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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Mortal Kombat , uscita: 18-08-1995. Budget: $18,000,000. Regista: Paul W. S. Anderson.

Dossier | Mortal Kombat di Paul W. S. Anderson: l’adattamento definitivo di un videogioco

17/01/2020 recensione film di Sabrina Crivelli

Ridicolo, datato, improvvisato, il film del 1995 con Christopher Lambert resta una delle versioni 'dal vivo' più divertenti e memorabili del sottogenere

mortal kombat film 1995

Molti adattamenti moderni di videogiochi solitamente patiscono la smania di dover essere anche dei “buoni film”. Mortal Kombat non si è mai posto questo problema.

Uscito nei cinema americani il 18 agosto nel 1995 (in quelli italiani il 10 novembre dello stesso anno), Mortal Kombat è arrivato appena dopo quella che alcuni ritengono la ‘trinità empia‘ delle prime trasposizioni ‘dal vero’ da videogiochi degli anni ’90: Super Mario Bros. di Rocky Morton e Annabel Jankel (1993), Double Dragon di James Yukich (1994) e Street Fighter di Steven E. de Souza (1994). Se questo primato legherà questi tre film per sempre, non è però corretto inserirli all’interno del medesimo gruppo, almeno in termini di qualità o di successo conseguito.

Mortal Kombat (1995) film posterAd esempio, Street Fighter non andò così male al botteghino (i suoi incassi si aggirarono intorno ai 100 milioni di dollari, da un budget di 35) ed è ricordato con affetto da diversi estimatori per la sua natura irriverente, per un Jean-Claude Van Damme pompatissimo e per la performance finale del compianto Raul Julia nei panni di Bison. Non possiamo certo paragonarlo quindi a Double Dragon e Super Mario Bros., trasposizioni live action che non sono riuscite né a coprire gli investimenti produttivi (il secondo è considerato addirittura un esempio emblematico di fallimento totale), né a crearsi un qualche seguito di culto, finendo tristemente soltanto nella classifiche dei peggiori titoli della loro epoca.

Nonostante le differenze, c’è comunque un elemento che li accomuna tutti quanti: hanno cercato di essere qualcosa che intrinsecamente non erano.

Super Mario Bros. – il videogioco – era incentrato sulle avventure di due idraulici di origine italiana dentro un regno magico. Super Mario Bros. – il film – era invece ambientato in una bizzarra metropoli governata da lucertole umanoidi, in cui la rivoluzione del popolo veniva supportata dall’uso di stivali a razzo. Il film di Street Fighter è noto invece per la sua quasi totale mancanza di veri e propri combattimenti ‘di strada’. Il regista di Double Dragon, infine, sembrò essere più interessato a filmare il protagonista Robert Patrick in tutte le situazioni e gli scenari che gli venivano in mente piuttosto che a trasformare in maniera efficace gli elementi distintivi del relativo videogame in qualcosa di fruibile su pellicola.

Tutti questi film hanno quindi inviato un messaggio molto chiaro ai fan dei videogiochi originali: i videogame che amate sono stupidi e interessano agli studi hollywoodiani solo perché pensano che possiate essere abbastanza sciocchi da acquistare a scatola chiusa qualunque cosa abbia impresso il loro nome. Oltre a essere quantomeno indelicata, l’intera pratica mise in dubbio per sempre la possibilità di realizzare film convincenti basati sui videogame (per approfondire l’argomento leggete il nostro completissimo dossier – Il genere non genere dei videogame al cinema in quattro parti: I,II, III, IV e V).

Mortal Kombat fu diverso. Quando il produttore di filmacci Lawrence Kasanoff visitò la Midway Games negli anni ’90, trascorse una buona mezz’ora a giocare al videogioco. Eccitato per l’esperienza, si rivolse così al capo della società, Neil D. Nicastro, e gli disse che gli sembrava “un mix tra Star Wars e di I 3 dell’Operazione Drago” e che pensava che avesse il potenziale per diventare un fenomeno globale. Persino Nicastro ritenne che l’uomo fosse fuori di testa …

Non vi deve però stupire il suo entusiasmo – in fondo si trattava di colui che aveva prodotto nel 1989 il film scult C.H.U.D. II: Bud the Chud Detto ciò, non significava che avesse torto. Mortal Kombat era stato un vero e proprio fenomeno di culto nell’universo videoludico, in barba a ogni censura e pretesa educativa, e aveva attirato a frotte i giocatori nelle sale arcade con la sua grafica per l’epoca “realistica”, le mosse brutali e i personaggi stravaganti. Era il videogioco ‘vietato’ ai ragazzini per eccellenza. Naturalmente, questa nomea gli assicurò inevitabilmente un incredibile seguito tra gli adolescenti.

mortal kombat 1995Inoltre, Lawrence Kasanoff non fu mai particolarmente interessato a realizzare un grandioso adattamento per il cinema di Mortal Kombat; al contrario voleva solo trovare un modo per usare il film come trampolino per un proprio impero multimediale basato proprio su quel titolo. Sulla carta, sembra la stessa filosofia che aveva portato alla disfatta le versioni cinematografiche di Super Mario Bros., Double Dragon e Street Fighter. In pratica, il piano funzionò, perché nessuno di coloro che furono coinvolti nel progetto aveva davvero idea di cosa stesse facendo.

