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Voto: 5/10 Titolo originale: Thunderbolts* , uscita: 30-04-2025. Budget: $180,000,000. Regista: Jake Schreier.

Thunderbolts*: la recensione del film di Jake Schreier con gli eroi reietti

29/04/2025 recensione film di William Maga

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Lewis Pullman in Thunderbolts (2025)

Con Thunderbolts*, la Marvel aveva la possibilità di rigenerare il suo universo narrativo da tempo in crisi, presentando una squadra di antieroi segnati dal dolore e dalla solitudine. Era l’occasione per raccontare una storia diversa, più intima, meno fondata sulla spettacolarità fine a sé stessa. Eppure, il risultato è un film confuso, debole, incapace di costruire emozioni autentiche o di offrire veri personaggi memorabili.

Thunderbolts non è solo mediocre: è il sintomo evidente di quanto il Marvel Cinematic Universe si sia svuotato di idee, ambizione e anima.

Il film si apre con Yelena Belova, ancora tormentata dalla morte della sorella Natasha, intrappolata in missioni sporche per conto della CIA diretta da Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus). Quando Valentina rischia di essere incriminata per le sue operazioni segrete, decide di eliminare tutte le prove, inclusi i suoi stessi agenti. Yelena (Florence Pugh), Ghost (Hannah John-Kamen), John Walker (Wyatt Russell) e Taskmaster (Olga Kurylenko) si trovano così a combattersi tra loro, per poi scoprire il tradimento e unire le forze per proteggere Bob (Lewis Pullman), un misterioso soggetto sperimentale dotato di poteri pericolosi.

Sulla carta, la trama potrebbe funzionare: la tensione tra i personaggi, il senso di tradimento, la lotta contro un’autorità corrotta. Ma in pratica, la costruzione narrativa è frettolosa e meccanica. Thunderbolts* alterna combattimenti caotici a spiegazioni didascaliche, senza mai creare una progressione emotiva credibile. I passaggi chiave — l’incontro, la separazione, l’unione, la ribellione — sembrano obbedire a un copione standardizzato piuttosto che emergere organicamente dai protagonisti.

Thunderbolts film 2025 poster ITAPeggio ancora, l’inserimento di Bob come elemento di coesione arriva troppo tardi e non basta a dare coerenza alla narrazione. Il risultato è un film che scorre via senza lasciare tracce, prevedibile in ogni suo snodo (ci sono pure tracce evidenti di The Boys).

E se la trama è debole, i personaggi lo sono ancora di più. Florence Pugh riesce a salvare parzialmente Yelena, infondendo al personaggio una malinconia autentica. Yelena è disillusa, stanca, combattuta tra il desiderio di espiazione e l’incapacità di credere in qualcosa. La Pugh riesce a dare corpo al suo dolore, anche se Thunderbolts* non le fornisce mai veri momenti di sviluppo.

Bob, interpretato da Lewis Pullman (Top Gun: Maverick), porta un minimo di freschezza: la sua innocenza spaesata offre qualche rara scintilla di umanità. Tuttavia, anche il suo arco narrativo resta abbozzato, sacrificato alla necessità di mantenere il ritmo.

Il resto del cast è trattato in modo scellerato. Bucky Barnes (Sebastian Stan), personaggio complesso e stratificato, viene ridotto a una comparsa decorativa. John Walker, che aveva mostrato ambiguità affascinanti in The Falcon and the Winter Soldier, diventa qui una macchietta rabbiosa. Ghost e Taskmaster sono completamente dimenticabili: funzionali solo all’azione, prive di spessore. David Harbour è l’emblema della linea comica.

Non esiste chimica tra i membri del team. Non si percepisce crescita nei rapporti, non si avverte la nascita di un legame. Ogni momento di collaborazione sembra forzato, una mera necessità di sceneggiatura. Il confronto tra questi Thunderbolts* e gli Avengers originali è – prevedibilmente – impietoso: manca la tensione tra caratteri forti, manca il rispetto guadagnato sul campo, manca l’emozione.

Jake Schreier, regista proveniente dal successo critico di Beef, si trova qui completamente ingabbiato dalle imposizioni Marvel. La regia è corretta ma anonima: nessuna sequenza memorabile, nessun rischio stilistico.

La fotografia adotta toni freddi e spenti, coerenti con il mood depresso del film, ma incapaci di costruire un’identità visiva forte.
L’azione, pur più “fisica” e meno basata sulla CGI rispetto ad altri recenti titoli Marvel, è coreografata senza particolare inventiva. Le scene di combattimento sono funzionali ma immediatamente dimenticabili, appesantite da montaggi frettolosi e da una totale mancanza di pathos.

Anche nei momenti più spettacolari — come il tentativo di contenere Void a New York — il film non riesce mai a trasmettere il senso della posta in gioco, né visivamente né emotivamente.

Uno degli aspetti più frustranti di Thunderbolts* è il modo in cui tradisce le sue stesse ambizioni tematiche. Vorrebbe parlare di depressione, trauma, solitudine, salute mentale. Bob rappresenta in teoria il simbolo della lotta interiore, il pericolo di cedere al vuoto assoluto.

Thunderbolts (2025) film mcuEppure, tutto si riduce a meri slogan emotivi. I personaggi enunciano il proprio disagio più che viverlo. I temi più delicati — il senso di colpa, la perdita, l’autolesionismo emotivo — vengono accennati, non esplorati. Il risultato è una versione annacquata e superficiale di una narrazione che avrebbe richiesto coraggio e profondità.

Void stesso, che dovrebbe incarnare le paure più oscure dei personaggi, si trasforma in un pretesto per scene d’azione generiche, svuotando di significato l’intera metafora.

Thunderbolts* non fallisce nel vuoto. È l’ennesimo segnale di una crisi più ampia che colpisce tutto il Marvel Cinematic Universe post-Endgame. La fine della “Saga dell’Infinito” ha lasciato un vuoto narrativo che gli studios non sono riusciti a colmare. La fase quattro e la fase cinque hanno prodotto una serie di film e serie TV frammentate, prive di una direzione chiara, con personaggi secondari lanciati in progetti senza una reale strategia di lungo termine.

E Thunderbolts* incarna questa crisi perfettamente. Non riesce a raccontare una storia compiuta, non riesce a costruire entusiasmo per il futuro, non riesce nemmeno a intrattenere pienamente nel presente. È un film che esiste solo per obbligo di calendario, non per necessità narrativa o passione creativa.

Fate poi conto che ho evitato di lamentarmi di dettagli ‘secondari’ come l’assenza di qualunque altro supereroe del MCU – o delle forze dell’ordine – mentre NYC è in grave pericolo, i salti temporali incredibili, il modo di operare completamente indisturbato di Valentina (muove decine di soldati con mezzi ed elicotteri, sposta documenti ecc.) mentre è sotto impeachment e tenuta sotto strettissima osservazione, che tutti vengono suonati come delle zampogne o sono coinvolti in incidenti e a malapena si spettinano, il disinteresse dei cittadini mentre tutto esplode, le solite morti ‘non morti’, l’incredibile scena finale senza senso o la benché minima spiegazione su cosa abbiano fatto tutti i protagonisti nel tempo in cui non li abbiamo visti al cinema on in TV (per non parlare del Presidente degli USA e degli eventi del probabilmente vicinissimo Brave New World …). Non sono così pignolo da cercare una logica dai.

thunderbolts film 2025 sentryIl rischio più grande per la Marvel non è semplicemente il fallimento commerciale di un singolo titolo, ma l’erosione progressiva del patto emotivo con il pubblico: senza personaggi amati, senza storie avvincenti, senza emozioni autentiche, l’universo Marvel rischia di svuotarsi fino a diventare irrilevante.

Insomma, Thunderbolts* è il prodotto di un universo narrativo stanco, senza più visione né coraggio. Fallisce come film d’azione, come racconto di squadra, come dramma emotivo e come tassello di una saga più ampia. Nonostante la presenza di interpreti talentuosi e spunti potenzialmente interessanti, il risultato è un prodotto meccanico, già visto, incapace di lasciare il segno.

Guardando Thunderbolts*, si ha la sensazione non di assistere alla nascita di una nuova squadra alla stregua dei Guardiani della Galassia (o della rivale Suicide Squad), ma di trovarsi davanti al funerale di un modo di fare cinema che ha dominato per quasi un ventennio. Un cinema che, ora, sembra incapace persino di ricordarsi perché valeva la pena di seguirlo.

Se la Marvel vuole davvero sopravvivere a questa fase di declino, dovrà ritrovare il coraggio di raccontare storie nuove con veri personaggi, non semplicemente assemblare contenuti seriali travestiti da eventi cinematografici. Thunderbolts* dimostra che senza anima, senza emozione e senza autentico senso del racconto, nemmeno il più grande universo narrativo mai costruito può evitare il collasso.

Ah si, ci sono due scene post-credits (la prima inutile, la seconda molto significativa).

Di seguito – sulle note di Nothing’s gonna stop us now degli Starship – trovate il trailer doppiato in italiano di Thunderbolts*, nei nostri cinema il 30 aprile: