Voto: 4/10 Titolo originale: Insidious: The Red Door , uscita: 05-07-2023. Budget: $16,000,000. Regista: Patrick Wilson.
Insidious: La Porta Rossa, la recensione del film horror di – e con – Patrick Wilson
05/07/2023 recensione film Insidious - La porta rossa di William Maga
Il protagonista esordisce alla regia nell'ultimo capitolo della saga, un'operazione oltremodo deludente
L’ultima volta che avevamo visto la famiglia Lambert, il medium Carl (Steve Coulter) aveva finito per sopprimere i ricordi di Josh (Patrick Wilson) e Dalton (Ty Simpkins). Succedeva quasi dieci anni fa, quando James Wan ha diretto personalmente per l’ultima volta Oltre i confini del male – Insidious 2.
Da allora il franchise horror ha fatto passi indietro, regalandoci non uno ma ben due prequel, abbandonando la famiglia Lambert a favore della beniamina dei fan Elise Rainier (Lin Shaye). E l’attrice oggi 79enne era anche il motivo principale per buttare almeno un’occhiata agli altrimenti deprimenti Insidious 3 – L’inizio e L’ultima chiave (la recensione).
Ora, questa saga che pareva ‘accantonata’ torna sugli schermi per concludere la storia della famiglia Lambert, confidando di suscitare la curiosità di qualcuno. Insidious: La Porta Rossa (Insidious: The Ded Door), che segna il debutto alla regia per Patrick Wilson, colonna portante del franchise spesso – giustamente – confuso col protagonista del cugino The Conjuring, inizia con un prologo pre-credits che mette in mostra il talento unico dell’attore nel giocare con le aspettative del pubblico.
L’inizio è promettente, perché Patrick Wilson incorpora efficacemente il potere di un’inquadratura statica tra un momento banale e un’immagine suggestiva che potrebbe o meno concludersi con un jump scare.
Peccato che quello che segue sia un film che rasenta il letale per pochezza narrativa e coraggio. Sulla base di una sceneggiatura di Scott Teems, già autore del modestissimo Halloween Kills e del tremendo remake Firestarter dell’anno scorso, apprendiamo che Josh e Renai (Rose Byrne) hanno divorziato dopo i traumatici eventi del secondo capitolo. Josh, nel frattempo, ha difficoltà a riallacciare i rapporti con l’ormai adulto Dalton, che a malapena gli rivolge la parola.
Quest’ultimo parte per il college, dove ha deciso di studiare arte, e si sistema in un dormitorio dove fa conoscenza con una studentessa di nome Chris (Sinclair Daniel). Quindi, dopo la sua prima lezione, la professoressa Armagan (Hiam Abbass) chiede a tutti i suoi studenti di scavare più a fondo nelle loro emozioni interiori per ‘sbloccare’ la loro creatività, cosa che in qualche modo fa sì che Dalton ricordi delle cose sopite. Cose che lo portano a disegnare la misteriosa ‘porta rossa’ del titolo.
La porta rossa in questione, ovviamente, si riferisce al percorso verso una dimensione ultraterrena chiamata L’Altrove. Il mondo astrale governato dal ‘Demone del rossetto’ (Joseph Bishara) che ospita le anime torturate. Questo parente prossimo del Darth Maul di Star Wars resta l’antagonista principale, ma purtroppo in Insidious: La Porta Rossa le sue apparizioni sono per lo più superficiali. E francamente è uno spreco di opportunità il fatto che Patrick Wilson non riesca a fare buon uso di uno dei personaggi più amati dai fan della saga.
Considerando il divario di quasi un decennio tra gli eventi del Capitolo 2 e Insidious: La Porta Rossa, Patrick Wilson riesce solamente – e con modesta sorpresa a dire il vero – a concludere in modo deludente e senza guizzi l’arco narrativo della famiglia Lambert. Ci sta che voglia stabilire il peso drammatico dell’allontanamento nel rapporto padre-figlio tra Josh e Dalton. Questo si può notare nella prima parte del film, ma non ha la capacità registica di affrontare decorosamente tale conflitto, che a sua volta dà l’impressione di scalfire appena la superficie dei problemi tra i due.
Non aiuta nemmeno il fatto che Ty Simpkins trascorra la maggior parte del tempo con un’aria comatosa stampata in faccia, che restituisce la spiacevole sensazione di una performance clamorosamente sottotono. È un’interpretazione molto lontana da quella di Simpkins negli anni dell’adolescenza, quando aveva fatto un lavoro migliore interpretando il piccolo Dalton sotto la direzione di James Wan nei primi due film.
Insidious: La Porta Rossa cerca anche di dare una scossa alla situazione concentrandosi maggiormente sul lato della storia di Dalton, secondo gli stilemi tipici di un dramma adolescenziale, con tanto di sequenza obbligatoria della festa della confraternita. Il fatto è che l’aspetto di dramma adolescenziale, compresa la dinamica dell’insolita amicizia tra Dalton e Chris, è curiosamente vuoto.
C’è persino una sottotrama che ruota attorno a un personaggio deceduto legato alla suddetta confraternita. Ma è tutto appena accennato e presto dimenticato e la storia si dilunga troppo per arrivare al punto principale.
Anche se Patrick Wilson sembra quasi voler rievocare gli horror per la TV di fine anni ’80 / primi ’90, è un peccato che la costruzione della trama sia così raffazzonata. Con il Dalton adolescente di Simpkins così clamorosamente incolore, è difficile calarsi nella vicenda del suo personaggio che affronta un’altra prova ‘terrificante’ che spalanca la sua memoria repressa.
Patrick Wilson, che ha fatto meglio nel ruolo del padre conflittuale nei primi due film di Insidious, è per lo più ridotto a un ruolo secondario. Il suo arco narrativo, potenzialmente avvincente, dal tentativo di ricucire il rapporto interrotto con Dalton, alla riscoperta dell’oscura verità che si cela dietro la sua memoria cancellata e, infine, alla resa dei conti una volta per tutte, non lascia affatto un’impressione duratura. Rose Byrne, che interpreterebbe l’altro personaggio di spicco, la moglie (e ora ex moglie) in difficoltà di Josh, è ugualmente sottoutilizzata e marginale.
Come saprete, il franchise di Insidious non è soltanto morte e cupezza, dato che i film ci hanno abituati a momenti di sollievo comico nella forma dello Specs di Leigh Whannell e del Tucker di Angus Sampson, due investigatori del paranormale. Ma Patrick Wilson scegli in Insidious: La Porta Rossa di smorzare notevolmente i toni, al punto da sopprimere la linea comica fin qui tenuta.
Sebbene la scelta non sia da criticare a priori, il risultato è una tetraggine fine a se stessa. Non è che il film sia completamente privo di senso dell’umorismo (mi vengono in mente alcune scene che ruotano attorno al Chris Winslow di Sinclair Daniel), ma l’introduzione del suo personaggio fa sostanzialmente sentire ancora di più la mancanza della presenza giocosa di Specs e Tucker.
Per chi se lo chiedesse, come da tradizione i pochi spaventi arrivano tutti dai jump scare. Peccato che la maggior parte siano telefonatissimi. Le inquadrature non sono efficaci come quelle di James Wan e persino di Leigh Whannell, ma il fidato Joseph Bishara almeno regala qualche soddisfazione sul versante soundtrack.
Insomma, anni di attesa per avere una conclusione e Blumhouse e Sony non riescono a tirar fuori niente di più del capitolo peggiore della già non eccezionale saga.
Patrick Wilson potrà pur aver ottenuto un certo successo come attore, ma come regista ha ancora molta strada da fare. Detto questo, lo spinoff Thread: An Insidious Tale è già in lavorazione, quindi inutile star qui a lamentarsi troppo della riuscita o meno di La Porta Rossa.
Di seguito trovate il final trailer italiano di Insidious: La Porta Rossa, nei nostri cinema dal 5 luglio:
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