Voto: 5.5/10 Titolo originale: Belzebuth , uscita: 11-01-2019. Budget: $3,600,000. Regista: Emilio Portes.
Belzebuth: la recensione del film horror di Emilio Portes
11/04/2018 recensione film Belzebuth di Sabrina Crivelli
Tobin Bell è lo sprecato protagonista di un horror demoniaco che si apre in modo assai promettente, ma finisce per diventare un pasticcio 'all'americana' con involontarie derive grottesche
La visione di Belzebuth, horror diretto da Emilio Portes e da lui scritto insieme a Luis Carlos Fuentes, ad esser generosi lascia parecchio perplessi, se non del tutto basiti. Lo spettatore che vi si approccia, sperando in un altro esempio della scabrosa cinematografia messicana sulla scia dell’antologico México Bárbaro o di Atroz di Alex Ortega, rimarrà quasi certamente deluso. Allo stesso modo, colui che si aspetta un film di possessione demoniaca in qualche modo disturbante alla El Habitante (la nostra recensione) di Guillermo Amoedo (la produzione è messicana, ma il regista è uruguaiano), è meglio che desista. Infine, anche chi si aspettasse una horror comedy densa di humor nero alla Los Parecidos (la nostra recensione) di Isaac Ezban ha decisamente sbagliato titolo …
Il quarto lungometraggio del regista nativo di Città del Messico, primo film del terrore ‘puro’ dopo due horror comedy e una commedia pura (El Crimen del Cácaro Gumaro del 2014, Pastorela del 2011 e Conozca la cabeza de Juan Pérez del 2008), dopo un inizio promettente e molto fosco, prende la singolare deriva del pasticciaccio all’americana, pieno di cliché e sequenze involontariamente grottesche, vanificando del tutto la buona apertura.
La storia, ambientata in una cittadina messicana sita sul pericolosissimo confine con gli USA, principia con una serie di terrificanti e inspiegabili infanticidi, prima in un reparto di maternità, poi in un asilo, poi in una piscina pubblica, in ultimo in un cinema … Alcuni individui prima irreprensibili d’improvviso impazziscono e massacrano tutti per poi uccidersi a loro volta. Un agente di polizia, Emmanuel Ritter (Joaquín Cosio), è coinvolto personalmente nel primo tre crimini: il figlio appena nato è stato pugnalato ripetutamente insieme a un altro gruppo di lattanti da una infermiera di colpo impazzita.
Così, a distanza di 4 anni, quando gli omicidi riprendono, l’uomo vuole partecipare alle indagini che sembrano essere stati rituali satanisti. Ad aiutare il detective nelle indagini compare poi l’esperto di criminologia esoterica Ivan Franco (Tate Ellington), che da tempo sta inseguendo un losco religioso, padre Vasilio Canetti (Tobin Bell), tempo addietro radiato dalla Chiesa e che stranamente compare poco prima nei luoghi dove si consumano gli inquietanti delitti. Tuttavia, sia gli obbiettivi di quest’ultimo, sia la vera causa degli orribili massacri, saranno assai differenti da quelle che potrebbero sembrare in principio.
Nell’incipit e lungo tutta la prima ora circa, Belzebuth appare a tutti gli effetti come un horror ‘serio’, con alcune scene e scelte narrative addirittura audaci in termini di violenza contro i minori, seppur la carneficina sia tutta fuori campo e solo fatta intuire. Così, man mano che si susseguono i ‘sacrifici umani‘, che scopriamo impronte demoniache sulle pareti e i soffitti delle scene dei crimini, oppure che udiamo voci e rumori sinistri in psicofonia (il presunto fenomeno paranormale che riguarda la manifestazione di voci di origine apparentemente non umana in registrazioni, ricezioni o amplificazioni tramite strumentazione elettronica), la tensione monta a dovere.
Certo, non c’è particolare attenzione al dettaglio e molti degli elementi che pertengono le indagini sul paranormale sono un po’ buttati lì, così come pure la non secondaria discussione religiosa (tra ferventi credenti, atei e agnostici), facendo subodorare che forse si tratti di superficiali suggestioni non accompagnate da grandi approfondimenti, eppure il ritmo e il senso di mistero che ammanta la successione di sinistri eventi rimane coinvolgente.
Poi, ad un certo punto delle indagini, mentre seguono le tracce dello sfuggente padre Canetti, Ritter e Franco approdano a una cupa e decadente chiesa abbandonata da tempo, la Iglesia de Niños, e qui trovano una cappella piena di simboli ed ammennicoli esoterici e crocifissi d’ogni dimensione sparsi sul pavimento.
Da questo istante, Belzebuth abbandona la strada della credibilità e si tramuta repentinamente in un film alla Sam Raimi, alla Drag Me to Hell per intendersi, con tanto di statua del Cristo crocifisso a grandezza reale che si anima in CGI e inizia a parlare e a muoversi in modi blasfemi, ricordando per eccentricità la capra parlante e piuttosto scurrile che la medium utilizzava nel pirotecnico esorcismo del succitato film del 2009.
A ciò seguono una lunga lista di stereotipi ‘di genere’ e bizzarrie in termini di trama, così come di immagini. Si alternano allora tatuaggi apotropaici che si illuminano quasi prendessero fuoco durante un interiore scontro col maligno, cappellette nascoste nei tunnel sotterranei usate in precedenza dai narcos con altari eretti a Madonne scheletriformi, padri della patria e statuette posticcissime simil Pazuzu, personaggi posseduti che fluttuano a mezz’aria con iridi biancastre spruzzati dalla corrosiva acqua santa, nonché la metempsicosi del messia, che dopo essere nato da una mussulmana ed essere stato eliminato grazie a una novella Strage degli Innocenti da un maligno Papa ispirato dal demonio in passato, si è ora reincarnato in Messico perché, testuale, “è un paese oppresso da un impero”.
A ciò si sommano colpi di scena piuttosto scontanti e tesi a traghettarci a un ovvio quanto deludente epilogo. Insomma, nel complesso non sembra di stare guardando una pellicola veracemente e orgogliosamente messicana, ma un mediocre film americano pieno di imperfezioni, faciloneria e patinature varie che ne affossano qualsiasi aspetto potenzialmente raccapricciante o inquietante (ma che probabilmente verrà facilmente distribuito proprio per questo in giro per il mondo).
Quello che allora si apre come un discreto thriller intriso di satanismo, evolve come un mistone insipido e incoerente, che con piglio involontariamente raimiano sembra volere fondere senza successo una bislacca impalcatura suggestivamente biblicheggiante alla Il Codice da Vinci (The Da Vinci Code) di Ron Howard (libro o film poco cambia) a una fuga degli ‘eletti’ alla I figli degli uomini (Children of Men) dell’altro messicano Alfonso Cuarón (ma senza il lato distopico, ossia quello più interessante). Il tutto poi condito con un infinito numero di incongruenze o stramberie. Dulcis in fundo, nemmeno il tatuatissimo Tobin Bell, lontano dai tricicli e dalle trappole della saga di Saw, riesce a risollevare le sorti della pellicola, complice un personaggio troppo poco carismatico.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Belzebuth:
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