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Voto: 7/10 Titolo originale: The Devils , uscita: 16-07-1971. Budget: $2,000,000. Regista: Ken Russell.

Recensione story: I Diavoli di Ken Russell (1971)

22/03/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Film epocale e controverso, basato su uno dei momenti più oscuri della Controriforma, è uno dei punti più alti della cinematografia dell'irriverente regista britannico che, allora come ora, non può che scandalizzare

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Pellicola estremamente controversa, I Diavoli (The Devils) di Ken Russell è passato alla storia come uno dei film più discussi mai girati. Sin dal suo debutto alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1971 infatti creò non poche polemiche e l’immediata reazione del Centro Cattolico, che tacciava il film di “sadismo, di sesso, di violenza”. Comprensibile d’altra parte è la reazione della Chiesa, dacché le immagini mostrate nelle quasi due ore di durata non si limitano ad essere spinte e piuttosto scioccanti in molti passaggi, ma mischiano in maniera non poco empia sacro e profano.

Non solo, forniscono anche un ritratto tutt’altro che lusinghiero dell’operato ecclesiastico su territorio francese nel XVII secolo, in particolare della repressione da parte del celebre Cardinale Richelieu, che approfittò di un caso di diffusa isteria presso le suore Orsoline di Loudun per smantellare uno degli ultimi baluardi della libera convivenza religiosa tra cattolici e ugonotti.

I Diavoli Ken Russel 2In tutta risposta, il regista replicò che I Diavoli fosse frutto di un approfondito lavoro di documentazione storica e, seppur con i suoi eccessi, il cuore del racconto fosse veritiero. Ciò non evitò comunque il ritiro delle copie in in Italia e in Svezia e la dura critica di Gian Luigi Rondi, allora direttore della manifestazione lagunare e colpevole di aver selezionato un titolo così moralmente abietto.

Non era tuttavia la prima volta che la tanto discussa vicenda veniva raccontata in ambito artistico: la versione filmica è difatti tratta dall’omonimo dramma teatrale di John Whiting, a sua volta liberamente ispirato al romanzo storico I diavoli di Loudun (The devils of Loudun, 1952) di Aldous Huxley, che si basava per l’appunto su un fatto di cronaca realmente avvenuto negli anni ’30 del ‘600. Protagonista (del film e del fatto) è il carismatico e dissoluto abate Grandier (Oliver Reed), dedito all’amore libero e a sedurre le donne della città, che dopo la morte del governatore ne eredita la posizione.

Strenuo difensore della autonomia locale, l’alto prelato si oppone quindi al barone Jean de Laubardemon (Dudley Sutton), quando questi è inviato da Richelieu per abbattere le mura di Loudon ed espugnare una delle ultime roccaforti del protestantesimo (che quivi coesisteva pacificamente con la chiesa episcopale), inimicandosi così però l’influente consigliere di Luigi XIII.

Nel frattempo, all’interno del convento di clausura di Loudun, residenza delle suore Orsoline, la Madre Superiora, suor Jeanne (Vanessa Redgrave), ossessionata da Grandier, lo richiede come confessore dell’ordine, ma lui declina, essendosi intanto segretamente sposato con Madeleine De Brou (Gemma Jones) ed essendo intento a battersi per l’indipendenza concessa alla comunità anni prima da Enrico IV.

Dunque i suoi avversari prendono a pretesto la grave crisi psicotica che coglie la monaca, che farnetica in preda a deliri dai contorni erotici incentrati sul prete, per accusare quest’ultimo di essere in combutta con il demonio e di pervertire, insieme a Lucifero, le povere e innocenti suore, che frattanto vengono in massa esorcizzate da Padre Barre (Michael Gothard). I rituali e gli interrogatori vengono procrastinati con agghiacciante meticolosità, finché l’obiettivo ultimo di tutto, lo scomodo Grandier, non viene in ultimo accusato e processato per stregoneria, per poi essere messo al rogo.

Se Ken Russell è stato in generale geniale e sopra le righe, e perciò su più fronti molto contestato, I Diavoli è indubbiamente uno dei titoli che più ha suscitato polemiche della sua intera filmografia per l’audace connubio tra critica politica (lui stesso ha dichiarato che si trattasse del suo unico lavoro davvero politico) e carnalità, con derive addirittura blasfeme.

