A Lucca Comics, l'autore del fumetto e della serie della AMC ha parlato della sua visione del mondo post-apocalittica e dei punti in comune con le opere del regista
Come in molti sapranno, Robert Kirkman in questi giorni è gran ospite d’onore a Lucca Comics & Games, dove tra una sessioni di autografi e un selfie ‘volante’ con qualche ammiratore incrociato per strada ha avuto anche il tempo di affrontare i giornalisti, parlando ovviamente dei suoi molti progetti.
Tra questi, c’è naturalmente The Walking Dead, serie a fumetti che lo ha reso celebre fin dall’arrivo nelle edicole americane nel 2003 e adattata con ancora più successo per la TV nel 2010, di cui è attualmente in onda l’ottava stagione. Proprio riguardo la sua creatura più nota, di cui Charlie Adlard è disegnatore fin dal numero 7, all’autore e sceneggiatore è stato chiesto quale sia il suo approccio al tema della speranza nello show/fumetto rispetto ai film classici di George A. Romero, scomparso la scorsa estate e per molti primo ispiratore di TWD, considerati intrisi di pessimismo. Questa la sua curiosa risposta:
Credo che ci sia speranza in quelle storie di Romero, ma che il mezzo non gli abbia consentito di esplorare a dovere questa tematica. Io invece posso contare su una superficie illimitata su cui sperimentare, per quanto riguarda la serie a fumetti che per la serie TV, cosa che invece Romero non ha avuto a disposizione. Anzi, potrei argomentarvi che i film di Romero nel loro complesso sono addirittura probabilmente più speranzosi rispetto a quello che si vede in The Walking Dead, nella misura in cui i suoi zombie si evolvono e vanno in una direzione più pacifica e intelligente, elementi legati alla speranza in qualche modo.
A titolo di cronaca, ricordiamo che non più tardi del 2013, Romero aveva definito The Walking Dead:
Fondamentalmente una soap opera con qualche sporadico zombie. Ho sempre utilizzato gli zombie come personaggi legati alla satira o alla critica politica, una cosa che mi sembra manchi in quello che sto vedendo ora …
Dire che i film del regista newyorchese siano pieni di speranza e che se ne avesse avuto l’occasione probabilmente questo aspetto sarebbe stato esplorato più a fondo pare quanto meno azzardato …