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Voto: 8/10 Titolo originale: Cube , uscita: 09-09-1997. Budget: $350,000. Regista: Vincenzo Natali.

Dossier: Cube – Il Cubo di Vincenzo Natali, un rompicapo di caustico pessimismo

19/04/2019 recensione film di Sabrina Crivelli

"Vi porto con me solo perché mi servono altri scarponi. Io a tagliare la corda ci metto meno di così. Niente chiacchiere, né discorsi a vanvera. Meglio che pensiate a quello che avete davanti agli occhi, ecco qual è la sfida. Il vostro vero nemico è dentro di voi."

Cube - Il cubo 7

Enigmatico e inquietante, Cube – Il Cubo del canadese Vincenzo Natali e da lui scritto insieme ad André Bijelic e Graeme Manson è divenuto un vero e proprio cult col tempo. Ma come è riuscito a imporsi nell’immaginario fantascientifico questo titolo fanta-horror del 1997 (in Italia però è uscito nel 1999) girato con mezzi limitatissimi? Realizzato con un budget di soli 350.000 dollari, ne raccolse al botteghino 550.000; il film non andò dunque in perdita, ma nemmeno fu un successo sorprendente.

D’altra parte, anche la critica non fu unanime nel celebrarlo, tanto da ottenere su Rotten Tomatoes – per quel che vale – un responso piuttosto freddo e lambente la mera sufficienza (63% di recensioni positive). Eppure, inizialmente non del tutto compreso, pian piano la sua fama aumentò.

Anzitutto, si aggiudicò nel 1997 il Best Canadian First Feature Film al Toronto International Film Festival (dove debuttò in anteprima mondiale); fu poi premiato con un Silver Raven al Brussels International Festival of Fantasy Film nel medesimo anno. Forse, quindi, non apprezzato da tutti in principio a causa della sua estetica minimale, la claustrofobia e il nichilismo vigenti nelle sequenze di Cube – Il Cubo hanno successivamente suscitato curiosità negli spettatori. Non solo. Questo successo ‘postumo’ ha spianato la strada a due sequel, Cube 2: Hypercube (2002) di Andrzej Sekuła e il prequel, Cube Zero (2004) di Ernie Barbarash.

Cube - Il cubo posterCosa rende Cube – Il Cubo un esperimento unico?  Non sono certo gli effetti speciali pirotecnici, quanto le atmosfere, l’attenzione per i dettagli e il concept geniale, ispirato a detta di Vincenzo Natali stesso a Cinque personaggi in cerca di un’uscita, episodio del 1961 di “Ai confini della realtà” (potrebbe essere stato influenzato anche dall’oscuro cortometraggio di Wolfgang e Christoph Lauenstein intitolato Balance).

In primis c’è l’intuizione semplice, ma paradossale, al centro della storia: un gruppo di estranei, Leaven (Nicole de Boer), Holloway (Nicky Guadagni), Worth (David Hewlett), Kazan (Andrew Miller), Alderson (Julian Richings), Maurice (Wayne Robson) e Quentin (Dean Wint) si ritrovano imprigionati insieme in una surreale struttura. Labirinto che si sviluppa su 3 dimensioni, la loro cella è un gigantesco cubo illuminato da una luce straniante giallastra (i colori sono cinque, giallo, blu, verde rosso, o bianco…) che su ognuno dei suoi sei lati confina con altrettanti cubi.

Nessuno dei protagonisti ha idea di come sia finito in quel luogo, né come uscirne e solo Worth ha una parziale idea di quale sia la sua natura. Al suo interno è facile perdere ogni senso dell’orientamento, non ci sono né cibo, né acqua, i prigionieri sono lasciati a loro stessi e – come viene ipotizzato – potrebbero essere osservati silenziosamente mentre cercano di salvarsi.

Tuttavia non è nemmeno questo l’aspetto peggiore: molti dei settori che devono attraversare contengono delle trappole letali che si attivano non appena qualcuno cerca di entrarvi e lo uccidono nei modi più agghiaccianti. Ne abbiamo un assaggio subito nel prologo, quando vediamo Julian Richings  che dopo essere entrato in uno di questi ostili ambienti, viene letteralmente tagliato a pezzi senza quasi rendersene contro.

Così assistiamo ad un ansiogeno climax, in cui il senso di disagio è accresciuto ulteriormente dalle personalità stridenti tra loro di coloro che sono imprigionati. Sono seguite allora le dinamiche di un microcosmo sociale estremamente instabile, in cui le frizioni inconciliabili si intensificano con l’aggravarsi delle condizioni psicofisiche. Abbiamo fin da principio due poli opposti che si contrastano. Da un lato, l’autoritario Quentin, poliziotto divorziato, prevede misure violente ed estreme pur di riuscire nell’intento ultimo (ossia uscire dal misterioso Cube del titolo). Dall’altro, la petulante, ma più etica Holloway, medico con psicosi da complottismo, si oppone all’amorale pragmatismo dell’agente.

A completare il soffocante panorama ci sono il disfattista Worth, architetto che ha progettato il guscio esterno del gigantesco cubo di Rubik in 3D, la geniale e insicura Leaven, giovane matematica che finisce per scoprirne la logica numerica e Kazan, ragazzo con una grave forma di autismo, che costituisce al contempo il massimo fattore di disturbo – e  di rischio – e l’unica chiave per riuscire a uscire vivi dal dedalo ipertecnologico. Ironia della sorte – o meglio degli sceneggiatori – l’elemento del gruppo all’apparenza più debole è infatti colui che mette a repentaglio più volte involontariamente le vite dei suoi compagni, ma è anche l’unico capace di calcolare gli esponenziali di numeri primi a mente … È più volte chiamato “ritardato”, eppure ha in ultimo un’intelligenza decisamente al di sopra della media, manifestando la capacità di calcolo di un computer! Non solo, è lui l’unico a uscire dal cubo, mentre all’opposto Maurice, il mago della fuga, ha una vita è oltremodo breve al suo interno.

Cube - Il cubo 3Ironia caustica e pessimismo cosmico non scarseggiano certo in Cube, nei fatti come nelle parole. Esemplificativo è il nucleo stesso della narrazione, ossia l’incognita sul significato del cubo, che potrebbe addirittura essere letta come allegoria della vita umana (e perfino dell’esistenza di un Creatore…).

Più volte poi assistiamo a scambi di battute incisivi e disarmanti a riguardo, in un’apoteosi di nichilismo. Paradigmatico è il dialogo tra i vari personaggi quando viene scoperto che Worth ha progettato lo scudo esterno. Interrogato su quello che sa, su chi ci sia dietro il progetto e, soprattutto, su quale sia la finalità di una tale macchina di morte, questa è la sconcertante risposta:

Certo, non è facile accettarlo, ma non c’è nessun complotto, non c’è nemmeno un capo. È soltanto un grosso equivoco che genera l’illusione di un piano generale. Riesci a capirlo? Il Grande Fratello non ti controlla affatto!

Poi aggiunge:

[…] la conosciamo meglio di chiunque altro. Forse qualcuno ne aveva un’idea prima di andare via o venire estromesso o licenziato. Ma se questa cosa ha uno scopo, è stato frainteso o soltanto dimenticato. Si tratta di un errore, una… una cattedrale nel deserto, uno dei tanti inutili lavori pubblici. Chi vuoi che si chieda a cosa serve? Tutti noi vogliamo avere la coscienza a posto e aver un buon stipendio. Insomma, io ci ho lavorato per mesi. Era… era un ottimo lavoro!

Cube - il cubo mainInfine conclude secco sulla funzione del cubo:

Perché esiste. Bisogna usarlo o riconoscere che è inutile.

A completamento del tutto c’è l’ideazione dell’estetica di questo claustrofobico universo. Come già anticipato in apertura, i mezzi in Cube – Il Cubo sono molto limitati, ma il risultato è decisamente efficace. È la capacità ideativa a fornire gli spunti necessari per configurare un ambiente chiuso con il giusto tasso di tecnologia, che sia capace di suscitare stupore e ansia nel pubblico e di creare il giusto scenario allo sviluppo degli eventi.

Alla base di tutto c’è un set assai spartano composto di due elementi: un cubo completo su tutti e 6 i lati di 4 x 4 metri e uno delle stesse dimensioni, ma con solo tre facce. Inoltre, sebbene se ne desse l’illusione grazie ai sapienti movimenti di macchina e degli attori nello spazio, era agibile un solo passaggio che per l’appunto connetteva i due suddetti ambienti.

Per rendere le location meno ripetitive, si ricorre invece all’alternanza cromatica: i soffocanti interni si colorano di diversi toni in modo da sembrare sempre diversi, ma anche per amplificare l’accrescersi dello stato confusionale che attanaglia i protagonisti – e il pubblico di conseguenza -. In particolare, il rosso ha un valore particolare, negli ambienti di questa tonalità sono collocati i dialoghi più importanti (compreso quello citato sopra). Infine, anche il sonoro è di vitale importanza: tutta la struttura è in realtà realizzata in legno e plexiglas, perciò i rumori che sentiamo durante il film, e che ultimano la finzione, sono tutti aggiunti in un secondo momento.

Di seguito trovate il trailer italiano di Cube – Il Cubo di Vincenzo Natale: