Voto: 4/10 Titolo originale: Atlas , uscita: 23-05-2024. Budget: $100,000,000. Regista: Brad Peyton.
Atlas: la recensione del film fanta-action di Brad Peyton con JLo (su Netflix)
24/05/2024 recensione film Atlas di Gioia Majuna
La star è al centro dell'ennesimo prodotto dal budget milionario usa e getta, tutto CGI e zero inventiva

I film sono sempre stati contrari all’Intelligenza Artificiale. Già 2001: Odissea nello spazio mostrava come un semplice programma informatico possa diventare malvagio se non gli si insegna a essere ‘umano’. Il franchise di Terminator era incentrato su programmi di I.A. malvagi che conquistavano il mondo. Lo stesso si può dire della saga di Matrix.
Persino la serie dei Mission: Impossible, le cui minacce erano solitamente limitate a quelle biologiche o nucleari, ha scatenato una guerra contro le I.A. nel suo ultimo capitolo.
È stato quindi davvero sorprendente vedere Netflix mettere a catalogo lo scorso agosto un film a favore dell’I.A. come Heart of Stone (la recensione) subito dopo aver rivelato che stava usando l’I.A. per “velocizzare” il processo di post-produzione. Naturalmente ci sono state reazioni negative, ma la piattaforma di streaming ha forse cambiato idea?
Ebbene, pur tacendo sul modo in cui utilizza l’I.A. per la realizzazione di film e show, ha rilanciato ora il suo appoggio al delicato soggetto con Atlas.
Il film da 100 milioni di dollari diretto da Brad Peyton (Rampage – Furia animale) è ambientato in un futuro in cui l’umanità dipende interamente da androidi umanoidi dotati di Intelligenza Artificiale. Val Shepherd stava sviluppando un androide di nome Harlan, che trattava Val come sua madre e la figlia di Val, Atlas, come sua sorella.
Ma una notte decise di epurare l’umanità e fece sì che tutti i robot del mondo uccidessero i loro padroni umani. Per questo motivo gli umani hanno creato la Coalizione Internazionale delle Nazioni per adottare un approccio unitario alla lotta contro l’IA. Questo ha spinto Harlan e i suoi colleghi robot a lasciare la Terra.
Tuttavia, promise di tornare per finire il lavoro che aveva iniziato. Atlas è cresciuta intanto come analista dell’ICN e quando è arrivato il momento di partecipare a una missione per catturare Harlan, che si è rifugiato sul pianeta GR-39 nella Galassia di Andromeda, ha colto al volo l’occasione perché conosceva Harlan meglio di chiunque altro nell’ICN.
Purtroppo, l’operazione si è arena molto presto, spingendo Atlas ad andare contro il suo stesso istinto e a fidarsi del suo partner A.I., Smith, per portare a termine il lavoro.
Dire che Atlas è poco originale è un eufemismo. Non vogliamo sminuire la capacità degli sceneggiatori di plasmare questo script davvero risibile, ma sembra che Leo Sardarian e Aron Eli Coleite abbiano preso un mucchio di concetti da ogni film di fantascienza della storia, li abbiano frullati attraverso un programma simile a ChatGPT e abbiano consegnato le pagine a Netflix.
E sapete una cosa? Sarebbe andato bene anche l’ennesimo film su un robot che ‘impazzisce’ e causa l’estinzione del genere umano. Ma è la mancanza di sfumature nella creazione del legame tra Atlas e Smith a irritare. Presenta un dilemma derivativo ma comunque interessante in cui la protagonista deve fidarsi dell’unica cosa al mondo che odia (l’IA) per poter sopravvivere, e si risolve con un blando esercizio di costruzione della fiducia.
Immaginate se l’odio di Ripley nei confronti di Ash o la paura di Sarah Connor nei confronti del T-800 fossero stati introdotti e poi risolti nello stesso film. Non sarebbe stato interessante? La risposta è semplicemente no. La cosa peggiore è che, invece di usare Harlan per dissipare o confermare la paura di Atlas nei confronti dell’IA, gli sceneggiatori hanno semplicemente usato un altro programma di IA per fare lo stesso. E’ possibile che fossero così desiderosi di dire “non tutte le I.A.!” che hanno dimenticato come si scrive una buona sceneggiatura.
Dal punto di vista visivo, in Atlas c’è sempre molto da guardare. È chiaro che gli artisti dei VFX e della CGI si sono impegnati a fondo per realizzare ogni singolo fotogramma del film. Ma la visione di Brad Peyton è così banale che nulla di tutto ciò riesce a lasciare un segno tangibile.
Ed è assurdo che, nonostante abbia lavorato in passato a lungometraggi con CGI, il regista non sia ancora riuscito a liberarsi del suo amore per quell’estetica così terribilmente illuminata, dai toni marrone opaco e grigia. Gli artisti della CGI, dei VFX, i direttori della fotografia, i montatori, i designer di produzione e i direttori artistici possono creare qualsiasi cosa la mente riesca a immaginare. Eppure, le loro capacità di creare hangar dall’aspetto piatto, mecha poco attraenti e mondi dimenticabili è a dir poco offensivo.
Pensate al Pandora di Avatar, ai costumi tute di Matrix Revolutions o alle ambientazioni del recente Dune Parte Due, e poi guardate quello che Atlas ha da offrire. Non è che Brad Peyton non abbia il budget per realizzare qualcosa di memorabile. C’è così tanta CGI che è praticamente un film d’animazione, eppure nessuna di queste viene utilizzata per fare qualcosa di innovativo nel campo della fantascienza.
Beh, dato che Netflix ormai è un top player nei film ‘da tenere in sottofondo mentre si fa altro‘, è probabile che gli abbonati lo ascolteranno con sufficienza e che la piattaforma di streaming conterà questi minuti ugualmente come una visione effettiva, affermando poi che Atlas è il film più popolare del suo genere del 2024, mettendo presto in cantiere un altro progetto affine.
Tra l’altro, dà da pensare anche la piega che ha preso la carriera cinematografica di Jennifer Lopez, votata ormai al pieno egocentrismo. Come The Mother e This Is Me… Now: A Love Story anche Atlas sacrifica il world building e la narrazione per far sì che i riflettori restino puntati sulla star 54enne. Che poi, ancora, se JLo fosse una grande attrice, lo script fosse dignitoso e la regia fantasiosa, nessun problema, sia chiaro.
Per quanto riguarda il cast di supporto, niente da segnalare su Simu Liu, Sterling K. Brown, Mark Strong, Gregory James Cohan e Abraham Popoola. Sono presenti qua e là nel corso dei 118 minuti di Atlas. C’è da augurarsi che siano stati pagati adeguatamente e che l’importo dei loro assegni non sia proporzionale al tempo trascorso sullo schermo.
Si è parlato molto della “morte del cinema” dovuta all’ascesa dei cinecomic, e le critiche a questo sottogenere hanno infine portato a un calo significativo degli incassi al botteghino e della frequenza con cui vengono distribuiti.
Lo stesso dovrebbe accadere a questi finti blockbuster d’azione da milioni di dollari che Netflix America sta realizzando da tempo. La lista ormai è arrivata a comprendere mediocrità assortite come Red Notice, The Gray Man, il già citato Heart of Stone, Army of the Dead, il franchise di Rebel Moon, Damsel e ora Atlas.
Sono talmente insulsi e dimenticabili che sembra un crimine dare a questi artisti così tanti soldi solo perché possano realizzare qualcosa che la gente vedrà scorrendo il telefonino. I film non americani di Netflix, con budget apparentemente moderati, se la passano molto meglio. Solo quest’anno abbiamo visto Badland Hunters, Code 8: Part II e City Hunter. Non sono certo perfetti, ma almeno si ha la sensazione che siano stati realizzati da esseri umani che vogliono dire qualcosa attraverso la loro arte.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Atlas, nel catalogo di Netflix dal 24 maggio:
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