6/10 su 491 voti. Titolo originale: Welcome to Marwen, uscita: 21-12-2018. Budget: $39,000,000. Regista: Robert Zemeckis.
Benvenuti a Marwen | La recensione del film di Robert Zemeckis
26/12/2018 recensione film di William Maga
Steve Carell è al centro di un biopic che sfoggia animazioni di primo livello, ma anche un messaggio controverso e ambivalente

Se ricordate, nel 2015 Robert Zemeckis aveva portato sugli schermi The Walk, biopic che raccontava la vera storia del funambolo francese Philippe Petit, che nel 1974 aveva sfidato la morte camminando su un filo d’acciaio sospeso tra le due torri gemelle del World Trade Center di New York. Un film che tuttavia impallidiva se confrontato col documentario del 2008 sul medesimo evento, Man on Wire di James Marsh. Ebbene ora, con Benvenuti a Marwen (Welcome to Marwen), il filmmaker di Chicago torna sulle scene per raccontare la storia vera di Mark Hogancamp (Steve Carell), artista di mezza età sopravvissuto a un grave pestaggio, ma ancora una volta ci troviamo avanti al cugino emozionalmente povero di un precedente documentario, Marwencol del 2010 di Jeff Malmberg. E se qualcuno di fosse domandato perchè la Universal abbia deciso di lanciarlo così tardi durante l’anno, escludendolo di fatto da molte classifiche della critica, i motivi del gesto ponderato sono molteplici.
Nel 2000, Hogancamp finiva a un passo dalla morte dopo che un gruppetto di giovani coi quali aveva avuto una conversazione in un bar mentre era sbronzo decideva di massacrarlo di botte per strada. Gli sbandati non avevano reagito bene alla rivelazione da parte dell’uomo che talvolta amava indossare scarpe da donna, e quindi avevano deciso di spedirlo in coma per nove giorni a suon di calci e pugni. Dopo oltre un mese in ospedale, Hogancamp veniva dimesso, ma riportava danni cerebrali permanenti, tra cui la perdita dei ricordi della sua vita privata pre incidente. Incapace di permettersi le terapie e terrorizzato dal mondo esterno, l’uomo decideva così di rifugiarsi in un reame di pura fantasia, costruendo mattone dopo mattone ‘Marwencol’, la riproduzione in scala di un immaginario villaggio belga della seconda guerra mondiale, iniziando a imbastire scenette d’azione posando veicoli e bambole attraverso cui intendeva vendicarsi in modi violenti dei suoi aggressori. Gli scatti fotografici risultanti (SOLO foto, niente stop-motion o altro …) sono a sorpresa poi diventati un successo nel mondo dell’arte, con diverse mostre dedicategli in tutto il territorio degli Stati Uniti.
Usando il tipico stile di animazione ‘uncanny valley’ sviluppato nella sua trilogia di film d’animazione composta da Polar Express, Beowulf e A Christmas Carol, Robert Zemeckis – con la co-sceneggiatrice Caroline Thompson – dà così letteralmente vita al Marwencol in scala 1:20 e ai suoi abitanti di plastica posabili e dalle fattezze del cast, riservando circa metà del lungometraggio a sequenze animate che dovrebbero riflettere il dramma in atto nella mente di Mark Hogancamp. Questa macrotrama ruota intorno a un pilota dell’aviazione americana, Cap’n Hogie (alter ego dello stesso Hogancamp), che si schianta nel Belgio occupato e si unisce a un gruppo di ragazze della resistenza ben poco vestite per combattere di volta in volta alcuni nazisti (simulacro dei delinquenti che lo hanno pestato) che continuano a tornare in vita dopo ogni scontro e avventura. Il problema di tutto questo è che, poiché sappiamo di assistere solamente a una rappresentazione visiva della psiche danneggiata del protagonista atta a fargli superare il personalissimo trauma, non ci possono essere grossi appigli per il pubblico, eppure il regista sembra più interessato a questo mondo fantastico e illusorio che a qualsiasi dramma umano si stia effettivamente svolgendo nella vita reale di Hogancamp (processo compreso). L’effetto è quello di meramente guardare a un’animazione digitale all’avanguardia (in “realtà aumentata”) che conferisce al tutto una non necessaria patina da “film per famiglie” mentre si tangono senza rispetto questioni di una certa attualità e importanza quali la diversità, l’identità sessuale, il bigottismo e la mascolinità tossica, punteggiandole con momenti di estrema violenza e audace erotismo (per non parlare delle auto-citazioni inserite a forza dalla saga sci-fi più nota di Robert Zemeckis …).
Marginalizzando gli effetti del disturbo da stress post-traumatico e togliendo dall’equazione dottori, terapisti e farmaci (letteralmente demonizzati con metafore affatto sottili …), Benvenuti a Marwen offre una visione semplicistica e mal valutata dei problemi di salute mentale che rende difficile empatizzare – come invece ci si aspetterebbe – con Mark Hogancamp. L’uomo è per di più perseguitato da tal Deja Thoris (Diane Kruger, l’eventuale riferimento a John Carter non è mai spiegato), una bambola / strega dai capelli ‘blu pillola’ che trascorre il film – costato 39 milioni di dollari – spiandolo e tentando di spingerlo a bere di nuovo, ma c’è qualcosa di fin troppo puritano nella visione dell’alcol che ci viene proposta. In molti tra gli spettatori probabilmente si ritroveranno infatti a desiderare che Hogancamp si diriga verso il pub più vicino per una ‘sana’ pinta di birra piuttosto che rimanere intrappolato ancora un giorno nel solco molto meno salutare tracciato della sua ossessione per le bambole feticizzate. Come detto, il protagonista era evidentemente ubriaco al momento dell’aggressione, ma correlare il suo stato di ebbrezza con l’attacco e demonizzando conseguentemente gli alcolici, quando invece si dovrebbe sottolineare che i motivi sono esclusivamente altri, risuona come un hollywoodiano approccio da ‘pubblicità progresso’ (e non c’è nemmeno nessuno che si mette alla guida peraltro …). Hogancamp non viene picchiato perché alticcio, ma semplicemente perché diverso, ed è altamente improbabile – visto pure come sono dipinti – che quei giovani lo avrebbero lasciato in pace se fosse stato sobrio. Ma forse essere cross-dresser non basta, quindi caliamo la scopa dell’alcol che fa male.
Al di là della coltre di splendidi effetti generati al computer – gancio promozionale usato ampiamente nei trailer – serpeggia una certa ipocrisia. Da una parte Benvenuti a Marwen condanna senza indugio quelli che giudicano in modo negativo chi si discosta da ciò che la società e il perbenismo considerano la ‘norma’, salvo poi allo stesso tempo usare il travestitismo di Hogancamp per suscitare nel pubblico risate a buon mercato attraverso le battute o le reazioni facciali dei vari personaggi che incrocia, sottolineando quanto sia bizzarra la sua passione per i tacchi a spillo piuttosto che farla passare come un comportamento da rispettare.
A un certo punto, viene gettato nella mischia – salvo poi sparire nel finale – anche Kurt (Neil Jackson), ex fidanzato dai metodi aggressivi della rossa Nicol (Leslie Mann) – la nuova e attraente vicina di casa di Hogancamp – caratterizzato come un lunatico che ascolta musica heavy metal (cliché ne abbiamo?), mentre il gruppo di aggressori vengono da Robert Zemeckis ritratti come teppisti da serie TV carceraria che sfoggiano fieri tatuaggi di svastiche piuttosto che come gli insospettabili ‘uomini della porta accanto’ che furono veramente.
Non bastasse, Benvenuti a Marwen è permeato di una sessualità strana, spesso predatrice, che si maschera da femminismo in modo quanto meno curioso. Il regista ci offre a malapena un’idea delle donne in carne e ossa che hanno offerto lo spunto alle controparti badass giocattolo: Janelle Monáe (Moonlight) e Gwendoline Christie (Il Trono di Spade) compaiono ognuna in una sola sequenza nelle loro sembianze umane nei panni di una veterana amputata e di una badante russa fuori di testa, mentre Leslie Zemeckis (moglie di Robert nella vita reale) è relegata a sexy cameriera francese ispirata a una pornostar senza nome che Mark vede nei film per adulti di cui va matto. Solo la Carlala di Eiza González (Baby Driver) e la Roberta di Merritt Wever (The Walking Dead) ottengono un certo minutaggio, rispettivamente come una coloratissima cameriera ispanica e una paffutella commessa del negozio di modellismo e giocattoli dove Hogancamp si rifornisce. La maggior parte delle ragazze viene messa nella posizione di provare pietà per Mark, soprattutto Leslie Mann (Questi sono i 40), che è costantemente costretta con imbarazzo a sopportare le sue avances inappropriate senza potersi difendere adeguatamente a causa della di lui disabilità mentale.
Non è chiaro se la sessualizzazione sfrenata di questi personaggi in forma di bambole in stile Barbie si debba leggere come ‘carina’ o accattivante o come un qualche tipo di commento sulle specifiche inclinazioni di Mark, ma il fatto che la domanda sorga spontanea durante la visione riflette un problema serio di sceneggiatura, specialmente nei toni falso-femministi che riecheggiano ogni volta che la camicetta di una action figure viene strappata lasciandone scoperti i seni tondi e vacui per suscitare una risata sconveniente. In un frangente particolarmente paternalistico, il protagonista urla addirittura “Le donne sono le salvatrici del mondo!”, solo che è lui per primo a oggettificarle in modo malsano, specie quando diventa viscidamente ossessionato da Nicol ancora prima di saperne il cognome. Semplicemente non la vede come una persona, ma come un ideale da mettere nella collezione. A riprova abbiamo il modo freddissimo con cui tratta la palesemente interessata a lui Roberta, la quale però non incontra i suoi ideali fisici.
La ritirata di Mark Hogancamp dalla realtà verso un mondo di pura fantasia sostanzialmente misogino non è quindi semplice da vendere allo spettatore in cerca di svago o di una storia vera edificante o perfino commovente. Piuttosto che scegliere di denunciare il crudele sistema sanitario americano che mette da parte uomini con gravi problemi mentali, Benvenuti a Marwen appoggia pienamente – e anzi infiocchetta – le eccentriche illusioni / allucinazioni del protagonista, finendo per diventare – quasi sicuramente inconsapevolmente – una delle pellicole più ambivalenti e controverse dell’anno.
Di seguito il trailer italiano e internazionale (per meglio apprezzare le voci originali) di Benvenuti a Marwen, nei nostri cinema il 10 gennaio 2019:
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