L’aggressione alle atrocità commesse dalla Chiesa, dall’inquisizione e dai poteri forti, tratteggiati come un insieme di vizi, menzogna e ipocrisie (si noti il ridicolo ritratto in apertura di Luigi XIII che danza in vesti di Venere nata dalle acque davanti a un benevolente Richelieu!), è allora resa intollerabile per molti dalla caricaturale estetizzazione con cui il passato è raffigurato, che intensifica con l’allucinato comparto visivo le peggiori nefandezze della Controriforma.

Che i benpensanti ne siano dunque disturbati, vista la potenza del messaggio e della sua messa in scena, non stupisce, né lo fa il fatto che la pellicola sia stata censurata in parte o in toto (in base ai paesi). Meno ancora sorprende che sia stata tagliata una sequenza particolarmente forte, come quella in cui le suore sono colte da un’estasi erotica e attorniano in una simulata orgia un’icona del Cristo a grandezza reale, che peraltro il regista voleva inserire anni dopo in una Director’s Cut che la Warner Bros. non volle però realizzare.

Eppure I Diavoli riesce indulgere su particolari estremamente scabrosi con una contorta e sovversiva artisticità. Affascinanti, benché invasi dagli orrori della peste, divengono allora i vicoli di Loudon creati da Derek Jarman, che per idearli guardò – sorprendentemente – non a un modello del passato, ma ai set dell’avveniristica Metropolis di Fritz Lang (il tutto ricreato nei mitici Pinewood Studios).

Ken Russell, d’altra parte, voleva uno scenario che rispecchiasse la modernità della società delineata nel suo film e non riproporre nelle architetture i soliti ritriti cliché della cinematografia posticcia e medievaleggiante.

Incanta, d’altra parte, con la sua sublime perversione, il sensuale trasporto delle suore tra le stanze inondate dalla luce rifratta dai vetri colorati del monastero e catturate con chiaroscuro e tonalità quasi veermeriani dalla fotografia del maestro David Watkin (che peraltro vinse poi un Oscar per La mia Africa nel 1986).

La bellezza e la deformità si fondono infine nel tratteggiare un personaggio centrale, suor Jeanne, incarnata dall’incantevole Vanessa Redgrave che attraverso la propria mimica, le sue espressioni e le movenze particolarmente caricate stravolge però addirittura le sue angeliche sembianze. Memorabile è in tal senso l’immagine di lei in ginocchio, con il capo sempre innaturalmente inclinato di lato, in una posa sospesa tra follia e possessione.

All’incredibile interpretazione in tale frangente si aggiunge la raffinatezza estrema nel descrivere la psicologia di una donna frustrata e repressa fino all’esasperazione, combattuta tra pulsione e senso di colpa in un freudiano accesso isteriforme. Apoteosi ne è il misticismo blasfemo racchiuso nel passaggio in cui la donna, presa da un raptus, proferisce frasi raccapriccianti con una voce non sua, mentre l’esorcista Barre la sprona ad accusare Grandier, tanto d’impatto d’aver ispirato di lì a pochi anni (nel 1973) uno degli indiscussi capostipiti del cinema di possessione, L’Esorcista di William Friedkin.

L’estrema visionarietà di Ken Russell (che forse tocca i massimi apici nel successivo Stati di Allucinazione), si unisce dunque magistralmente in I Diavoli a un attacco agli apici del potere nella società seicentesca, il clero e la monarchia, nonché all’iniquo, repressivo e ipocrita patriarcato, che relegava giovani e involontarie sventurate all’isolamento forzato per motivi economici (come asserito esplicitamente poiché non vi erano i fondi sufficienti per una congrua dote).

Il messaggio complesso e incompreso, unito alla forza del surreale erotismo che si combina con un sacro sadismo e con un macabro senso di morte, ne fanno probabilmente la migliore pellicola  russelliana e una delle migliori dell’intera cinematografia degli anni ’70 di tale declinazione, eguagliata forse solo da The Wicker Man di Robin Hardy e da poche altre.

Di seguito trovate il trailer ufficiale: