Voto: 7/10 Titolo originale: Possessor , uscita: 02-10-2020. Budget: $2,500,000. Regista: Brandon Cronenberg.
Possessor: la recensione del film fanta-horror di Brandon Cronenberg
21/06/2020 recensione film Possessor di William Maga
Il figlio del noto David torna dietro alla mdp per un'opera violenta e allucinata, che vede protagonisti Christopher Abbott e Andrea Riseborough
Con film come Scanners (il dossier) Videodrome (la riflessione) e La Mosca (la recensione) nel suo curriculum, non c’è dubbio che David Cronenberg sia unanimemente riconosciuto come il ‘padrino’ del body horror. La violenza grafica e le mutilazioni del corpo umano utilizzate nei suoi film si sono estese a innumerevoli altri cineasti nel corso degli anni, quando hanno dato il via a un vero e proprio sottogenere. Così, probabilmente non sarà scioccante per molti scoprire che la mela non è poi caduta molto lontana dall’albero quando si parla di Brandon Cronenberg, il figlio del filmmaker canadese (la nostra intervista esclusiva).
Mentre gran parte della sua carriera cinematografica si è sviluppata sotto forma di cortometraggi e video musicali, il regista 40enne è ritornato ora sul grande schermo a 8 anni da Antiviral con il suo secondo lungometraggio, Possessor (presentato in anteprima mondiale a gennaio al Sundance Film Festival) che mescola proprio le pulsioni riconducibili al body horror che i fan hanno imparato ad amare dai lavori di suo padre con una storia sconvolgente di senzienza e controllo (con echi evidenti di Ghost in the shell), ispirata da un sogno del regista e dai libri di José Delgado, le cui basi sono state gettate nel 2019 dal corto Please Speak Continuously and Describe Your Experiences as They Come to You.
Possessor segue Tasya Vos (Andrea Riseborough), un agente che lavora per un’organizzazione segreta che utilizza la tecnologia degli impianti cerebrali per prendere letteralmente il controllo dei corpi di altre persone per commettere delitti. Il film si apre con la donna che sta compiendo un omicidio fallito e percependo alcuni strani effetti collaterali del lavoro. Data la sua fama ed efficacia come killer ‘pilotato’, il suo capo, Girder (Jennifer Jason Leigh), decide di mantenerla operativa nonostante il sospetto che ci possa essere qualcosa che non va.
Per il suo successivo incarico, Tasya viene così impiantata nel corpo ospitante di Colin Tate (Christopher Abbott), un uomo senza famiglia ma destinato a sposare l’ereditiera Ava Parse (Tuppence Middleton). Nei panni di Colin, Tasya dovrebbe quindi uccidere il padre di Ava, John (Sean Bean), ma si ritrova intrappolata in una ‘battaglia mentale’ non solo con se stessa, ma con l’uomo a cui è entrato nella testa.
Il film stesso è una specie di mix tra Assassin’s Creed e film di fantascienza come A Scanner Darkly, Inception e Upgrade mescolati a esponenti del fanta-horror ‘cerebrale’ come Under the Skin, The Neon Demon e Mandy. Tuttavia, Possessor appare comunque abbastanza originale con la sua trama unica e l’esperienza di un viaggio in acido nella dualità dell’essere umano. Ciclicamente emergono opere che trattano il tema di cosa significa ‘avere il controllo’ (su un corpo e una mente), su tutti Matrix o la recente serie Westworld della HBO, che hanno saputo darne intriganti interpretazioni, ma Possessor è qualcos’altro.
Brandon Cronenberg, che ne ha scritto anche la sceneggiatura, si concentra sul pericolo di non avere il controllo. Mentre Tasya continua a impossessarsi dei corpi e dei ricordi dei suoi ospiti, si ritrova infatti ad essere ‘penetrata’ da essi altrettanto a fondo nella sua stessa mente. E nasce il timore che – forse – qualcun altro possa influenzarla al contrario. È ancora Tasya o è diventata qualcun altro nel corpo ospitante? Anche dopo aver compiuto i suoi omicidi, avverte degli scampoli dei soggetti ‘penetrati’ che inquinano la sua mente. La regia fa un ottimo lavoro nel mantenere gli spettatori in sospeso, a chiedersi chi sia chi in un dato momento.
Queste considerazioni lasciate al pubblico sono ulteriormente esaltate da un cast azzeccato, composto di nomi sottovalutati. Andrea Riseborough, già notevole in Birdman e Mandy, in Possessor spicca nei panni di una Tasya paralizzata mentalmente ed emotivamente. Anche quando non si comporta come qualcun altro per lavoro, sta organizzando una sciarada per la sua famiglia a casa. Ha difficoltà a riadattarsi alla realtà e sembra essere persa. La maggior parte del tempo trascorso col Colin di Christopher Abbott (It comes at night) è con Tasya che lo controlla. Tuttavia, iniziamo a chiederci se, forse, il vero Colin sia lì dentro a lottare contro Tasya.
Come discusso per la recente stagione 2 di Altered Carbon su Netflix, può essere difficile per un attore assumere il ruolo di un collega. Qui, la Riseborough e Abbott uniscono le forze per dare vita a prove avvincenti interpretando se stessi mentre, al contempo, sono perseguitati dagli spettri degli altri personaggi.
Non si ‘imitano’ a vicenda. Piuttosto, i personaggi di Tasya e Colin competono per il dominio all’interno di un corpo intanto che sono collegati da una mente condivisa. Jennifer Jason Leigh continua invece la ribalta in una performance non troppo dissimile da quella di Annientamento del 2018. Sean Bean e Tuppence Middleton servono infine come potenziali ‘danni collaterali’ per la storia di Colin.
L’aspetto più impressionante di Possessor, tuttavia, resta la meticolosa abilità cinematografica di Brandon Cronenberg. Se suo padre è considerato un cineasta magistrale a pieno titolo, il ‘ragazzino’ dimostra di saper padroneggiare tempi e spazi. Supera i confini dell’orrore per creare qualcosa di scorretto e pungente, che riflette in qualche modo sull’oggi piuttosto che sul futuro. Anche se non c’è dubbio che Possessor sia nei suoi 100 minuti un prodotto ‘a combustione lenta’, è carico di tensione mentre assalta i sensi di chi guarda.
A volte, gli elementi visivi sono quasi caleidoscopici, poiché gli spettatori sperimentano di persona il crollo psicologico di Tasya. E la colonna sonora rimbombante e angosciante del compositore Jim Williams aiuta a ribadire la situazione. Inoltre, la fotografia studiata da Karim Hussain (Hobo with a Shotgun, Ascension) usa alla perfezione i colori, ricordando inevitabilmente quella del ‘maestro delle luci al neon’, Nicolas Winding Refn.
Al di là delle esplosioni di violenza estrema (la brutale sequenza di apertura la dice lunga), che potrebbero forse scontentare una parte degli spettatori meno preparati, il grosso problema è che Brandon Cronenberg si prodiga tantissimo per costruire le basi del mondo di Possessor, che segue le sue proprie regole e regolamenti, arrivando persino a studiare un periodo di preparazione in cui i killer devono spiare i soggetti per emulare i loro schemi linguistici, ma molti dettagli – più o meno importanti – rimangono lo stesso avvolti nell’ombra dalla sceneggiatura. Gran parte delle funzioni dell’agenzia e del suo sistema, così come sono sviluppati, presentano ‘buchi’.
Ad esempio, quando gli assassini devono impiantarsi in un ospite, quest’ultimo ne è consapevole o no? All’inizio sembra che l’accordo sia reciproco, ma quando il soggetto diventa Colin, è davvero così? Per far saltare il sistema difettoso dell’agenzia, evidentemente, non studiano a fondo i loro soggetti prima di impiantarsi nella loro mente.
Taysa, per quanto sia brava nel suo campo o per come viene presentata, non è abbastanza convincente per quanto riguarda le sue ‘prestazioni’ nei panni di un’altra persona, specialmente quando deve essere nella mente di questa persona per molti giorni.
In definitiva, se ormai possiamo quasi mettere una pietra sopra a un ritorno in grande stile dietro alla mdp da parte del 77enne David Cronenberg, fermo ormai da Map to the Stars del 2014, possiamo rincuorarci dalla crescita professionale di Brandon Cronenberg, che ne ha in qualche modo raccolto dignitosamente il testimone mostrando una propensione alle idee intriganti con ramificazioni psicologiche – neurologiche e poco propense al compromesso.
Denso di fallimenti tecnologici, ricerca di identità, ferocia grafica (il sangue è copioso) e, naturalmente, elementi di body horror, il regista 40enne con Possessor rinvigorisce il suono del suo pesante cognome, insaporendolo con riprese eleganti e immagini allucinate che lo rendono un film indipendente carico da atmosfere da incubo che, se non fosse perché è impossibile, potremmo addirittura pensare di veder trasformato in un franchise.
Di seguito il trailer internazionale:
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