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Voto: 6/10 Titolo originale: Gundala , uscita: 29-08-2019. Regista: Joko Anwar.

Gundala – Il figlio del lampo | La recensione del film di supereroi di Joko Anwar

26/07/2020 recensione film di William Maga

Il regista indonesiano porta sul grande schermo le avventure del personaggio creato da Harya "Hasmi" Suraminata, un eroe 'del popolo' capace di incanalare i fulmini

Gundala film 2019

Prendete gli scatenati action thriller indonesiani La Notte su di noi (la nostra recensione) e The Raid – Redenzione e mescolateli con elementi del cinema di supereroi divenuti ormai familiari grazie ai cinecomic Marvel e DC e otterrai qualcosa di vicino a Gundala – Il figlio del lampo dello sceneggiatore e regista Joko Anwar (Impetigore). Passato in anteprima internazionale al Toronto International Film Festival del 2019 e più recentemente al FEFF di Udine, il film rappresenta il primo speranzoso capitolo di un potenziale franchise di ben otto film in cui il supereroe alimentato dai fulmini funge da ‘(s)punto di partenza’ (pensate ad Iron Man, ma senza il Nick Fury di Samuel L. Jackson come ‘collante’).

Gundala.jpgIl risultato finale è ambizioso e divertente, ma estremamente adulto nella raffigurazione di violenza e di perdita, ed è senza dubbio consapevole delle sue origini fumettose per via delle caratterizzazioni molto sopra le righe. Adattamento per il grande schermo delle avventure dell’omonimo personaggio creato da Harya “Hasmi” Suraminata non è così adatto alle famiglie come le controparti hollywoodiane, deciso a mostrare la violenza che genera malvagità e l’indifferenza di uomini buoni, ma è altrettanto simpatico grazie alla sua volontà di sembrare realistico.

Sancaka (Muzakki Ramdhan) non ha avuto una vita facile. In primo luogo, suo padre, leader di un movimento di protesta, viene tradito dai suoi amici e poi ucciso. Successivamente, sua madre non ritorna da un lavoro fuori città, lasciando Sancaka a badare a se stesso. Quando il piccolo però cerca di fare la cosa giusta come gli hanno insegnato i suoi genitori, gli altri bambini che vivono per strada non condividono la sua stessa gentilezza, spesso rispondendo con grande violenza.

Dopo anni vissuti per le strade, Sancaka (Abimana Aryasatya) alla fine impara a tenere la testa bassa in mezzo al conflitto crescente che lo circonda. In ogni caso, i guai raggiungeranno comunque a Jakarta e ci vorrà qualcuno incredibilmente speciale per combatterli, qualcuno che si schiererà con i più poveri e derelitti, qualcuno come Sancaka, che può incanalare i fulmini e infondere il suo corpo con abilità superiori a qualsiasi altra persona normale. Un eroe chiamato Gundala.

Questo non è il primo tentativo di trasportare la storia di Gundala al cinema (Gundala Putra Petir del 1981 di Liliek Sudjio), ma è il primo tentativo di collegare il personaggio ad altre storie indonesiane. Saggiamente, la sceneggiatura di Joko Anwar non cerca di costruire una storia delle origini di un supereroe a venire, sforzandosi invece di creare qualcosa fondato più sul viaggio personale di Sancaka attraverso il dolore, l’isolamento e l’eventuale guarigione. Questo si traduce in uno spazio esteso trascorso assieme a Muzakki Ramdhan, mostrando al pubblico come Sancaka arrivi a vivere da solo, come impari a combattere e preparando il terreno per accettare ciò che lo terrorizza di più: i fulmini.

Nel corso del film, il fulmine è presentato sia come quella cosa di cui un bambino potrebbe essere terrorizzato, sia come il caos del mondo che non può essere contenuto o controllato. A un certo punto, il Sancaka adulto dice persino che il fulmine sta venendo per lui. I personaggi, e persino il pubblico, potrebbero indicarlo come una tipica paura dell’infanzia, ma la narrazione si ostina a dargli una identità ben precisa. Verso cui, come individui, prendiamo una posizione quando arriva il momento oppure scappiamo via.

L’eventuale comprensione da parte di Sancaka di venir rafforzati dai fulmini e il suo crescente controllo su di essi implica un livello di accettazione e autorealizzazione che infonde potere in chi sta guardando. Ciò che colpisce particolarmente di Gundala è il modo in cui il cattivo non è qualcuno che l’eroe conosce o con cui, almeno fino a molto tardi, entra in contatto diretto. Non c’è un colpo di scena alla Obadiah Stane (aka Iron Monger), anche se sarebbe giusto descrivere il Pengkor di Bront Palarae come l’opposto di Gundala – ugualmente allevato nella violenza, scegliendo di abbracciarla invece che fuggirne.

Gundala (2019) film muzakkiSancaka sfugge alle responsabilità, mentre Pengkor vede se stesso come un individuo venuto dall’ombra capace di unire, l’ultimo combattente per il popolo, qualcosa che Gundala arriva a rappresentare in modo abbastanza esplicito. Ma dove Sancaka è imbevuto di doni sovrumani grazie a una dose regolare di fulmini, Pengkor ha una cicatrice permanente sul viso e sul corpo dovuta alle ustioni da fuoco.

Uno può incanalare le forze naturali senza danni, l’altro no. Mentre il pubblico guarda Sancaka crescere nel suo eroismo, osserva anche il piano di Pengkor, coi percorsi dei due chiaramente progettati per entrare in collisione, ma lo fanno pazientemente, permettendo alla trama di progredire su due binari e poi connettersi naturalmente.

Un dettaglio che potrebbe infastidire alcuni è la deturpazione del villain. Pengkor potrebbe infatti facilmente essere presentato come malvagio anche senza lo sfregio, anche perché non è la ragione per cui gli altri si allontanano da lui. In ogni caso, il personaggio non cade in nessuno dei soliti cliché da ‘cattivo con disabilità’. Non odia il mondo a causa della sua condizione, né considera insoddisfacente il suo posto nel mondo. La sua rabbia proviene dalla violenza che gli altri esercitano e dal modo in cui la fanno franca. Contrariamente a Sancaka, che esce da ogni nuovo fulmine assorbito più forte e più resistente, la deturpazione fisica di Pengkor è un promemoria sempre presente di ciò che accade quando i corrotti moralmente ottengono il potere.

Questo è forse il motivo per cui ha preso altre derelitti, vulnerabili come lui un tempo, sotto la sua ala protettrice per creare il suo impero, creando un altro contrasto con Sancaka, che si ,limita a nascondersi. Troppo spesso le storie di supereroi americani agiscono come se la deturpazione fosse sufficiente per rendere qualcuno un ‘cattivo’, senza esplorarne altri aspetti. Ant-Man and the Wasp, ad esempio, si prova a fare qualcosa di simile con la Ava / Ghost di Hannah John-Kamen, ma troppo spesso il suo dolore (la radice del suo problema) viene messo da parte a favore delle imprese malvagie. La sceneggiatura di Joko Anwar non ricorre a  scuse per la violenza di Pengkor, usandola semplicemente come riflesso delle azioni di Sancaka.

Bront Palarae e Ario Bayu in Gundala (2019)Per quanto sia divertente, c’è un problema degno di nota in Gundala, piuttosto curioso: gli stunt. Se avete una qualche familiairtà col cinema action indonesiano, saprete ormai che ha regalato al mondo alcuni dei combattimenti e scene spericolate più coinvolgenti e creative degli ultimi anni: pensate a Merantau, ai The Raid, Headshot, o Triple Threat, opere clamorose che hanno avuto un impatto enorme sul cinema americano. Vi è piaciuto John Wick 3 – Parabellum?

Probabilmente perché la sequenza motociclistica è un omaggio al thriller coreano The Villainess (la recensione) e i due Shinobi sono interpretati da Cecep Arif Rahman e Yayan Ruhian. Alla luce di questo, è pertanto strano che molte degli scontri corpo a corpo di Gundala – impressionanti in termini di violenza e cinetica – appaiono troppo spesso ‘coreografate’ piuttosto che organiche.

Non è certo un gran risultato in un film d’azione, in particolare uno in cui Rahman è il coreografo dei combattimenti insieme a Andrew Suleiman (The Dead Undead). La maggior parte del lavoro acrobatico di Abimana Aryasatya è naturale, qualcosa che chiunque abbia visto La notte su di noi potrebbe prevedere. È così strano che molti degli scontri assumano i tratti di elaborate danze quindi, invece che di violenti pestaggi. Non preoccupatevi però, la creatività certo non manca, quindi c’è di che divertirsi.

Qualcuno potrebbe suggerire che, in assenza di nuovi titoli Marvel e DC, il pubblico potrebbe voler sperimentare qualcosa come Gundala (come forse già successo col finlandese Grendel – Il Vigilante o con il russo Guardians – Il Risveglio dei Guardiani). In effetti, l’opera di Joko Anwar offre qualcosa di nuovo, fresco e diverso dal solito. Quando le coreografie scorrono come auspicabile, l’azione si fa davvero eccitante. La storia si mantiene in equilibrio tra l’oscurità e la luce che rende coinvolgente qualsiasi racconto di supereroi.

In modo ancora più impressionante, la posta in gioco viene mantenuta ‘locale’ piuttosto che su scala globale, con la tensione che resta alta. Anche se la fine potrebbe richiedere qualche minuto in più per impostare ciò che verrà – forse – in seguito, non vi sembrerà che la narrazione centrale sia stata sacrificata in favore della costruzione di una futura saga. Anzi, con le origini di Gundala completate, gli spettatori rimarranno con la prospettiva di volerne di più, per vedere cos’altro potrà affrontare.

Di seguito il trailer internazionale di Gundala – Il figlio del lampo: