Home » Cinema » Azione & Avventura » Ema | La recensione del film di Pablo Larraín (Venezia 76)

Voto: 5/10 Titolo originale: Ema , uscita: 26-09-2019. Regista: Pablo Larraín.

Ema | La recensione del film di Pablo Larraín (Venezia 76)

03/09/2019 recensione film di Teresa Scarale

Il regista cileno si conferma una delle cineprese più solide del cinema contemporaneo, capace di padroneggiare effetti visivi à la Gaspar Noé (ma senza 'effetto nausea') e storie dal sapore almodovariano, ma prive del retrogusto amaro della sconfitta

ema pablo larrain film

È un film visualmente bellissimo, Ema di Pablo Larraín (Jackie, Il Club), presentato in concorso alla 76a Mostra del Cinema di Venezia. O forse bisognerebbe dire coreograficamente bello. Perché la protagonista, la giovane Ema (l’asciutta e determinata Mariana Di Girolamo), è una danzatrice contemporanea. Perché il marito da cui lei si sta separando, Gastòn (Gael García Bernal, perfetto nel ruolo di bello e infruttifero), è il coreografo della sua compagnia di ballerine/sorelle libere e indomabili nella loro ferrea disciplina. E perché ondivago e forse danzante più del suo corpo, è il suo cuore. Lo stesso cuore che le ha fatto “portare indietro” il pestifero Polo, il figlio adottivo colombiano di lei e del marito sterile, “di dodici anni più vecchio”.

ema pablo larrain film posterTutto sembra già accaduto, all’inizio di questo film, e allo spettatore non resta che assecondare il proprio occhio giudicante e malevolo. Del resto, “è stato riportato indietro un bambino”. La vicenda da cui prende le mosse l’opera lascerebbe quindi pensare ad una irredimibile, tragica e decomposta storia familiare à la Pedro Almodovar (fresco di Leone d’Oro alla carriera), ma si tratta di un’impressione destinata a svanire nel corso del lungometraggio, che stordisce per la sua qualità registica. Di ciò che sta dietro al fatto, non si è mai messi a parte per intero, o per lo meno non subito. Tutto è nell’animo avventato di Ema, squilibrata solo per finta e con un obiettivo molto preciso in testa.

L’ultima opera di Pablo Larraín è un film talmente seducente nelle sue immagini che la trama può risultare irrilevante agli occhi di chi guarda, e il finale non richiesto. Le scenografie, ipnotiche nella loro seduttività (sono firmate da Estefania Larraín), sono capaci di distogliere lo spettatore dall’urgenza morale della vicenda che dà la nota iniziale a Ema. Con la “non necessarietà” del finale non si intende che esso sia privo di logica o di completezza narrativa, anzi. Negli ultimi fotogrammi della pellicola ogni dubbio trova una sua composizione e il film la sua compiutezza, mentre il comportamento della protagonista non appare più come quello di una ragazzina capricciosa che non sa quel che vuole.

L’assortimento visivo dell’opera è un caleidoscopio di bellezza filmica che evita di essere stucchevolmente estetizzante. Nella sua depurazione dal formalismo estetico, l’impatto cromatico e registico di certe sequenze sembra richiamare la poetica del regista franco argentino Gaspar Noé (Irreversible, Climax, Love), ma in maniera meno scomposta e tragica: qui non c’è spazio per il nichilismo. La guerriera Ema si muove per le strade, i cieli, le camere da letto, le palestre e le scuole della cittadina cilena di Valparaíso come un animale dal fiuto infallibile, al ritmo del reggaeton. Con il procedere delle immagini, il pubblico comprende che la ragazza usa il suo corpo come duttile strumento per sanare lo sbaglio commesso. E quelli che allo spettatore possono sembrare atti di auto stordimento per arrivare a una sorta di oblio degli errori compiuti, sono invece pezzi di una strategia unitaria e lucida.

Nelle parole del regista Pablo Larraín, la pellicola è “una meditazione sul corpo umano, sulla danza e sulla maternità”. Se lo scopo del suo lavoro era questo, forse l’obiettivo del film non è stato centrato appieno. Nessuno di questi tre elementi ne è infatti davvero protagonista. Protagonista di Ema è piuttosto il desiderio concreto di non arrendersi mai, la capacità di lottare senza distogliere lo sguardo dall’obiettivo, l’abilità di metabolizzare il dolore per poi accorgersi che il buio è già oltre la siepe, e che il sole è già sorto da un pezzo.

Di seguito il trailer internazionale di Ema, la cui data di uscita nei nostri cinema non è ancora nota: