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Voto: 6/10 Titolo originale: Gemini Man , uscita: 02-10-2019. Budget: $140,000,000. Regista: Ang Lee.

Gemini Man: la recensione del film di Ang Lee col doppio Will Smith

11/05/2020 recensione film di William Maga

Il regista cinese alza l'asticella del perfezionismo digitale girando un action sci-fi iperrealistico e immersivo, che abbaglia lo spettatore cercando di distoglierlo dalla pochezza della sceneggiatura

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Come da tempo ormai sappiamo, Will Smith è protagonista al fianco di se stesso (come recita anche il poster) in Gemini Man, film che segna una ‘deviazione’ non così scontata – almeno nella seconda parte di carriera – per Ang Lee, le cui ultime fatiche americane erano state I Segreti di Brokeback Mountain, Motel Woodstock e Vita di Pi. Seguendo le vicende di un tiratore scelto d’elite trascinato suo malgrado in una fuga / resa dei conti dal suo clone più giovane, questo avanguardistico lungometraggio girato in HFR 3D+ a 120 frame per secondo ha potuto contare sul contributo sia della Weta Digital di Peter Jackson che dell’esperienza del mago degli effetti speciali Douglas Trumbull (la nostra intervista esclusiva).

Tuttavia, il risultato finale è in fin dei conti deludente, inferiore alla somma dei talenti messi sul tavolo, per colpa di una sceneggiatura debole – e poco originale – e di un concept ambizioso, ma esilissimo, tenuti semplicemente insieme per 2 ore dalla magia di una nuova tecnologia.

gemini man film poster will smith 2019Al progetto si era in realtà cominciato a pensare già sul finire degli anni ’90, quando Gemini Man nacque come proprietà della Disney, con il compianto Tony Scott inizialmente scelto per dirigerlo e numerose grandi star del calibro di Harrison Ford, Mel GibsonClint Eastwood e Sean Connery associate al ruolo principale. Ora, dopo un certo numero di riscritture e battute d’arresto tecniche, il film ha infine preso il largo come veicolo per rilanciare la carriera nel fanta-action dell’attore 51enne di Filadelfia (ferma da una decina d’anni, se togliamo il trascurabile MIB 3).

Dunque, ne è valsa la pena rispolverare questa sceneggiatura dopo 20 anni? La risposta è complessa. Gemini Man è sicuramente un grande passo avanti per quanto riguarda la resa visiva (possibilmente in una sala cinematografica) di un lungometraggio, ma un passo indietro se si cerca un thriller sci-fi sofisticato e capace di tenere alto l’interesse per l’intera durata.

A prescindere da un certo numero di sequenze disegnate per immergere completamente – si potrebbe dire ‘portare sul set’ – lo spettatore nel pieno dell’azione, una sceneggiatura stereotipata, personaggi di repertorio e la povertà dei dialoghi non riescono a passare inosservati all’ombra dell’abbagliante tecnologia. La scarna premessa poi – mettiamo dei killer cazzuti alle calcagna di un pericolosissimo ex affiliato ora considerato un traditore – risuona oltremodo datata in un mondo che ha imparato da tempo ad amare anti-eroi come Jason Bourne, John Wick o il Jack Bauer della serie 24.

Come ricorderete, Will Smith ha raggiunto il picco di notorietà a inizio anni 2000, con blockbuster fortunatissimi come Bad BoysIndependence Day e Men In Black, tuttavia ultimamente ha soprattutto partecipato a drammi dal budget contenuto (si vedano Zona d’Ombra e Collateral Beauty), che hanno lasciato i critici freddi e il pubblico tiepido. E se ci aggiungiamo il mezzo passo falso di Bright (la recensione del film di David Ayer) è allora chiaro il perché ora abbia deciso di affidarsi nuovamente al produttore Jerry Bruckheimer per provare a tornare ai vecchi fasti con Gemini Man (e con l’imminente Bad Boys For Life).

Come detto, al di là degli iperbolici prodigi visivi, che vanno vicini ad azzerare il confine tra realtà e videogiochi tanto la ricostruzione del ‘giovane’ Will Smith è perfetta, il lungometraggio di Ang Lee – uno che non è certo nuovo alle sperimentazioni, anzi – non è nient’altro che una sequela di scenette scontate (dove spesso la sospensione dell’incredulità è d’obbligo), che spinge peraltro Will Smith pericolosamente dalle parti di quegli action-man di mezza età ormai appannaggio dei colleghi Liam Neeson e Nicolas Cage. Detto questo, gli incassi da capogiro del recente Aladdin (la nostra recensione) e prima di Suicide Squad (le 50 curiosità sul film) dimostrano ampiamente come la mediocrità intrinseca di un film non pregiudichi necessariamente il suo risultato al botteghino, e, di conseguenza, il declino della sua star.

Mary Elizabeth Winstead gemini manWill Smith interpreta Henry Brogan, cecchino dalla mira infallibile (ogni rimando a Deadshot è puramente casuale …) che lavora per una organizzazione governativa americana segreta. Dopo aver eliminato 72 soggetti ‘scomodi’ con una precisione sovrumana, la coscienza dell’uomo inizia tuttavia a farsi sentire quando scopre che l’ultimo bersaglio non era il ‘cattivo’ che gli avevano fatto credere.

Vale la pena di notare che la sceneggiatura, scritta a sei mani da David Benioff (Il Trono di Spade), Billy Ray e Darren Lemke, sceglie di non provare neppure a soffermarsi vagamente sulla moralità dell’omicidio ‘di Stato’ per un bene superiore o sulla ammissibilità della clonazione / eugenetica di esseri umani.

In ogni caso, stanco di questa vita che l’ha reso un solitario senza affetti o famiglia, Brogan comunica ai superiori di volersi ritirare per trascorrere i suoi inverni a pescare al largo della costa della Georgia. Tuttavia, i machiavellici dirigenti della DIA hanno altri piani per lui, su tutti il suo ex amico Clay Varris (un Clive Owen in modalita “cattivo”), divenuto un magnate delle biotecnologie militari-industriali e a capo di un progetto che intende creare un’unità segreta di super soldati, tutti geneticamente modificati per uccidere senza rimpianti e non provare emozioni in grado di destabilizzarli e renderli così ‘meno efficienti’.

Il suo prediletto è Junior (sempre Will Smith, il cui ‘doppio’ giovane è stato creato completamente in digitale), un clone di 23 anni di Brogan che Varris ha cresciuto come suo figlio adottivo.

Facendo passare Brogan per un traditore, Varris scatena l’ignaro Junior sulle sue tracce per ucciderlo, con la motivazione che solamente una versione più giovane – e che pensa come lui – dell’esperto killer potrebbe arrivare ad abbatterlo. Captando il pericolo imminente, Brogan inizia allora una fuga insieme all’agente della DIA Danny Zakarweski (Mary Elizabeth Winstead) e al vecchio amico Barone (Benedict Wong). Inevitabilmente, voleranno scintille e la percezione della verità oscillerà quando Brogan e il suo doppelganger arriveranno faccia a faccia dapprima negli angoli pittoreschi della Colombia, poi in Ungheria, e infine durante una spettacolare sparatoria in un centro abitato in Georgia.

gemini man clive owenCome detto, Gemini Man non è altro che una sorta di gigantesco showreel dei progressi fatti dalla tecnica del de-aging digitale. Utilizzando vecchie immagini e i filmati dei primi ruoli cinematografici di Will Smith come riferimento, Ang Lee – con i tecnici della CGI – compie un lavoro senza precedenti nel ringiovanire l’attore direttamente a un versione fotorealistica del suo vecchio sé.

Nelle sequenze ipercinetiche in cui i due si scontrano l’uno con l’altro corpo a corpo si fa fatica a capire chi sia il ‘fals0’ e soltanto la piena luce del sole permette di smascherare la controfigura (si veda l’inseguimento con le motociclette) o la realtà sintetica dietro al volto di Junior.

Al di là del protagonista, comunque, il regista cinese aggiorna anche per il resto il formato 3D ad alta risoluzione di cui era stato pioniere già nel 2016 con Billy Lynn – Un giorno da eroe, che aveva suscitato più di una perplessità e si era rivelato un sonoro flop. Ma in Gemini Man il livello dei dettagli è eccellente, sia nei grandi paesaggi urbani in widescreen che nelle esplosioni in slow-motion, che sembrano lanciare schegge di vetro sugli spettatori.

Tuttavia, se la dedizione del 64enne Ang Lee nel voler continuare a esplorare e spingere oltre i limiti l’estetica perfezionista del digitale è ammirevole, preoccuparsi di ‘dire qualcosa’ nel mentre non sarebbe stato affatto malaccio. Senza contare che l’aspetto iperrealistico delle immagini è a doppio taglio, visto che il risultato, almeno durante le scene meno movimentate, produce l’effetto straniante che dà il guardare una telenovela del pomeriggio su Rai 3. E spendere decine di milioni di dollari per questo non è certo il massimo.

Di seguito trovate una clip internazionale (per meglio poter apprezzare i dialoghi in lingua originale) di Gemini Man: