[classifica] I 10 migliori film horror del 2016
29/12/2016 news di Sabrina Crivelli
Tra zombie, streghe e alieni, l'anno che sta per concludersi ci ha regalato svariate perle
Si avvicina la fine dell’anno e con essa giunge l’irresistibile impulso di ripensare a quello che è successo nei 12 mesi trascorsi. Come avrete intuito dal titolo, qui ci soffermeremo sull’offerta horror. Non essendo stata appieno soddisfatta di quanto arrivato nei cinema italiani e avendo potuto avere accesso ad opere decisamente accattivanti giunte via VOD o presentate nei Festival di settore (in particolare a Sitges), nel redigere il seguente decalogo ho optato per non limitarmi alle uscite in sala quindi (chissà come mai … ), ma di estendere la selezione a tutto ciò che ho trovato davvero interessante.
Se cercate qualche idea per trascorrere una serata all’insegna dello spavento, se volete confrontare i vostri gusti con i nostri (ovviamente vorremmo sapere cosa ne pensate nei commenti o sulla nostra pagina Facebook), o se semplicemente siete curiosi, ecco i miei 10 migliori film horror del 2016:
10) 10 Cloverfield Lane di Dan Trachtenberg (prodotto da J. J. Abrams)
Spin-off del forse più riuscito Cloverfield di Matt Reeves, questo claustrofobico thriller con tratti sovrannaturali vede Mary Elizabeth Winstead e John Gallagher Jr. nei panni di due spaesati ospiti – prigionieri del rifugio di quello che appare un folle survivalista, John Goodman. Sebbene con mezzi limitati, è girato quasi interamente in interni e gli effetti speciali sono usati con estrema parsimonia, il film riesce a costruire un buon livello di suspense e a mantenere il dubbio fino all’ultimo sulla reale esistenza o meno della terrificante minaccia esterna che lui paventa.
9) Sotto l’ombra (Under the Shadow, qui la nostra recensione) di Babak Anvari
Haunted house molto differente da quelle a cui siamo abituati, la pellicola ambientata a Tehran nel periodo post-rivoluzionario negli anni ottanta. La storia orrorifica con protagoniste una madre e una figlia sole mentre la città è sotto ai bombardamenti, fonde all’angosciosa e incessante minaccia delle bombe, l’arrivo di una terrificante creatura appartenente alla cultura araba, il demoniaco Jinn (il genio delle mille e una notte). Il regista è capace di declinare in modo nuovo un sottogenere piuttosto usurato e di descrivere in modo allucinato e credibile la tragica situazione vissuta da Shidehe (Narges Rashidi) dalla figlia Dorsa (Avin Manshadi).
8) The Monster di Bryan Bertino (qui la nostra recensione)
Giocato su passato e presente, questo horror intimista riesce a fondere la presente minaccia di una creatura nascosta nei boschi e flashback incentrati sui ricordi dolorosi del rapporto tra una madre molto problematica e la giovanissima figlia. Tra odio e amore, tra disperazione coraggio e sacrificio, i toni non sono mai troppo patetici e il mostro mai troppo posticcio. L’atmosfera, disturbante in più modi insieme, comunica il malessere interiore di una fanciullezza logorata e il terrore verso un famelico predatore. Il tutto reso ancor più palpabile dalla ottima prova di Zoe Kazan e Ella Ballentine.
7) Baskin di Can Evrenol (qui l’intervista al regista)
Se amate le pellicole del terrore visivamente forti, lo apprezzerete decisamente. La storia, non particolarmente articolata, segue un gruppo di poliziotti che si avventura in una scena del crimine molto più terrificante di quanto pensassero. E’ solo un escamotage per portare e far varcare ai protagonisti le porte dell’inferno; d’altra parte non sempre ce n’è necessità, si tratta invece di una truce discesa in gironi infernali popolati di agghiaccianti peccatori. Ci si propone la silloge di profusioni di sangue, dannati ingabbiati, perversi e macilenti, torture e vivisezioni, il tutto diretto da un mefistofelico sacerdote incarnato da Mehmet Cerrahoglu (qui la nostra intervista all’attore turco).
6) The Autopsy of Jane Doe di André Øvredal (qui la nostra recensione e qui l’intervista la regista norvegese)
Iter diegetico molto ben congegnato, come suggerisce il titolo, si tratta dell’autopsia di un cadavere non identificato, in gergo medico per l’appunto Jane Doe in caso di una donna, ad opera de un duo padre e figlio di anatomopatologo, interpretati da Brian Cox ed Emile Hirsch. Man mano che procede la ricerca delle cause del decesso della giovane, l’esame si fa sempre più strano e inquietante e iniziano a susseguirsi eventi sempre più sinistri. Ottimo nella creazione di suspense e per nulla scontato nei diversi passaggi dello sviluppo, nelle diverse fasi dell’anatomia, la narrazione avvince, non riproponendo i soliti cliché ritriti, e il finale sorprende.
5) The Eyes of my Mother di Nicolas Pesce (qui la nostra recensione)
Il film è viaggio fosco e malatissimo, senza nulla di paranormale, ma non per questo meno disturbante. Assurdo nella sua semplicità, il regista trasmette meticolosamente in ogni ambito un totale squallore, emotivo, sociale, ambientale, quello in cui cresce la protagonista, relegata in completa solitudine. Ne seguiamo l’evolversi dall’infanzia, dal momento di svolta della sua psiche sempre più sconvolta, quando un’estraneo uccide la madre davanti ai suoi occhi; il padre decide di tenere quest’ultimo incatenato e bendato nel fienile e a lei è affidato il compito di accudirlo. Un volta cresciuta, come presagibile, le sue esperienze determineranno le sue azioni… Minimale, negli scambi verbali, come nell’uso del bianco e nero nella fotografia, ci proietta in un universo desolante.
4) The Blackcoat’s Daughter di Osgood Perkins (qui la nostra recensione)
Difficilmente il ritrito sottogenere di possessione demoniaca è capace di trovare un modo nuovo di raccontare il lento discendere nelle tenebre del ospite dell’entità maligna. Questo è uno dei rari casi in cui ciò avviene. Sia a livello visivo, nel delineare la mefistofelica presenza, un ombra inquietante, sia a livello di costruzione della storia, nell’alternare in capitoli e piani temporali intersecati tra loro, sia infine dell’affrontare la devoluzione della psiche della posseduta stessa, una ragazzina che, avvicinata e poi dominata dall’ombra che segue i suoi passi, diventa capace di una strage efferata quanto immotivata. In un lento e inesorabile avanzare del male, rimaniamo sospesi in un’atmosfera da incubo, certi dell’irreversibile accadere delle più oscure minacce.
3) The Wailing di Na Hong-jin (qui la nostra recensione)
Pellicola coreana capace di costruire nello spettatore una profonda sensazione di inquietudine, è ambientata in un tranquillo paese rurale, dove d’improvviso e all’apparenza immotivatamente iniziano a succedersi una serie di efferati omicidi. Ben congegnato, riesce a mantenere fino all’ultimo lo spettatore incerto su quale sia davvero l’origine del male, tra diverse apparizioni sinistre che confondono chi guarda, come il protagonista, un poliziotto la cui figlia è stata contagiata dal morbo misterioso. La sequenza di chiusura è decisamente ad effetto…
2) Train to Busan di Na Hong-jin (qui la nostra recensione)
Anche al secondo posto abbiamo un prodotto della cinematografia coreana, capace stupefacentemente di dare nuova linfa vitale allo zombie movie. Spettacolare, difficile descriverlo altrimenti, riporta sul grande schermo quelle scene che tutti vorremmo vedere in una pellicola con dei morti viventi. Dalla sequenza in cui a migliaia si attaccano al treno in moto, a quella dell’arrivo a una nuova stazione, purtroppo per i superstiti già invasa dai non-morti che si accatastano davanti all’inaspettato pasto (i protagonisti), molteplici sono le scene che rimangono impresse!
1) The Witch di Robert Eggers (qui la nostra recensione)
Horror paranormale dove gli effetti speciali sono tutt’altro che abusati, l’inquietudine è perfettamente strutturata con l’allusione del maligno, non con la sua immediata visione, per gran parte dei fotogrammi. E’ l’umano, non il sovraumano, a descriverci l’avvento delle malvagie presenze che abitano il bosco al limite del quale vive una famiglia di contadini, emarginati dalla loro comunità. Il demoniaco si insinua lento nelle loro menti, inizialmente all’apparenza frutto della superstizione, per poi mostrare quanto invero poi sia reale…
Menzione speciale: Raw (Grave) di Julia Ducournau (qui la nostra recensione). Pellicola che difficilmente uscirà in sala, perlopiù per la crudezza di alcune immagini legate al cannibalismo, è stata premiata al Festival di Sitges (dove abbiamo potuto vederla) con ben tre premi, Citizen Kane Award per la miglior opera prima, Carnet Jove Jury Award e Méliès d’Argento per il miglior lungometraggio, e al festival di Cannes il Premio FIPRESCI – Settimana Internazionale della Critica. Sorprendente quale film di debutto della regista, la trama segue le vicissitudini, in una scuola di veterinaria, di due sorelle con la medesima attrazione per la carne cruda…
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Fonte: You tube