Voto: 8/10 Titolo originale: In the Mouth of Madness , uscita: 03-02-1995. Budget: $8,000,000. Regista: John Carpenter.
Riflessione: Il Seme della Follia di John Carpenter, un lovecraftiano monito all’umanità
24/09/2020 recensione film Il seme della follia di Sirio Alessio Giuliani
Nel 1994, il regista realizzava il suo film-manifesto, uno spietato e ironico ritratto della società contemporanea (attualissimo ancora oggi) in cui l’orrore cosmico di H. P. Lovecraft incontrava le atmosfere del surrealismo
All’inizio degli anni ’90, l’horror stava attraversando un periodo di crisi. L’âge d’or del decennio precedente era giunta al tramonto e John Carpenter, Wes Craven e George A. Romero furono tra i primi a capirlo. Ritenevano che il genere fosse diventato stantio, ripetitivo, ormai ridotto alla parodia di sé stesso. Insomma, si avvertiva l’esigenza di un cambiamento, si sera alla ricerca di una via per rivoluzionare il cinema del terrore fin dalle sue fondamenta.
Solo avendo ben presente tale contesto storico si può comprendere allora il senso di un film come Il Seme della Follia (In the mouth of madness), distribuito in Italia nel 1995. Appartiene a quel ristretto gruppo di opere come La metà oscura (1993) e Nightmare – Nuovo incubo (1994), che hanno cercato di evidenziare le cause della crisi dell’horror e di indicare nuove strade per rianimarlo.
Tuttavia, John Carpenter spinge questa ondata autoriflessiva ben oltre il limite, anche per i suoi soliti standard. Il Seme della Follia è indubbiamente il suo lavoro più sperimentale. Un unicum, all’interno della sua intera produzione, in cui sono presenti anche dei riferimenti al cinema surrealista caro ad autori come Luis Buñuel. Il risultato?
Un flop al botteghino (prodotto dalla New Line Cinema con un budget di 8 milioni di dollari, ne incassò appena 9 in tutto il mondo) e un massacro unanime da parte dei critici, che lo bollarono come banale, incoerente, ripetitivo e privo di logica. Evidentemente, sfuggì loro il vero senso dell’opera.
La sceneggiatura venne scritta da Michael De Luca, all’epoca produttore esecutivo della New Line, la stessa casa che, a partire dal 1984, aveva realizzato tutti i film della saga di Nightmare.
Il Seme della Follia inizia dall’epilogo, giusto per mettere in chiaro fin da subito le sue intenzioni con gli spettatori. Mentre nel mondo si sta propagando un’ondata di terribile violenza incontrollata, John Trent (Sam Neill) viene rinchiuso in manicomio per aver ucciso un ragazzo a colpi di accetta. Lui stesso racconta la sua storia al direttore della struttura, il Dott. Wrenn (David Warner). Inizia così il lungo flashback che costituisce gran parte del lungometraggio.
Trent è un investigatore privato che lavora per le compagnie di assicurazioni. Viene assunto da Jackson Harglow (Charlton Heston), direttore della casa editrice Arcane, per ritrovare il famoso scrittore Sutter Cane (Jürgen Prochnow), scomparso nel nulla poco prima di consegnare il manoscritto del suo ultimo attesissimo libro, In the Mouth of Madness. Trent accetta l’incarico, ma sospetta che dietro la faccenda vi sia una trovata pubblicitaria organizzata dalla stessa casa editrice, in combutta con l’autore.
Le indagini lo conducono così ad Hobb’s End, una cittadina nel cuore del New Hampshire non segnata sulle mappe. Lo accompagna nel viaggio l’affascinante quanto enigmatica Linda Styles (Julie Carmen), l’editrice di Cane. I due si rendono conto che la cittadina è la stessa in cui lo scrittore ha ambientato un suo vecchio romanzo, The Hobb’s End Horrors (è una citazione diretta dei titoli dei racconti The Dunwich Horror di H. P. Lovecraft e Crouch End di Stephen King).
Inoltre, tutte le azioni compiute dai due protagonisti fino a quel momento coincidono con quelle descritte nel libro. Ma le stranezze sono appena all’inizio. Poco dopo, infatti, anche la donna scompare e Trent rimane intrappolato in un loop temporale. Visioni sempre più grottesche e disturbanti lo fanno precipitare in un incubo ad occhi aperti, ma lo portano anche a scoprire che Cane è la pedina principale di un folle piano per la conquista del mondo ordito addirittura dai Grandi Antichi (quelli immaginati dello scrittore di Providence).
Il Seme della Follia chiude la cosiddetta “Trilogia dell’Apocalisse” di John Carpenter, di cui fanno parte anche La Cosa (1982) e Il signore del male (1987). Il film è diviso in due parti, nettamente distinte tra loro e tenute insieme dal flashback. La prima parte segue l’indagine condotta da John Trent per scoprire che fine ha fatto Sutter Cane. Qui la narrazione, lineare, segue dinamiche tipiche del noir più che dell’horror. La trama, in apparenza banale, è solo una trappola per attirare lo spettatore nella seconda metà del film, che inizia dopo l’arrivo di Trent e Linda a Hobb’s End. Da qui in poi, la storia si dissolve.
Attraverso un efficace montaggio discontinuo e ripetitivo, realtà e illusione si alternano tra loro in un continuo incastro metanarrativo. A un certo punto, lo spettatore non riesce addirittura più a distinguere il confine tra le due e viene coinvolto direttamente nel delirio del protagonista. Questo è l’aspetto migliore di Il Seme della Follia, insieme ai riferimenti ad Howard Phillips Lovecraft ovviamente.
Gli omaggi alle sue opere sono innumerevoli, a partire dalla scelta del titolo (un chiaro richiamo al romanzo breve At the Mountains of Madness) e dalla presenza dei Grandi Antichi. Il Seme della Follia non è certo il primo film ispirato alle opere dello scrittore di Providence, ma la sua peculiarità sta nell’essere riuscito a rendere visivamente l’idea narrativa alla base di esse.
Una sfida non da poco. Lovecraft, nei suoi racconti, ha sempre tentato di descrivere l’indescrivibile, così da far insinuare il terrore in profondità nella mente dei lettori. Era convinto che la vera paura fosse quella che nasce dall’immaginazione, e non dalla vista. E’ evidente che un simile pensiero sia poco compatibile con un mezzo come il cinema, che invece per sua natura comunica attraverso le immagini.
John Carpenter si è adattato così allo stile letterario di H. P. Lovecraft, scegliendo di non mostrare mai chiaramente gli orrori di Hobb’s End, ma solo di farli intravedere, per esempio attraverso primi piani che catturano le reazioni sui volti dei protagonisti, senza però mostrare ciò che hanno di fronte, oppure con riprese notturne o in penombra. In questo modo, il pubblico si spaventa perché non può mettere a fuoco chiaramente il pericolo, ma lo immagina, perché ne intuisce la presenza.
Una scelta registica che deve essere apparsa decisamente provocatoria per l’audience del 1994, composto in larga misura da teenager abituati allo splatter e al gore più spinti. Con una buona dose di autoironia, John Carpenter fa volutamente fatto a brandelli i canoni dell’horror hollywoodiano e li rimonta in Il Seme della Follia a suo piacimento. Ne mette in luce i difetti e allo stesso tempo propone un modo per ‘correggerli’. Non stupisce quindi la reazione negativa dei critici americani del tempo, ma il loro errore è stato proprio quello di considerare seriamente un film che si prendeva in giro già da solo. Proprio per questo motivo i francesi dei Cahiers, invece, lo accolsero subito con entusiasmo.
La vera debolezza di Il Seme della Follia è forse la scarsa caratterizzazione dei personaggi. L’unico ben delineato è John Trent, interpretato da un Sam Neill in stato di grazia, a suo agio nei panni del cinico investigatore privato che discende nel baratro della follia, un misto tra l’Humphrey Bogart de Il grande sonno e il Jack Nicholson di Shining. La sua parabola è tipica dei personaggi lovecraftiani: un miscredente, incallito razionalista, che impazzisce quando scopre l’esistenza di una realtà che va al di là della limitata capacità di comprensione umana.
