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Voto: 7/10 Titolo originale: The Lighthouse , uscita: 18-10-2019. Budget: $11,000,000. Regista: Robert Eggers.

The Lighthouse | Recensione del film in bianco e nero da incubo di Robert Eggers

20/10/2019 recensione film di Sabrina Crivelli

Il regista di The Witch conferma le sue doti autoriali - e anticommerciali - con oscuro e visionario dramma da camera in 35 mm, che porta Robert Pattinson e Willem Dafoe sull'orlo dell'abisso

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Claustrofobico e denso di mistero, The Lighthouse, nuovo attesissimo lungometraggio diretto di Robert Eggers (che lo ha anche scritto a quattro mani col fratello Max), porta all’ennesima potenza la tecnica, l’atmosfera e lo stile già messi in campo quattro anni fa nel folgorante The Witch (la nostra recensione), raggiungendo apici al limite del cinema sperimentale puro. Sublime e sibillina, questa nuova e potenziata incursione nell’horror ha tutta la fascinazione dell’incubo e delle tenebre dell’animo umano, in cui in un crescendo il regista, fieramente indipendente, sprofonda lo spettatore attonito. Difficile, infatti pensare a qualcosa di più anticommerciale di un film bicromo Rated R, con dialoghi a tratti in versi e in un linguaggio smaccatamente arcaico, con due soli personaggi bloccati su un’isola a occuparsi di un faro fatiscente. Certo si tratta di un’opera lontanissima dai gusti del grande pubblico, ma – e forse proprio per questo – non si può che ammirare il coraggio, la capacità e la genialità del 36enne regista americano, una mosca bianca in un panorama in cui scarseggiano le grandi personalità autoriali, soprattutto tra le nuove generazioni.

the lighthouse film poster eggersUna narrazione ermetica radicata in un topos letterario consolidato, The Lighthouse è ambientato, per l’appunto, nel faro del titolo. Siamo alla fine dell’Ottocento. Un vecchio e burbero guardiano, Thomas Wake (Willem Dafoe), e il suo nuovo subordinato, Ephraim Winslow (Robert Pattinson), approdano insieme su un remoto lembo di terra circondato da acque tempestose al largo del New England, in cui sono relegati per le successive quattro settimane, fino all’arrivo del traghetto che li riporterà indietro. La convivenza, però, è sin da subito complicata.

Thomas è indisponente e dispotico con il suo aiutante, si ubriaca sovente e lancia in lunghe tirate senza senso, lo obbliga a ogni tipo di mansioni (tra cui la pulizia del suo pitale o dei suoi suoi contenuti gastrici…), spesso e volentieri lo critica duramente e gli urla contro all’apparenza senza motivo, minacciandolo di dimezzargli la paga, quando osa difendersi o replicare. Infine, non lo fa avvicinare in alcun modo all’apice della torre del faro, da cui viene irradiata la luce per tutta la zona intorno. La situazione per Ephraim è indubbiamente logorante, ancor più dopo la scoperta di essere bloccato in quel luogo, a tempo indeterminato, a causa di una tempesta. Le angherie del ruvido lupo di mare, l’alcol bevuto in quantità e l’assenza di una via di fuga si tramuteranno quindi in un mix esplosivo, che sprofonderà i due protagonisti nella follia e nel delirio, fino ad esiti estremi…

L’ambientazione di The Lighthouse, come alcuni degli elementi fondamentali del plot non sono certo inediti. Già in precedenza il faro era stato scelto da una grande scrittrice come Virginia Woolf per uno dei suo romanzi più celebri, Gita al faro (To the Lighthouse, 1927), che similmente privilegiava il lato introspettivo e psicologico, ma che era assai lontano per il contenuto: meta irrealizzata per i personaggi del libro, è invece l’epicentro dell’azione dei due protagonisti del film.

Lo stesso scenario era poi al centro dell’ultimo scritto incompiuto di Edgar Allan Poe, il quasi omonimo The Light-House, con cui la trama dell’horror di Robert Eggers ha decisamente più in comune. Nelle pagine del volume, difatti, un giovane (un naufrago in quel caso) si trovava bloccato su un’isola in attesa di soccorso con un vecchio guardiano pazzo ed era tormentato dalle visioni di una giovane bella e misteriosa. Anche in ambito cinematografico non si tratta di una novità; non mancano titoli recenti che rivisitano il medesimo fascinoso soggetto, tra cui The Vanishing – Il mistero del faro di Kristoffer Nyholm, Cold Skin di Xavier Gens, in cui uno stuolo di creature marine assaltava l’avamposto luminoso, o il meno conosciuto Lighthouse Keeper di Benjamin Cooper (ispirato al suddetto scritto poeiano).

the lighthouse film dafoeI precedenti dunque non mancano, alcuni anche affini per contenuto e suggestioni, soprattutto se prendiamo in considerazione The Vanishing, in cui allo stesso modo è esplorato il lento declino nella follia di un ristretto gruppo di individui costretti a una prolungata e isolata convivenza. Eppure, The Lighthouse riesce a rielaborare in maniera unica un canovaccio e stilemi già esplorati prima, per configurare qualcosa di stupefacente che sa di antico e inedito contemporaneamente.

