Riflessione: come McDonald’s affossò sul nascere il terzo film di Batman di Tim Burton
13/07/2018 news di Sabrina Crivelli
Ripercorriamo l'incredibile vicenda dietro al clamoroso cambio di rotta della Warner Bros. nonostante il grande successo al botteghino dei primi due capitoli con Michael Keaton
Al giorno d’oggi siamo abituati a franchise di cinecomics che producono, come in una catena di montaggio, sequel e spin-off senza soluzione di continuità, primi tra tutti quelli legati al MCU e all’universo DC. Se quindi sembra normale che ogni anno vengano proposti numerosi film incentrati su supereroi e super-villain di varia natura, in passato non è stato affatto così scontato; anzi, ciò che registi come Richard Donner e Tim Burton hanno fatto per il genere supereroistico fu un unicum per i loro tempi.
Prima delle loro incursioni nel genere, l’uno nel mondo di Superman, l’altro di Batman, le pellicole incentrate sui personaggi dei fumetti erano relegate a prodotti per lo più infantili o adolescenziali, dai quali di tanto in tanto si traeva qualche pellicola one shot.
Nello specifico di ciò che concerne l’Uomo Pipistrello, vennero realizzato tre show televisivi e un film prima della fine degli anni ’80: le serie del 1944, del 1949 (ambedue per la Columbia Pictures) e del 1966 (furono tre stagioni fino al 1968 con alla produzione la 20th Century Fox), rispettivamente con Lewis Wilson, Robert Lowery e il memorabile Adam West nei panni dell’eroe mascherato; il primo lungometraggio invece risale al 1966 e aveva per protagonista sempre West, diretto da Leslie H. Martinson e ispirato direttamente alla serie coeva.
Nei fumetti il paladino di Gotham City era comparso invece nel 1939, debuttando sul n. 27 di Detective Comics edito dall’allora National (ora DC Comics) e fu creato da Bob Kane. Già nel ’40 gli fu dedicata una sua testata omonima, in cui si scontrava tra l’altro con due iconici villain, il Joker e Catwoman. ‘Stupisce’ quindi che sia stato necessario aspettare ben 27 anni (se iniziamo a contare dal 1939) per vedere l’eroe combattere contro i suoi nemici sul grande schermo, e senza ottenere alcun sequel.
Trascorre ancora più di un ventennio e, dopo aver visto volare il Superman di Richard Donner nei cinema (era il 1979), anche il Batman di Burton si infilò finalmente nella sua Batmobile e uscì a pattugliare le oscure strade di Gotham in cerca di malviventi e bizzarri psicopatici da consegnare alla giustizia.
Era il 1989 e il cinecomic (allora la definizione non era ancora stata coniata) fu un grandissimo successo di pubblico e critica, anzi, un vero e proprio fenomeno culturale pop che dilagò in ogni settore di merchandisgin, dalle t-shirt ai poster, fino alle carte collezionabili.
Non solo, l’universo dark e fumettesco di Tim Burton offuscò completamente il suo più scanzonato predecessore, quello portato in scena proprio da Adam West a colpi di onomatopee, dimostrando l’esistenza di un pubblico globale smanioso di scoprire la cupa storia di Bruce Wayne, magnate meditabondo e solitario, traumatizzato dall’assassinio dei genitori da bambino, che metteva maschera e mantello per affrontare una serie di surreali e folli antagonisti in una metropoli visionaria e decadente.
Il risultato al botteghino mondiale (oltre 400 milioni di dollari incassati a fronte di un budget di soli 35 milioni) ne dimostrò il vastissimo richiamo con incassi che, quell’estate, superarono addirittura queli di Ghostbusters II – Acchiappafantasmi II e di Indiana Jones e l’ultima crociata.
Non stupisce quindi che la Warner Bros. decise presto di mettere in cantiere un seguito (decisione che bloccò – per sempre a quanto pare – i piani di un altro sequel, Beetlejuice Goes Hawaiian) e il dream team composto da Tim Burton e Michael Keaton tornò così al lavoro su Batman – Il ritorno (Batman Returns), che uscì nelle sale nel 1992.
Come il predecessore, anche il secondo capitolo ottenne un grande successo, colpendo nuovamente l’immaginario popolare al punto da finire su diari, zainetti e, malauguratamente, anche sugli Happy Meal di McDonald’s. Così come accaduto pochi anni addietro, fu anche un successo a livello di introiti, incassando 266 milioni di dollari nei cinema di tutto il mondo. Eppure il capitolo successivo avrebbe subìto cambiamenti notevoli e imprevisti.
Nell’arco di tempo relativamente breve (almeno per quel periodo) di tre anni, che trascorsero tra Batman – Il ritorno e Batman Forever, la neonata saga non solo subì qualche non indifferente ritocco estetico, ma fu oggetto di un reboot in pieno stile (prima ancora che tale parola – oggi tanto in voga -esistesse persino nel lessico hollywoodiano).