Linda Styles e Sutter Cane, invece, danno l’impressione di essere appena abbozzati, poco approfonditi da Michael De Luca. Le interpretazioni di Julie Carmen e Jurgen Prochnow, di conseguenza, ne risentono e appaiono piuttosto stereotipate. Questa è una grossa pecca, dal momento che si sta parlando della co-protagonista e dell’antagonista principale del film, e non di ruoli secondari.
Discorso a parte vale per il personaggio di Jackson Harglow, avido e senza scrupoli (non è preoccupato per la scomparsa di Cane, ma per la mancata consegna del manoscritto e la perdita dei lauti guadagni che ricaverebbe dalla sua pubblicazione). Compare per pochi minuti, ma la classe e il carisma di Charlton Heston mascherano egregiamente il ‘difetto’ di caratterizzazione che affligge anche il suo personaggio.
Un’ultima curiosità per quanto riguarda il cast. In un cameo compare il tredicenne Hayden Christensen, il futuro Anakin Skywalker della seconda trilogia di Star Wars. E’ il ragazzino in bicicletta che Trent e Linda incontrano di notte, lungo la strada, durante il viaggio verso Hobb’s End.
Come accennato in precedenza, Il Seme della Follia critica prima di tutto l’horror dei primi anni ’90, sia cinematografico che letterario. A tal proposito, valga un esempio su tutti: quando John Trent rimane intrappolato nel loop temporale, è costretto a rifare sempre gli stessi gesti e a vivere le medesime situazioni. Attraverso questa sequenza, John Carpenter e Michael De Luca hanno voluto evidenziare come le trame dei film dell’orrore di quel periodo fossero tutte uguali, con personaggi intenti a ripetere sempre le stesse azioni. Un’osservazione, peraltro, ancora attuale dopo venticinque anni. Tra remake, reboot e sequel più o meno ufficiali, quanti titoli, oggi, si possono considerare davvero originali?
In secondo luogo, John Carpenter prova con Il Seme della Follia a immaginare cosa accadrebbe se l’umanità continuasse a perpetrare comportamenti scellerati ed egoistici. La risposta non è difficile da intuire. In anticipo sui tempi, la pellicola ritrae in maniera cinica la società dei consumi in cui viviamo (anche) oggi. Con questo non si intende dire che il regista sia stato un veggente. Ha semplicemente saputo cogliere dei segnali che, già alla fine degli anni ’80, erano emersi chiaramente.
Attraverso i suoi libri, Sutter Cane manipola la realtà, influenza i lettori, li aizza gli uni contro gli altri. Nonostante questo, loro lo considerano un ‘nuovo Messia’ e credono ciecamente a qualsiasi cosa lui dica. Lo scrittore incarna la paura nei confronti della capacità dei media di influenzare le masse e di ridurre le persone a zombie privi di capacità critica e più facili da controllare. Un potere amplificato a dismisura con la diffusione del web a cui abbiamo assistito negli ultimi anni.
L’ondata di odio e violenza che si scatena alla fine di Il Seme della Follia richiama infine anche in modo inquietante quella reale a cui stiamo assistendo quasi quotidianamente nel 2020 (difficile, ad esempio, non pensare alle analogie con le immagini dei disordini scoppiati in seguito all’uccisione di George Floyd negli Stati Uniti).
Forse, non è un caso che Il Seme della Follia sia stato rivalutato proprio negli ultimi dieci anni, anche dalla critica, diventando un cult. Con il senso di Apocalisse imminente che riesce a trasmettere, ha saputo cogliere perfettamente le ansie e le paure della nostra epoca con venticinque anni d’anticipo, coerentemente con la tradizione dei film horror che fanno la storia. Anche solo per questo motivo vale la pena di riguardarlo ancora oggi.
Di seguito la scena finale di Il Seme della Follia:
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