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Voto: 7/10 Titolo originale: I Am Not Okay with This , uscita: 26-02-2020. Regista: Jonathan Entwistle. Stagioni: 1.

I Am Not Okay With This, stagione 1: la recensione della serie con Sophia Lillis (su Netflix)

26/02/2020 recensione serie tv di William Maga

Jonathan Entwistle porta sul piccolo schermo un altro fumetto indie di Charles Forsman, avvalendosi di un cast in palla ma spingendo troppo sul citazionismo e su situazioni già viste altrove

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Fin dai tempi non sospetti della cinematografica (e letteraria) Carrie White, passando per la fumettistica Kitty Pryde e concludendo con la televisiva Buffy Summers, le ragazze adolescenti che scoprono improvvisamente di possedere dei superpoteri sono diventate una sorta di standard vincente per l’industri dell’intrattenimento americana. Tutti quegli ormoni in subbuglio, tutta quella solitudine e rabbia, tutte quelle sensazioni di ‘essere diverse’ e di essere terrorizzate / elettrizzate da una sessualità crescente … formano una metafora non troppo velata che – visti i molti esempi, che vanno ben oltre i tre citati – non è certo stata trascurata da Hollywood e dintorni negli ultimi anni.

La saga di Ginger Snaps, Giovani Streghe, Jennifer’s Body e innumerevoli altri film hanno infatti sottolineato dagli anni ’90 in poi che il liceo è un luogo infernale e che addirittura i migliori amici / i genitori / gli avvenenti quarterback possono essere in realtà dei terribili demoni dai quali difendersi. Soprattutto, tali prodotti pongono però l’attenzione sul fatti che le ragazze adolescenti -doppiamente non privilegiate per età e genere – abbiano un potere. Al loro interno hanno la forza per combattere, reagire, proteggere i più deboli (in genere …) e scatenare tremende vendette sugli indegni e i bulli, se riescono a imparare a controllarlo.

I Am Not Okay with This (2020) netflix serie posterI Am Not Okay With This, nuovo fanta-dramma originale di Netflix in 8 episodi che adatta l’omonimo fumetto del 2017 autopubblicato da Charles Forsman (Slasher, The end of the fucking world), si inserisce ora ampiamente in questo sottogenere con la storia di Sydney Novak. Interpretata da Sophia Lillis, Syd è una studentessa di 17 anni della Pennsylvania che si autodefinisce una “noiosa ragazza bianca“. Non è speciale, ci racconta, ma, a dispetto del titolo, le va bene così.

Attraverso la sardonica voce fuori campo del ‘Caro diario …’ di Syd, facciamo la conoscenza di sua madre e suo fratello minore (Kathleen Rose Perkins e Aidan Wojtak-Hissong), della migliore amica Dina (Sofia Bryant) e dello strano vicino di casa Stan (Wyatt Oleff). Scopriamo quindi che Syd ha iniziato a manifestare poteri misteriosi in momenti di intenso stress e che i suoi problemi sono iniziati molto prima.

Sophia Lillis, vista di recente al cinema in IT e nella miniserie Sharp Objects nei panni della versione giovane di Jessica Chastain e Amy Adams, è una protagonista eccezionale. La parte richiede molto sul versante recitativo ed espressivo, e l’attrice, appena diventata maggiorenne, dimostra di essere ormai più di una semplice promessa. La sua Syd è piacevolmente priva di affezione e attraente nel suo essere imbranata. Anche Wyat Oleff, già al suo fianco nei due film horror diretti da Andy Muschietti, è ugualmente simpatico e carismatico come Stan. Infine, la semi-esordiente Sofia Bryant è luminosa come il migliore di Syd, e la chimica sullo schermo con Sophia Lillis è palpabile.

Come avrete intuito, il casting di I Am Not Okay With This non è un problema. Piuttosto, è l’estrema familiarità della storia di questo coming-of-agefrenare la serie. Ambientata nel corso di una settimana, tocca ogni possibile ‘cliché da liceo americano’ che vi possa venire in mente: il tipico raduno studentesco di incitamento, l’incontro di football, la festa in casa, il ballo con elezione di re e regina. Questi aspetti, oltre a un’eccessiva dipendenza dalle citazioni cinematografiche dirette, restituisce inevitabilmente la sensazione di aver in qualche modo già visto altrove ogni situazione – in Carrie – Lo Sguardo di Satana (ovviamente), ma anche in Donnie Darko o ogni film mai realizzato da John Hughes. C’è un limite dove l’intelligente citazionismo cine-letterario sconfina nell’esagerato cannibalismo, e I Am Not Okay With This lo supera di slancio.

A questo punto poi, a qualcuno potrebbe sovvenire – e non senza ragione – Stranger Things. Il noto show di Netflix (prodotto anch’esso da Shawn Levy, come I Am Not Okay With This) presenta innumerevoli influenze retrò, ma funziona bene perché le cita all’interno di un universo che ha una sua specifica identità. Lo stesso vale per il precedente adattamento per lo streaming di Charles Forsman ad opera del regista Jonathan Entwistle, The End Of The F *** ing World, che era riuscito a tirar fuori qualcosa di ‘nuovo’ dall’ossessione dell’autore per il cinema americano semplicemente trasportandolo in Inghilterra. Questa breve prima stagione (otto episodi, alcuni della durata di appena 15 minuti) dà a malapena il tempo di stabilire una qualsiasi minima mitologia o per far provare qualcosa agli spettatori. È visivamente accattivante, ma al di là di questo? Un bell’aspetto non ti porta così lontano quando le scene migliori sono prese in prestito da  qualcos’altro.

I Am Not Okay With This serie netflix sophia lillisAnche l’ambientazione temporale di I Am Not Okay With This è derivativa. A giudicare dagli smartphone che usano i personaggi, siamo nel presente, ma i vestiti, le macchine, la tecnologia, la musica e le location sono tutti atti riconducibili a una sorta di ennesimo tributo agli anni ’80 (Stan si veste come il Ferris Bueller di Una pazza giornata di vacanza, balla come Ducky di Bella in rosa e ascolta i Prefab Sprout su audiocassette, mentre al ballo della scuola vengono messi Roxette, Aztec Camera ed Echo And The Bunnymen).

Le citazioni in ogni caso non si limitano alle ambientazioni o alla colonna sonora. I Am Not Okay With This è una vera e propria festa per chi cerca i riferimenti pop, dai titoli riconducibili a John Byrne presenti in una pila di fumetti fino alla mascotte del liceo: un Wolverine. Quasi un intero episodio viene dedicato a un omaggio diretto a Breakfast Club, addirittura col cameo dell’uniforme dell’inserviente Carl.

Certo, il pubblico più giovane di Netflix che si approcci al binge watching di I Am Not Okay With This, attratto dallo stile indie e dalla sua intonazione nichilista, potrebbe essere spinto a cercare questa miriade di riferimenti come ‘gioco’, e in questo caso – ma soltanto in questo – la serie potrebbe risultare un’utile lettura della cultura pop contemporanea.

Come detto, il cast è capace e la visione complessivamente scorrevole e piacevole, ma l’effetto generale, specie per chi è davvero cresciuto negli anni ’80 guardando i film di John Hughes, è solo quello di assistere a un’altra pigra rivisitazione poco inventiva che punta solo sul citazionismo sfacciato e sulla nostalgia. Se può bastare, sta a ciascuno deciderlo.

Di seguito i primi 7 minuti – in italiano – della prima stagione di I Am Not Okay With This, nel catalogo di Netflix dal 26 febbraio: