco ispirate, grazie a una scrittura intrigante. Sfortunatamente, non è il caso di Eli. Semplicemente perché non ci sono personaggi. Tutti nel film sono infatti un archetipo / simulacro di ciò che tali figure dovrebbero essere: la mamma apprensiva e dispiaciuta per la situazione di suo figlio, il papà duro e virile, la dottoressa losca, e così via.
Così, gli attori non hanno nulla con cui lavorare. Sia Kelly Reilly (Eden Lake) che Lili Taylor (Haunting – Presenze) hanno senz’altro dimostrato in passato di avere talento per l’horror, ma qui le loro prove (come quelle di tutti gli altri …) sono ai minimi storici, molto probabilmente a causa di una direzione ben poco adeguata da parte di Ciarán Foy.
E questo è un problema particolarmente scottante quando il tuo personaggio principale (in questo caso Eli, interpretato da Charlie Shotwell, 10 anni) resta antipatico e fastidioso dall’inizio alla fine. Fortunatamente, le apparizioni sporadiche della rossa Sadie Sink (la Max di Stranger Things) sono una sorta di boccata d’aria fresca alla visione: la ragazza porta con sé una ventata di personalità in un quadro desolante di blandi stereotipi sottotono.
La pigrizia dei ben tre sceneggiatori – David Chirchirillo, Ian Goldberg e Richard Naing – è davvero il problema più grande. Se il tuo film è quasi interamente solo la copia carbone di altri titoli horror soprannaturali già mediocri e scadenti, e per questo scontato e ignavo, come puoi aspettarti che il pubblico non si annoi fino alle lacrime?
Provando a trovare del buono in Eli, il principale aspetto positivo sono gli ultimi 20 minuti (se ci si arriva …), che sovvertono completamente le aspettative in un modo che riesce a essere in qualche modo originale, o almeno divertente e visivamente accattivante. In più, a questo punto viene aggiunto anche un po’ di sangue e, anche se gli effetti speciali non sono proprio convincenti, è abbastanza rincuorante vedere sullo schermo un po’ di sana violenza adeguata in quello che altrimenti sarebbe stato un altro semplice film PG-13 da notte horror estiva.
Va detto che i valori di produzione restano comunque elevati (dopotutto, la Paramount non è esattamente una compagnia indipendente …), ed emergono in particolare in due scene specifiche – una in un buio corridoio, l’altra in sala operatoria.
Quelli che – per qualche oscura ragione – hanno saputo apprezzare film come i recenti La Llorona – Le lacrime del Male, L’esorcismo di Hannah Grace o L’ultimo esorcismo del 2010 potrebbero finire per apprezzare anche Eli. Tutti gli altri, fatta salva la conclusione soddisfacente, non avranno invece molti motivi per schiacciare play.
Per chi volesse approfondire il significato del film, vi rimandiamo alla nostra analisi, con la spiegazione degli aspetti meno chiari.
Di seguito il trailer in versione italiana di Eli, nel catalogo di Netflix dal 18 ottobre:
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