Voto: 6.5/10 Titolo originale: Men , uscita: 20-05-2022. Budget: $6,500,000. Regista: Alex Garland.
Men: la recensione del film horror diretto da Alex Garland
23/08/2022 recensione film Men di William Maga
Il regista dirige un'opera ancestrale e ineffabile, non completamente compiuta, sorretta dalle splendide prove di Jessie Buckley e Rory Kinnear
Il regista Alex Garland ha dichiarato apertamente che Men, il suo primo film horror da regista, è nato dalla fascinazione per l’Uomo Verde, un’antica e misteriosa figura del folklore popolare che da millenni viene scolpita sugli edifici di pietra in giro per l’Europa e anche in Medio Oriente. È una scelta azzeccata, perché nonostante alcune ipotesi credibili e colte, nessuno è ancora oggi del tutto sicuro di cosa rappresenti esattamente il Green Man, né di come venisse venerato (se mai lo sia stato).
Il film di Alex Garland, che parla della natura implacabile dell’uomo e del suo rapporto grossolanamente squilibrato con la donna, è altrettanto opaco. Men è infarcito di idee e immagini, sia pagane che cristiane, eppure, forse più di qualsiasi altro titolo di genere di recente memoria, anche della A24, il significato esatto dei movimenti finali dell’opera rimane sfuggente. Addirittura sconcertante.
Tuttavia, è proprio quando Men è al massimo della sua primordialità ed esotericità, e quando il regista asseconda le sue tendenze più surrealiste, che raggiunge le vette della sua vitalità.
Altrimenti, si potrebbe pensare che Men stia picchiando su un’unica nota opprimente per gran parte della sua durata. Ma poi, le donne sono sempre state consapevoli della minacciosa ‘monotonia’ di un mondo che le ostacola da secoli.
E come evocazione umorale di quella repressione, più il film di Alex Garland e le sue due potenti prove attoriali principali, per gentile concessione di Jessie Buckley e Rory Kinnear, scavano in quell’idea, più trovano qualcosa di inesprimibile, di antico e di ossessionante.
In mezzo a questa sarabanda devastante, Jessie Buckley interpreta Harper, fresca vedova londinese che si è recata nelle campagne per superare la recente perdita. Rory Kinnear, invece, interpreta praticamente tutti gli altri personaggi in scena. E non è un’esagerazione.
È Jeffrey, il custode fin troppo socievole che affitta alla donna la sua bucolica tenuta per una settimana; è anche il vicario della vicina parrocchia che ascolta i lamenti di Harper tenendole la mano sul ginocchio; ed è anche l’inquietante uomo nudo nel bosco che la osserva da lontano.
Tutti questi elementi contribuiscono a far capire ad Harper perché il suo matrimonio è finito in modo così cupo il giorno in cui è morto suo marito (Papa Essiedu, l’unico altro attore maschio di Men). Ma parlano anche di qualcos’altro quando il poliziotto locale (Rory Kinnear, di nuovo) fa fatica a vedere qualcosa di male nel nudista agreste, o quando la situazione inizia a diventare ancora più strana quando Harper si trova a fare i conti con il fatto che tutti questi uomini appaiono nell’aspetto – e in modo più disturbante, nel modo in cui la guardano – identici.
Jessie Buckley e Rory Kinnear sono due degli attori più interessanti emersi negli ultimi anni (nel caso del secondo si tratta di un decennio). Lei ha fatto recentemente breccia nel mainstream grazie al film di Charlie Kaufman Sto pensando di finirla qui (la recensione). Ma proprio come il collega, che ha vinto due Olivier Awards, tra cui quello per il ruolo della personificazione della cupidigia secondo Shakespeare, come Iago, la 32enne sembra un’attrice di teatro consumata che assapora il suo lavoro. Forse è per questo che i due riescono in Men a garantire una tale carica teatrale in tutte le loro interazioni, ognuno dei quali si nutre della talentuosa generosità dell’altro tanto quanto dell’ansiogena sceneggiatura di Alex Garland.
Nei panni di Harper, Jessie Buckley è una donna troppo moderna per ‘queste stronzate patriarcali’ quando il vicario dalla parlantina melliflua le chiede se si sente responsabile per la fine del suo matrimonio. Eppure, la disperazione non espressa nei suoi occhi testimonia il fatto che, pur comprendendo razionalmente la natura ‘fissa’ di questo gioco, si sente ancora messa all’angolo da un dubbio inspiegabile, che presto assume manifestazioni fisiche.
Al contrario, Rory Kinnear può godere di una vetrina attoriale che gli permette di dilettarsi in tutte le sfumature della lascivia. In qualità di interprete un po’ sottovalutato (il suo Mostro di Frankenstein in Penny Dreadful è forse uno di migliori di sempre, accanto a quello di Boris Karloff), gli viene concessa la possibilità di essere sia sottile che lirico, di plasmare ogni scena e di ritrarre l’insidiosità dello sguardo maschile nella sua forma più puerile e allo stesso tempo violenta. In tutto questo, egli mostra una vulnerabilità che sarebbe quasi pietosa se non fosse così grottesca.
L’impostazione generale, in cui una donna si trova circondata da una dozzina di varianti di quello che è apparentemente lo stesso uomo, è il punto in cui il film si scontra con problemi narrativi più grandi. La premessa iniziale non è sottile o necessariamente profonda come Men (fin dal titolo) sembrerebbe suggerire.
Più vicino alle atmosfere affascinanti ma altrettanto imperfette della miniserie Devs che ai livelli magistrali di Ex Machina e Annientamento, Men passa troppo tempo a sottolineare e a girare intorno a un punto esclamativo tematico che era già stato ben evidenziato fin dal primo atto.
Tuttavia, è nel racconto di questi elementi – secondo uno schema visivo sontuoso in cui il direttore della fotografia Rob Hardy sfrutta al meglio le meraviglie naturali dell’Inghilterra rurale – che Men aggiunge splendore artistico alla sua semplicità narrativa. E man mano che abbraccia (molto gradualmente) uno stato naturale e primordiale, l’esperienza si arricchisce.
Nel terzo atto, il film prende invece una piega orrorifica più marcata, che potrebbe mettere alla prova – e persino far infuriare – alcuni spettatori. Ma è proprio qui che Men trascende le sue trappole narrative e si fa qualcosa di molto più avvincente. Rimodella un’immagine già distorta in qualcosa di ancora diverso, mettendo in discussione la nostra comprensione del film, sì, ma anche la nostra (e quella di Harper) del matrimonio … e del mondo che lo ha condannato.
Vedere un’opera così impegnativa ricevere un’ampia distribuzione nei cinema in questi tempi è quasi sorprendente. Non sarà adatto a tutti, ma è assai facile che a distanza di qualche tempo dalla visione Men vi frullerà ancora in testa. Questo succede con le opere che colpiscono nel segno, capaci di dire qualcosa di ficcante sulle eterne dinamiche tra uomini e donne, verdi o meno che siano.
Vi segnaliamo a questo punto la nostra intervista esclusiva ad Alex Garland, con cui abbiamo amabilmente dibattuto di cinema horror.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Men, nei nostri cinema dal 25 agosto:
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