A Michael Keaton subentrò Val Kilmer, le atmosfere dark Art déco che connotavano la Gotham City di Anton Furst e Bo Welch furono abbandonate per uno stile ‘da Las Vegas’ ispirato a una delle feste di Andy Warhol sotto steroidi e alla sensibilità angosciosa e malinconica burtoniana, che ammantava i cattivi così come i buoni, si sostituirono i personaggi superficiali e fummetteschi di Joel Schumacher, degni di un negozio di giocattoli.
In effetti, se non fosse stato per la presenza di Michael Gough nei panni del fedele Alfred Pennyworth e di Pat Hingle quale perennemente sottoutilizzato commissario Jim Gordon, non ci sarebbe stato nulla in comune tra il terzo film della saga e i due predecessori. Ed è esattamente ciò a cui mirava la Warner Bros. Ma perché una scelta tanto netta?
Il Batman 3 di Tim Burton non si concretizzò mai a causa della reazione della stampa a Batman – Il ritorno, che fu rapida e brutale. Il suo sceneggiatore, Daniel Waters, era a conoscenza (secondo le sue stesse parole) del potenziale contraccolpo immediato.
Quale voce sovversiva che si fece un nome con Schegge di follia (Heathers), comedy di culto pervasa da black humor e incentrata su omicidi e suicidi adolescenziali, l’autore fu una delle forze trainanti che trasformò il seguito di una favola dark in una oscura silloge di squilibrati ossessionati dagli animali, fossero essi gatti o pipistrelli. Ricordando la prima volta che vide il film con un pubblico composto da spettatori medi (all’interno del documentario del 2005 Shadow of the Bat – Parte 4: Dark Side of the Knight), Waters ha raccontato:
E’ fantastico. Le luci si stanno per riaccendere dopo la fine Batman – Il Ritorno, e i bambini sembrano piangere, le persone comportarsi come se fossero state prese a pugni nello stomaco o come se fossero state rapinate. Una parte di me apprezzò questa reazione, e una parte di me ancor oggi pensa “Oops …”.
Nello stesso documentario, anche Tim Burton appare confuso e sconcertato dalle reazioni contrastanti, a distanza di 13 anni. Il regista dichiara:
Una persona entrava e diceva: ‘Questo film è molto più leggero del primo!’. E poi la persona dopo entrava e diceva: ‘Oh, questo film è molto più cupo del primo!’. E fu come vedere la luce e la tenebra contrapposti! Ma il 50 percento propendevano per una direzione, mentre l’altro 50 percento per l’opposta.
Tuttavia, le più peggiori ripercussioni emersero solo in un secondo momento, quando il peso del merchandising legato al cinecomic si fece sentire. Benché – è innegabile – al botteghino fosse stato un notevole successo, i risultati al box office erano l’ultima delle preoccupazioni, poichè il ‘pipistrello dalle uova d’oro’ era da sfruttare altrove per i vertici della Warner …
E l’inizio della fine furono proprio gli Happy Meal. Batman – Il ritorno debuttò nelle sale americane 19 giugno 1992 e ben prima del weekend del fondamentale 4 luglio, il Los Angeles Times scagliava già dalle sue pagine parole infuocate contro il contenuto del film e la sua connessione alla catena McDonald’s.
Una lettera al vetriolo datata 27 giugno 1992 professava infatti:
Gli adulti amanti della violenza possono godere di questa pellicola. Ma per quale motivo al mondo McDonald’s sta spingendo questo film di explotation attraverso le vendite dei suoi cosiddetti “Happy Meal” [pasti felici]? McDonald’s non ha una coscienza?
Se accantoniamo per un momento la facile ironia per la fiducia nell’etica della multinazionale produttrice dei McNugget, si deve constatare che l’attacco mediatico agli Happy Meas si estese presto a tutti i principali medi nazionalia. Ad esempio, un articolo di Entertainment Weekly pubblicato a luglio dello stesso anno citava la Dove Foundation, un’organizzazione cristiana con sede nel Michigan, che asseriva:
I genitori … si fidano di McDonald’s. Allora perché McDonald’s promuove un film per bambini piccoli pieno di violenza grafica gratuita?
L’aspetto più – tristemente – divertente di questo incubo d’immagine fu il modo in cui sia McDonald’s che la Warner Bros. cercarono di minimizzare gli attacchi. Da una parte, la portavoce di McDonald’s, Rebecca Caruso, disse:
L’obiettivo del programma [Happy Meal] è quello di permettere ai giovani di sperimentare il divertimento legato al personaggio di Batman. Non è stato progettato per promuovere la visione del film. Non era certo nostro intento quello di confondere i genitori o deludere i bambini.
Oook …
Un comunicato stampa della Warner Bros. ribadiva ulteriormente che la promozione era legata al personaggio nato 53 anni prima e non al tanto vituperato Batman – Il Ritorno di Tim Burton:
Siamo stati attenti a non distribuire giocattoli direttamente tratti dal film.
Per quello che vale, McDonald’s non ritirò la linea degli Happy Meal nonostante le molte critiche, che rimase anzi nei punti vendita fino al 7 settembre 1992. Tuttavia, la paura di incorrere in un’altra reazione simile, è probabile che abbia indotto la multinazionale a chiedere a Steven Spielberg di accantonare le immagini e le sequenze più violente nel suo sequel di Jurassic Park, giusto in tempo per un vantaggioso contratto con il fast-food.
Anni dopo, per il già citato documentario del 2005 Shadows of the Bat, Sam Hamm, la cui sceneggiatura per Batman – Il Ritorno è stata scartata in favore di quella di Waters, ha gentilmente difeso il film dalle ire dei genitori offesi:
Il film in sé, benché fosse una macchina per il merchandising, nonostante tutte le vendite di giocattoli che avrebbe dovuto generare … il film in sé non è mai stato presentato come una pellicola a misura di bambino. E così, penso che sia stato un errore di percezione. Penso che i genitori che si sono lamentati abbiano frainteso, ma non c’è stato alcun tentativo di ingannare nessuno.
Comunque sia, ciò non significa che alla Warner Bros. le teste non siano state sul punto di cadere. Già alla fine del luglio 1992, i dirigenti dello studio diffondevano dichiarazioni anonime negative per la diminuita performance al botteghino del sequel di Tim Burton, che era costato 45 milioni di dollari in più rispetto al film del 1989.
“È troppo dark [e] non molto divertente“, si lamentava un dirigente con Entertainment Weekly. Nel frattempo, percependo un vago odore di disfatta nell’aria, uno dei capi di uno studio rivale aveva detto alla rivista: “Se ricontatteranno Burton e Keaton, rimarranno bloccati nella loro vision. Non possono aspettarsi un Tesoro, mi si è ristretto Batman”.
Ovviamente, era proprio ciò che sperava qualsiasi fan dell’uomo pipistrello che avesse più di otto anni. Inizialmente, Tim Burton sarebbe infatti dovuto tornare a dirigere un terzo capitolo dal titolo Batman III. Alcuni rumor volevano addirittura Robin Williams nei panni dell’Enigmista, così come il ritorno di Michelle Pfeiffer nel suo iconico ruolo di Catwoman. Tuttavia, non c’è nemmeno mai stata per questo progetto una sceneggiatura definitiva.
Di come sia stato estromesso dal franchise ha parlato il regista stesso, sempre nel sopramenzionato Shadows of the Bat:
Mi ricordo di aver fantasticato di farne un altro. E ricordo di essere andato alla Warner Bros. e di avere avuto un incontro. E dissi: ‘Potrei fare questo o potremmo fare quello’. E loro replicarono: ‘Tim, non vorresti girare un film con un budget inferiore? Qualcosa che sia più [tuo]?’ Circa dopo una mezz’ora di incontro, mi buttai: ‘Non volete che faccia un altro Batman, vero?’ E loro: ‘Oh, no, no, no, no , no!’ E io semplicemente conclusi: ‘ No, vi conosco!’ Quindi, ci siamo fermati lì.
Dopo che Burton fu messo da parte, la Warner Bros. fu così libera di contattare Joel Schumacher per dirigere il successivo film di Batman con la consapevolezza che sarebbe stato molto più divertente (e degno degli Happy Meal …), nonchè molto più adatto ai bambini e ai loro genitori.
Dopo il cambio del regista, Michael Keaton non se ne andò però immediatamente. In effetti, era pronto a tornare in quello che divenne Batman Forever ancora nel 1994, piuttosto avanti nel processo di produzione. Invece, Robin Williams, che la WB usò come leva negoziale per Jack Nicholson per il ruolo del Joker nel film del 1989, ritornò in lizza per il ruolo dell’Enigmista nel 1994.
Secondo un articolo di Variety del 1995, la star indugiò troppo a lungo dopo che il ruolo gli fu offerto e Jim Carrey (astro nascente dopo Ace Ventura e The Mask) “subentrò per la parte”.
Non è mai stato specificato invece il perché Williams abbia vacillato tanto, forse perché non amava la sceneggiatura e la direzione che Schumacher stava prendendo, oppure sono stati Carrey e il suo agente che hanno fatto di tutto per eliminare il collega/avversario, ma in tutta onestà, l’eredità di quest’ultimo probabilmente ne ha tratto beneficio.
Inoltre, è necessario menzionare che non apparvero in Batman Forever nemmeno Billy Dee Williams e Marlon Wayans. Il primo, ricordato per aver interpretato Harvey Dent nell’originale del 1989, avrebbe dovuto vestire i panni anche del suo maligno alter-ego, Du Facce nel nuovo capitolo. Nell’edizione del DVD del 2005 di Batman, Williams dichiara: “Volevo davvero disperatamente impersonare Due Facce … Volevo vedere cosa avrei potuto fare con lui. Sarebbe stato diverso da quello di Tommy Lee. Ho il mio personale tipo di pazzia.”
Ciò ha portato all’indiscrezione sulla rete che Williams fosse stato pagato nonostante l’assenza per il ruolo già ricoperto in Batman Forever grazie al contratto firmato nel 1988, ma lui ha più tardi smentito tutto. Secondo quanto riportato da Comicbook.com, l’attore avrebbe affermato durante il Comic Con di Nashville nel 2013: “Sei pagato solo se fai il film. Ho formato un accordo per due film di Star Wars. Mi hanno pagato per quello. Ma ho siglato solo un contratto per un film per Batman”.
Al contrario, Wayans ha davvero ricevuto un compenso per non apparire in Batman Forever. Essendo stato originariamente scelto da Burton come Robin in Batman Returns, l’attore venne poi fatto fuori da un cast già fin troppo affollato.
Quando Schumacher subentrò in regia, venne presa la decisione che Robin sarebbe stato interpretato da Chris O’Donnell, nonostante Wayan avesse già un contratto per due film. Nel 2009, quest’ultimo disse infatti a io9: “Ricevo ancora gli assegni arretrati. E’ finita che Tim Burton non ha fatto il terzo [capitolo], lo ha girato Joel Schumacher e aveva una vision diversa su Robin. Quindi, lui assunse Chris O’Donnell”.
Nel frattempo, è risaputo, Keaton lasciò lasciò la produzione letteralmente nel caos, quando abbandonò il set meno di un anno prima dell’uscita in sala. In un articolo di Entertainment Weekly del luglio 1994, un “insider” aveva fatto trapelare: “Voleva 15 milioni di dollari. Voleva una parte delle entrate lorde, voleva una quota di quelle dal merchandising“.
Certo, potrebbe anche essere, ma sembra più una tipica mossa della major per gettare discredito su un membro del cast durante una inaspettata e aspra rottura. Il socio di produzione dell’attore, Harry Colomby, ha infatti replicato: “Il denaro non è mai stato il problema. Non fare questo film significa che probabilmente ha rinunciato a 30 milioni di dollari in base al suo accordo a posteriori”.
Secondo EW, l’attore era scontento che Schumacher avesse preso il posto del suo amico Tim Burton. Inoltre, “[Dopo un incontro con Schumacher], Michael non era più convinto“. A quanto pare, non gli piacque nemmeno il fatto che il suo suggerimento di concentrare [il film] più sulla storia di Batman (in opposizione ai villain) fosse stato ignorato, né che non fu mai consultato durante la stesura della sceneggiatura.
Durante la sua apparizione in un podcast di WTF del 2013 con il comico Marc Maron, Michael Keaton ha ribadito la sua posizione di quasi 20 anni prima, dicendo:
Chi li sta girando ora, Chris Nolan, è così ricco di talento, è da pazzi. [Christian Bale] è così dotato. È così bello …. Guardate dove è arrivato [il franchise], è esattamente quello che volevo fare quando discutevamo ne corso delle riunioni sul terzo [capitolo]. Dissi: ‘Si vuole vedere come ha iniziato questo tizio. Abbiamo qui la possibilità di sistemare qualsiasi cosa ci sia sfuggita. Potrebbe essere fantastico!’
Dopo l’abbandono di Keaton, Rene Russo, che era stata scelta sola una settimana prima, fu sostituita da Nicole Kidman per incarnare la dottoressa Chase Meridian, perché la si credeva troppo vecchia per essere l’interesse amoroso di Val Kilmer.
Ma è stato per il meglio?! Un terzo Batman di Tim Burton avrebbe, in teoria, visto Robin Williams incarnare un villain psicopatico e depravato all’altezza del Joker di Jack Nicholson e del Pinguino di Danny DeVito, nonché il ritorno della Pfeiffer come Catwoman, parte per cui era stata semplicemente perfetta. Probabilmente anche Keaton sarebbe rimasto. Tuttavia, se il successore diretto di Batman Forever, Batman & Robin, non fosse stato un mega-flop, la serie non si sarebbe interrotta lì. Di conseguenza, non sarebbe mai esistita nemmeno la bellissima trilogia del Cavaliere Oscuro di Nolan a rilanciare il paladino di Gotham City. In fondo, forse, non tutto è stato per il peggio. Il resto, come si suol dire, è storia …
Di seguito il trailer originale di Batman – Il ritorno:
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Fonte: DoG