Iniziamo dal regista scelto per Mortal Kombat. Paul W.S. Anderson (che anni dopo, nel 2002, si sarebbe dedicato a un altro adattamento di una nota saga videoludica: Resident Evil) al tempo aveva solo il crime drama Shopping alle spalle e non aveva alcuna idea di come dirigere un film che richiedesse un uso abbondante di CGI. La sceneggiatura era stata scritta al volo e faceva ampio affidamento sugli attori per l’improvvisazione di un’ampia parte dei dialoghi (fatto di cui lo sceneggiatore Kevin Droney si lamentò, perché riteneva avesse compromesso parecchio la sua vision).

Robin Shou – che interpretava Liu Kang – dovette diventare in via non ufficiale uno dei coreografo dei combattimenti, forte della sua precedente esperienza come attore in altri film di arti marziali. A un certo punto, la crew fu addirittura costretta a cercare qualcuno che possedesse macchinari pesanti, visto che la manovalanza locale in Thailandia aveva inutilmente trascorso più di mezza giornata a cercare di rimuovere a mani nude alcuni grossi blocchi di pietra da usare in una scena. Insomma, le difficoltà e gli imprevisti non mancarono, e molti furono gli espedienti per portare a casa Mortal Kombat in qualche modo.

Se non mancarono talenti ‘naturali’ nella troupe, fu in realtà il livello di impreparazione serpeggiante presente sul set a portare a un momento glorioso della storia del cinema di serie B, che da solo salvò l’intero Mortal Kombat. Infatti, dato che Paul W.S. Anderson e il resto del suo team non erano per nulla sicuri di quello che stavano realizzando, decisero di appoggiarsi direttamente i fan del videogame originale.

François Petit in Mortal Kombat (1995) sub-zeroQuando questi ultimi, durante i test screening, dissero al regista che l’adattamento era penoso, lui scelse di ascoltarli. Quando gli stessi sottolinearono come non ci fossero abbastanza sequenze di combattimento, non li ignorò. Quando i fan affermarono, infine, che la colonna sonora composta di pezzi di musica classica non fosse per niente adatta allo scopo, Paul W.S. Anderson non si voltò dall’altra parte.

Forse perché era lui stesso un fan del videogioco e rispettava le opinioni diffuse tra i suoi compagni player, prestò molta attenzione ai loro suggerimenti, considerato che – tra l’altro – erano i principali destinatari del suo adattamento su pellicola. Il regista e la sua squadra, quindi, non cominciarono necessariamente a girare qualcosa che fosse di per sé ‘un buon film’, ma iniziarono semplicemente a realizzare un prodotto che potesse dare a tutti l’idea di cosa fosse Mortal Kombat, fatality e impossibili effetti speciali inclusi.

Si devono proprio alle osservazioni e ai suggerimenti di quei fan gli elementi più riusciti del film. Il particolare, era vero che inizialmente erano stati previsti pochi combattimenti. Così, a causa di quel feedback negativo, l’epico scontro tra Johnny Cage (Linden Ashby) e Scorpion (Chris Casamassa) – curiosamente anche uno dei momenti meglio filmati, che si rifà ai duelli classici tra samurai – venne aggiunto, insieme a molte altre sequenze d’azione. Inoltre, ciò che mancava in termini di stile (alcuni momenti appaiono decisamente posticci e ai limiti dell’amatoriale), venne compensato dalla notevole dose di eccentricità delle location e dei costumi impiegati.

Tra i vari meriti di Mortal Kombat, che alla fine rastrellò al box office 122 milioni di dollari (budget di 18 milioni), si aggiunge poi quello di essere stato il primo film occidentale a utilizzare il wire-fu, tecnica assai popolare nel cinema action di Hong Kong (Tsui Hark o Yuen Woo-ping vanno annoverati tra i maestri di quest’arte). A tal proposito, forse non sono del tutto condivisibili le affermazioni di Paul W.S. Anderson secondo cui Matrix dei fratelli Wachowski (la nostra riflessione sulla ‘maledizione della pillola rossa’) ha ingiustamente scippato il primato in tal senso proprio al suo adattamento del 1995, ma c’è una differenza tra il semplice farlo e il farlo bene …

Anche se ciò non toglie che gli scontri in Mortal Kombat siano stati tutt’altro che abbozzati con sufficienza, merito ancora una volta del videogame alla base, fonte di ispirazione per la caratterizzazione degli stili di combattimento dei personaggi e delle ‘mosse speciali’, nonostante gli attori protagonisti (scelti più che altro per la somiglianza coi relativi personaggi) non fossero esattamente degli atleti.

Mortal Kombat (1995) goroTra gli aspetti più memorabili vi è infine la colonna sonora. Come anticipato, il pubblico presente ai test screening di Mortal Kombat bocciò senza mezzi termini le generiche musiche d’orchestra inserite nel primo montaggio del film. Così, il dipartimento che si era occupato delle musiche passò in rassegna i videogiochi, scoprendo – ma guarda un po’! – che il tema principale utilizzato era essenzialmente composto da una serie di suoni elettronici sincopati.

Così, optarono per imitarle. Le case discografiche e gli studi cinematografici risero di quella scelta però e suggerirono piuttosto di provare con qualcosa del tipo “uno scontro tra Buckethead (un tizio che suonava musica elettronica con un secchio in testa) ed Eddie Van Halen“.

Il team di Mortal Kombat non prestò tuttavia attenzione a questa boutade e continuò con la prima idea. Il risultato, come sappiamo, fu una imprevedibile perla intitolata “Techno Syndrome (Mortal Kombat)“, creata dal collettivo belga The Immortals. Trattasi di un trascinante pezzo di electronic dance intercalato con una distorsione dei suoni presenti nel videogioco. L’idea di un main theme in cui venisse urlato ciclicamente il titolo del film sembra tanto assurda quanto pacchiana, eppure quella canzone – uscita sul mercato anche come singolo – divenne il motore trainante della soundtrack intera, ottenendo un successo tale da garantirle addirittura un Disco di Platino! Il motivo è ovvio: cosa importa se il testo è stupido se fa ballare in modo sfrenato??

Lo stesso metro di giudizio si potrebbe applicare al resto della produzione di Mortal Kombat. Sub-Zero (François Petit) e Scorpion appaiono ridicoli sul grande schermo nei loro costumi azzurro e arancione, repliche piuttosto accurate di quelli che si vedono nel videogame? Innegabile, ma sono cattivi intrinsecamente sopra le righe e cercare di “normalizzarli” sarebbe stato molto peggio. O vogliamo parlare del dio del tuono Raiden, interpretato dallo ‘specchietto per le allodole’ Christopher Lambert, che sciorina massime col sorriso sulle labbra e sprizza scintille dagli occhi? Lo stesso Goro poi (la cui voce originale è di Kevin Michael Richardson) non era altro che un gigantesco pupazzo che sul set si ruppe almeno quanto lo squalo ‘Bruce’ dell’omonimo classico diretto da Steven Spielberg nel 1975 … Eppure, guardare la reazione di un animatronic al colpo basso di Johnny Cage non è forse esilarante?

Christopher Lambert in Mortal Kombat (1995)Questi sono i motivi per cui Mortal Kombat rappresenta un pezzo fondamentale degli adattamenti di videogiochi al cinema. Indubbiamente, titoli come il primo Resident EvilSilent Hill sono più riusciti come film, tuttavia, sono forse migliori dei videogame da cui sono tratti o di molti altri horror a loro contemporanei?

Se prendiamo altri esempi come i recenti e multimilionari Rampage (la recensione) e Tomb Raider (la recensione), sono mero intrattenimento hollywoodiano usa e getta, quasi accettabili per una serata spensierata, ma potreste affermare che gli estimatori dei relativi videogame si siano davvero divertiti o abbiano suggerito a qualche amico di andarli a vedere? E qualcuno se li ricorderà ancora tra 15 anni?

Sarà anche datato e approssimativo, ma il film di Paul W.S. Anderson, pur con tutti i suoi difetti, resta ancora oggi essenziale per comprendere a fondo il fenomeno Mortal Kombat nella sua interezza. Fa pienamente parte dell’eredità di un’epoca almeno quanto i videogiochi stessi da cui ha preso spunto. Quantomeno, è una tappa doverosa per chiunque voglia ricordarsi che aspetto abbia veramente un videogame quando prende vita sul grande schermo e per chiunque ami indefessamente gli anni ’90, i suoi titoli più truci e i tornei di arti marziali con declinazioni fantasiose.

Di seguito trovate il trailer internazionale:

Fonte: DoG