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Voto: 7/10 Titolo originale: Soylent Green , uscita: 18-04-1973. Regista: Richard Fleischer.

Recensione story | 2022: i sopravvissuti di Richard Fleischer

15/12/2017 recensione film di Sabrina Crivelli

Charlton Heston è il protagonista di una sconvolgente distopia ecologica e sociale che vagheggia un futuro fin troppo plausibile

2022 i sopravvissuti

Dopo l’ineffabile Zardoz di John Boorman, la prossima tappa del nostro percorso alla riscoperta dei titoli obliati del passato ci porta a un film ben differente, seppur allo stesso modo affascinante: 2022: I sopravvissuti (Soylent Green) del geniale Richard Fleischer (a cui dobbiamo anche Conan il distruttore, 20.000 Leghe sotto i mari e Viaggio allucinante, giusto per intenderci). Una delle pellicole distopiche più riuscite degli anni ’70, fu distribuito nel 1973, è parte di quel filone che comprende anche 2002: la seconda odissea (Silent Running) di Douglas Trumbull, Rollerball di Norman Jewison e La fuga di Logan (Logan’s Run) di Michael Anderson, ma presenta una vena decisamente più pessimista.

Tra il fanta-apocalittico e la detective story, e al contempo assai plausibile nelle sue premesse, 2022: i sopravvissuti è ambientato in un futuro in cui la Terra è oltremodo sovrappopolata, mentre le risorse alimentari sono ormai insufficienti (scenario assolutamente verisimile quindi). Il mondo è immerso in un’atroce calura, le specie animali e vegetali sono state decimate dalla razza umana, la cui popolazione all’opposto è ormai fuori controllo.

La città di New York, dove la vicenda è ambientata, conta più di 40 milioni di abitanti, il cibo manca da tempo e i suoi abitanti si nutrono di un plancton sintetico, il  Soylent Green appunto, le cui origini sono assai dubbie e oscure. Il detective Thorn (Charlton Heston), durante un’indagine per omicidio, si trova al centro di un caso intricato e viene a conoscenza di informazioni sconvolgenti sulla vera natura della principale fonte di sostentamento dei cittadini.

Se forse 2022: i sopravvissuti ha sbagliato in termini di datazione, anticipando un po’ troppo il ‘quando’, sembra che non sia altrettanto sbagliata la previsione stessa, la natura della futura apocalisse ecologica e demografica (per eccesso in questo caso). Anzitutto è azzeccata la spaventosa crescita della popolazione. I numeri parlano da soli: se negli anni ’70 il totale mondiale si aggirava sui 4 miliardi di individui, entro il 2050 ne sono previsti 10 miliardi, se il trend non cambierà in maniera netta.

Allo stesso modo, indiscutibilmente, la ripartizione delle risorse sarà sempre più un problema, visto l’esponenziale incremento di esseri umani e l’altrettanto inquietante decremento di terre coltivabili con la desertificazione, di specie ittiche e non, l’inquinamento dei terreni, del mare e dell’aria. Insomma quello che poteva essere visionario nel 1970, non è poi così implausibile oggi, nel 2017. Potrebbe non essere realtà magari non nel 2022, ma nel 2050? Il film è quindi capace, con il suo paradossale finale all’insegna del cannibalismo involontario, di portare a una riflessione seria, forse addirittura più stringente oggi,  quando si sta pian piano realizzando quello che allora era percepito come remoto e fantascientifico.

Tuttavia, non solamente la sopravvivenza dell’uomo è problematizzato nella pellicola Richard Fleischer. La tematica sociale e di genere sono poste in questione in maniera altrettanto profonda, critica e senza edulcorazioni. Da una parte la figura femminile è addirittura relegata a “mobilio”, che non solo viene trasmesso da un proprietario al successivo, ma addirittura è chiamato direttamente “forniture“, come d’altra parte viene definita la bella Shirl (Leigh Taylor-Young).

Ampiamente pessimista, anche la gestione delle problematiche di classe non è dominata dall’equità; emblematica in tal senso è la scena dei tafferugli nati dall’esaurimento del Soylent Green, per cui i rimostranti non solo vengono sedati a forza dalla polizia, ma pure raccolti letteralmente a manciate da grosse ruspe dotate di cassoni che sollevano i rivoltosi e li buttano in un enorme vano posteriore come veri rifiuti. D’altra parte, alla sovrappopolazione coincide una proporzionale diminuzione del valore della vita degli uomini, impoveriti e derelitti, ammassati e compressi un po’ ovunque. Infine, sempre per non farci mancare nulla in termini di cinismo, vigono corruzione e insabbiamenti … e il finale non trasmette certo molta speranza.

Viene da domandarsi in un simile scenario quale sia il senso dell’esistenza, così sminuita e vessata, e l’epilogo, di un atro nichilismo, ne suggerisce uno davvero agghiacciante: il nutrire i propri simili. Così, anche quando la verità è con fatica e con estremo sacrificio rivelata, ciò non corrisponde a un cambiamento reale dello status quo, a quell’ottimistico quanto superficiale e ingenuo lieto fine che vede un’improbabile fuga dalla cruda realtà.

Al contrario, se la perfida Soylent ha sfidato con il suo operato anche la più basilare delle norme etiche, c’è forse un’altra soluzione al problema di fondo? Secondo 2022: i sopravvissuti probabilmente no, ed è proprio tale terrificante assunto a rimanere impresso nelle menti degli spettatori, monito duraturo e incisivo assai più che edificanti soluzioni naïf all’insegna di pace e armonia.

Il trailer internazionale: