Voto: 6.5/10 Titolo originale: The Nest (Il nido) , uscita: 15-08-2019. Regista: Roberto De Feo.
The Nest (Il Nido) | La recensione dell’horror familiare di Roberto De Feo
02/08/2019 recensione film The Nest (Il nido) di Sabrina Crivelli
Il regista pugliese debutta con un film claustrofobico e denso di tensione ambientato in una sontuosa e lugubre magione
Il cinema italiano da troppo tempo ormai ha perso il suo antico slancio nel genere. Lontani sono i tempi in cui Dario Argento girava Profondo Rosso e Lucio Fulci dirigeva Non si sevizia un paperino. Ogni tanto, qualche giovane e speranzoso filmmaker prova ad avventurarsi in quei lidi, ma, forse a causa dei budget limitati o della distribuzione, forse per altri limiti atavici che in generale di questi tempi portano la filmografia nostrana a concentrarsi perlopiù sulla commedia e sul melodramma borghese post-contemporaneo, risultati eclatanti non se ne vedono. Indubbiamente, si fanno degli sforzi ammirabili, nonostante le scarse risorse a disposizione, come nel caso dei recenti The End? L’inferno fuori (la recensione) di Daniele Misischia (la nostra intervista in esclusiva al regista) o Dolceroma (la recensione) di Fabio Resinaro; eppure, le difficoltà a spiccare il balzo decisivo sono molte e si sentono.
Succede, così, che quando ci approcciamo a un nuovo film del terrore italiano, lo facciamo sempre senza esagerare nelle aspettative, convinti che, seppur le idee e gli sforzi alla base ci siano, la qualità del risultato sarà inferiore alle produzioni medie provenienti dall’estero (e non per forza solo americane). Forse proprio per questo discorso, The Nest (Il Nido), diretto dall’esordiente Roberto De Feo e sceneggiato insieme a Lucio Besana e Margherita Ferri, suscita un ragionevole entusiasmo.
La storia è ambientata a Villa dei Laghi, una splendida, quanto sinistra magione (in realtà un reposoir di caccia sabaudo) circondata da un’enorme tenuta e cinta da mura che impediscono qualsiasi contatto con l’esterno. Al suo interno vige un microcosmo sociale con regole ferree. Un gruppo ristrettissimo di individui, una famiglia – come viene spesso definita – vive in questa soffocante residenza forzosa, volontariamente, anche se non è chiaro il motivo per cui si sottoponga a tale prigionia.
Al centro di tutto c’è il piccolo Samuel (Justin Korovkin), ragazzino costretto su una sedia a rotelle dopo un terribile incidente. Su di lui vigila costantemente con amorevole e pressante solerzia la madre Elena (Francesca Cavallin), mentre della sua salute si prende cura dell’inquietante Dottor Cristian (un minaccioso Maurizio Lombardi, che sembra uscito da un laboratorio nazista). Tutto fila liscio, qualche piccola crisi di nervi esplode di tanto in tanto, ma la quotidianità, ‘il programma’ (a cui il bambino viene sottoposto dalla madre) procede senza intoppi, almeno fino all’arrivo della piccola Denise (Ginevra Francesconi).
L’adolescente è affidata a Elena da quello che è stato per lei come un padre, e la donna non può rifiutare. Tuttavia, la sua comparsa rompe degli equilibri ormai rodati da tempo, introducendo un po’ di quel caos che imperversa all’interno del piccolo e sicuro universo domestico di Samuel, ma portando anche un soffio vitale dentro quel Nido mortizio in cui è da sempre rinchiuso. Un nuovo sentimento porterà il piccolo protagonista ad essere insofferente dei limiti finora imposti e interrogarsi di cosa ci sia là fuori.
Dramma adolescenziale e insieme ambizioso thriller psicologico con venature orrorifiche, The Nest (Il Nido) può contare su diverse innegabili punti di forza (nonostante esista anche qualche ingenuità o passaggio un po’ troppo forzato). Anzitutto, il film del pugliese Roberto De Feo sfrutta appieno le ottime atmosfere inquietanti e claustrofobiche della magione in cui è girato. Le grandi stanze vuote e silenziose, il lusso aristocratico e un po’ decadente della location riesce da solo a conferire una notevole tensione. Siamo come imprigionati in un piccolo mondo antico da cui trasuda qualcosa di fosco, di lugubre, e non è possibile in alcun modo, per nessun motivo uscire dal cancello, ma perché?
L’interrogativo mantiene alta la suspense e l’attenzione dello spettatore sino alla risposta che arriva inevitabile nella sequenza conclusiva, e che una volta giunti alla chiusa comprendiamo – in fondo – essere irrilevante nell’economia della narrazione ( e comunque noi non vi riveleremo nulla, per non rovinarvi la sorpresa). Ci troviamo dunque a interrogarci su quale sia la natura della comunità retta con implacabile rigore da Elena i cui imperativi tassativi sono: “1. Non mangiare troppo, 2. Non piangere, 3. Non parlare del mondo esterno, 4. Non parlare troppo con Samuel”.
Immediate sono le influenze di alcuni predecessori affini per le angosciose premesse, quali The Others di Alejandro Amenábar o The Village di M. Night Shyamalan, suggestioni confermate peraltro dallo stesso Roberto De Feo. In altri passaggi, soprattutto nella fotografia, negli interni illuminati di stranianti luci rosse (come nella soffitta in cui parlano di nascosto Samuel e Denise) c’è un tocco alla Suspiria, che rende surreali gli ambienti della gabbia dorata in cui tutti sono prigionieri.
D’altra parte, le scelte legate alla regia, i movimenti di macchina, l’alternarsi di stacchi repentini in alcuni passaggi (come dell’ouverture ad effetto) i lenti piani sequenza in altri, denotano una cura maniacale, encomiabile (seppur con qualche ingenuità di tanto in tanto). In tal maniera prende forma uno scenario concreto, ma al contempo metafisico, una realtà di confine che si staglia ai confini del Purgatorio. Quest’ultimo è per gran parte del minutaggio solo allusione, terrificante e indefinita all’orizzonte – reso invisibile dai boschi e dal cancello. Molteplici elementi della narrazione, poi, quali le visioni (gli incubi di Denise), le strane apparizioni, i segreti, i misteriosi e macabri riti (le uccisioni notturne e le formule professate dai loro officianti) di cui lo sviluppo di The Nest (Il Nido) è disseminato, concorrono a tratteggiare un’angosciante surrealtà.
Unico difetto, qua e là nel copione ci si fa prendere un po’ la mano dal manierismo. Alcune scene sono fin troppo sopra le righe, quasi grottesche (come lo scatto isterico con successiva punizione di una delle inquiline di Villa dei Laghi), alcuni dettagli un po’ troppo abbozzati (come il fremito in una gamba di Samuel). La caratterizzazione risulta infine sovente piuttosto innaturale: i dialoghi e – soprattutto – l’eccessiva forzatura della dizione e della gestualità danno la sensazione infatti che ci sia qualcosa di estremamente artificioso. Se, allora, una certa rigidità può essere comprensibile nella Elena di Francesca Cavallin, un’algida matriarca che cresce il figlio nella grande tenuta di famiglia sperduta nel nulla, già in un bambino come Samuel un poco stona.
Vero è che il piccolo è cresciuto del tutto emarginato, lontano dai suoi coetanei e a contatto di un ristrettissimo numero di adulti, ma la sua recitazione non trasmette alcuna spontaneità. Ancor peggio è il caso di personaggi minori come Igor (Gabriele Falsetta), soggetto in teoria rozzo e aggressivo, ma con l’inflessione di un attore di teatro. Lampante è la strana sequenza in cui lui racconta una scabrosa barzelletta su un cavallo e un maiale: invece del colorismo verbale un po’ verace che ci si aspetterebbe da un soggetto come lui, sembra che stia declamando la Divina Commedia.
In definitiva, benché ci sia qualche spigolo da smussare, The Nest (Il Nido) fa nel suo piccolo ben sperare per il futuro della produzione nostrana (anche se, come ben sappiamo, molto dipenderà dal risultato al botteghino, che quasi mai premia questo tipo di progetti …), imboccando la strada giusta e rappresentando un bel biglietto da visita per il regista Roberto De Feo.
Di seguito trovate il trailer ufficiale di The Nest (Il Nido), nelle sale italiane a partire dal 15 agosto:
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