L’inesorabile crescendo di tensione e di pazzia è anzitutto trasposto in modo unico e personalissimo. In ciò, influisce indubbiamente la scelta ardita e anti-moderna di utilizzare per le riprese il formato 35 mm e di girare rigorosamente in bianco e nero, come avveniva nella produzione muta di inizio ‘900.

Il risultato è la sensazione di essere davanti a una pellicola girata in altri tempi, in un periodo più vicino a quello in cui è collocato il film, che non ai giorni nostri. Lontano dalla regia e fotografia (sviluppata in collaborazione con Jarin Blaschke) a cui siamo abituati nei film dell’orrore (e nel cinema) commerciali, l’effetto finale è quello di proiettarci in un universo onirico, in un miraggio che assume contorni sempre più sinistri.

Privato allora del colore, del consueto formato in cui siamo soliti vedere i film in sala, The Lighthouse è uno spettacolo freudianamente perturbante, assistiamo a un’esperienza visiva vagamente familiare, riconoscibile, ma allo stesso tempo lontana, straniante. La presenza costante di volatili marini a presagio di sventura (forse reminiscenza dell’albatro al centro di La ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge), la luce proveniente dal faro, gli scogli inondati dalla spuma marina, la pioggia battente che imperversa e le stanze spoglie in cui abitano i due uomini, tutto si tinge di metafisico, di mentale.

Alla mimesi del reale si sostituisce la sua inevitabile astrazione, costruita sui toni dei grigi e del nero, luminismo fatto di luci e di ombre nette di un chiaroscuro espressionista, all’altezza dei classici tedeschi degli anni ’20, come Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, le cose da sapere) di Friedrich Wilhelm Murnau o Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet des Dr. Caligari) di Robert Wiene.

Robert Pattinson in The Lighthouse (2019)D’altra parte, anti-naturalista è anche la recitazione in The Lighthouse, estremamente caricata e resa impenetrabile da scelte linguistiche inusuali, influendo ad aumentare la doppia sensazione di soffocante e allucinato che domina nell’horror di Robert Eggers. Siamo innanzi a un Kammerspiele post-contemporaneo all’altezza dei suoi predecessori novecenteschi. L’intero sviluppo è giocato sull’incontro e scontro dei due protagonisti, spesso rinchiusi nella penombra del crepuscolo in interno che incombenti su di loro acuendo l’idea dell’impossibilità di fuggire (no solo da quelle quattro mura, ma anche uno dall’altro).

Da un lato, un eccezionale Willem Dafoe (in una performance all’altezza di quella vista in Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità di Julian Schnabel) nei panni di un vecchio malevolo e alcolista, incarna un tipo umano di un’altra epoca, una maschera caricaturale e grottesca di zoliana memoria. La sua parlata difficile, a tratti impenetrabile, è più affine al ritmo poematico ottocentesco che non a un normale dialogo odierno.

La sua controparte è interpretata da un’assai più silenzioso, ma altrettanto espressivo Robert Pattinson, che in The Lighthous, come in High Life di Claire Denis, conferma la sua attitudine a un cinema indipendente, per cui ha dimostrato d’essere indubbiamente portato. Individuo tenebroso che cela palesemente un segreto, la parabola del suo personaggio è costruita con grande maestria e resa in maniera impeccabile da colui che la interpreta, anche nei passaggi più ardui della dissociazione e dell’esplosione di un’incontenibile violenza, che cerca di reprimere. Il flusso delle azioni e delle parole dell’uno e dell’altro ci catturano in una fosca danza ipnotica, fino a discendere ad abissi popolati di creature ammalianti e sfuggenti.

Sarà tutto un incubo, o solo l’arcana natura che celano da sempre quelle terre sottratte a malapena alle furie delle mareggiate e battute da incessanti venti? Lasciamo a ciascuno la propria personale risposta.

Se cercate invece una ‘classica’ spiegazione, vi rimandiamo alla nostra interpretazione del simbolismo del film.

In attesa di capire quando arriverà anche in Italia, di seguito trovate il trailer internazionale di The Lighthouse: