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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Free Fire , uscita: 31-03-2017. Budget: $7,000,000. Regista: Ben Wheatley.

Free Fire | La recensione del film sparatutto di Ben Wheatley con Brie Larson

22/05/2020 recensione film di Sabrina Crivelli

L'attrice e Cillian Murphy brillano nel sorprendente dramma da camera con profusione di pallottole diretto da talentuoso regista inglese

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Regista dalla produzione eterogenea, eppur sempre molto convincente, Ben Wheatley ha girato negli anni Kill List (2011), I Disertori – A field in England (2013) o il più recente e semi-invisibile High Rise – La rivolta (2015), film piuttosto differenti tra loro, ma costante è il livello qualitativo e la visionarietà che li contraddistingue. Come in precedenza, anche Free Fire (che ha anche sceneggiato insieme a Amy Jump) è caratterizzato da una grande maestria, a livello visivo, di vivacità dialettica, ma ancora di più di direzione degli interpreti, di organizzazione e controllo costante dei loro movimenti davanti alla macchina da presa.

Si tratta di una complessità estrema non nella trama, che al contrario è piuttosto minimale, quanto nella concretizzazione di una costante tensione tra i diversi attori costretti in un’unica location, al costante reiterarsi e ingigantirsi di una medesima situazione, che degenera sempre più.

La storia, decisamente asciutta, è allora solo mero pretesto per mettere in scena un dialogo e scontro tra le parti, un nutrito e variegato gruppo di gangster anni ’70 che si incontrano nottetempo in un capannone abbandonato nelle periferie di Boston per una vendita di armi. Il sospetto e la malafede però minano sin da principio lo scambio, prima un imbroglio (la sostituzione in loco di AR-7 al posto degli M16), poi lo scontro tra due membri, uno per schieramento, per una rissa la precedente sera, fa sì che dopo poco si scateni l’inferno.

Free FireInizia dunque da un tafferuglio futile una sparatoria degna dei migliori Western, quali Il Mucchio Selvaggio di Sam Peckinpah o I Magnifici Sette di John Sturges, oppure ancora dei cult tarantiniani (che comunque pesca dai medesimi riferimenti), in particolare dalla sequenza finale di Le Iene.

Al contrario di quest’ultimo, che circoscrive in un minutaggio comunque limitato il conflitto a fuoco, Free Fire ne fa l’unico epicentro diegetico, non ci sono altri accadimenti e tutto ruota intorno a esso, e a esso solamente. Facile è quindi comprendere la difficoltà di mantenere alta l’attenzione del pubblico in questo che potrebbe esser definito un dramma da camera con profusione di pallottole.

A sostenere dunque l’impalcatura essenziale eppur molto onerosa, sono gli attori, tutti allo stesso modo capaci di regalare una ottima performance che funziona non solo singolarmente, ma anche quale sinfonia di insieme, quasi una stridente eppure armonica composizione dello Stravinskij del periodo fauvista. Nessuna parte emerge rispetto alle altre, all’opposto tutte si risaltano vicendevolmente, in un carnevale umano in cui si oppongono origini geografiche desumibili dalle diverse declinazioni anglofone parlate, concorrendo così a creare e connotare una vivida coinè (il film è assolutamente da vedere in lingua originale).

Meccanismo perfettamente bilanciato che lavora per addizione, esistono due controparti speculari a cui man mano che si avanza si aggiungono sempre nuove leve, sempre però mantenendo un equilibrio complessivo di fondo per la specularità con cui il procedimento è sviluppato. Anzitutto Justine, un’ottima Brie Larson, è la mediatrice e l’unica voce femminile nel coro, e tale diversità di genere è sottolineata, se ne avvantaggia, al contempo, non certo lacrimevole donzella in pericolo, come i suoi più virili coprotagonisti lotta senza il minimo accenno a debolezza. Suo complementare è un secondo negoziatore, il fascinoso ebraico Ord (Armand Hammer), che palesa il medesimo freddo e razionale opportunismo.

Poi c’è il manipolo di irlandesi capitanato dal ruvido Frank (Michael Smiley che ha già lavorato con il regista nel geniale Kill List), affiancato da Chris, un Cillian Murphy che s’avvantaggia palesemente del precedente ruolo da gangster nella serie Peaky Blinders, qui semplicemente modernizzato un po’; si accodano i due tossici balordi, Bernie (Enzo Cilenti), che ha più che altro una funzione di supporto, e Stevo (Sam Riley), sconclusionato e crackomane che rappresenta un ingranaggio centrale per l’avanzamento dei fatti.

Nell’altro schieramento ci sono i venditori, ossia il – più volte ribadito – sudafricano Vernon (Sharlto Copley) e il suo socio Martin (Babou Ceesay), decisamente più ragionevole del primo; questi sono a loro volta affiancati da Gordon (Noah Taylor) e dal fastidioso Harry (Jack Reynor), colpevole di aver sparato il primo colpo. Infine si sommano due ulteriori contrappesi, da un lato due misteriosi cecchini (Mark Monero e Patrick Bergin) si inseriscono nello scambio di battute e di colpi mortali, dall’altro, in ultimo sopraggiunge un ritardatario (Tom Davis).

free fire brie larsonIl procedere della narrazione in Free Fire è tutto qui, è dato dall’entrata di sempre nuovi personaggi che spostano da una parte o dall’altra l’ago della bilancia a vantaggio di una fazione o dell’altra. A completare l’insieme sono le battute brillanti, gli spostamenti continui nel limitato spazio di scena e ovviamente i proiettili, che colpiscono più volte, in più punti, pressoché tutti i presenti.

Così, gli stilosi personaggi che ab initio entrano in un enorme e polveroso magazzino abbandonato con passo deciso, si trovano a strisciare a terra, luridi, visibilmente doloranti, ad uno di loro addirittura si conficca durante uno spostamento una siringa nella mano (scena piuttosto disturbante).

A completare il tutto c’è la regia di Ben Wheatley, capace come detto al contempo di coordinare eccelsamente i numerosi interpreti, senza mai una caduta, e di rendere visivamente e sonoramente il caos che vige. Rimbalzano allora le pallottole rumorosamente sulle pareti, sulle superfici inanimate o penetrano nelle carni, tutto è decisamente tangibile, c’è perfino una sorta di strategia del rimbalzo, per colpire il nemico, quasi fosse una partita di biliardo mortale. Oppure, ci sono inserti visionari, stranianti, quale il rallenti, quando lo principia lo scontro e sale la violenza come una forza che monta, mentre suonano in contrasto le note nostalgiche di chitarra, solo in sottofondo si percepiscono appena le urla.

Ottima commistione di recitazione, direzione e copione, Free Fire è l’ennesima conferma delle potenzialità e dell’abilità di Ben Wheatley dietro alla camera da presa, nel guidare i membri del cast e nello stilare script ben congegnati e di generi sempre diversi finora.

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